< Il corsaro < Canto II
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George Gordon Byron - Il corsaro (1814)
Traduzione dall'inglese di Pietro Isola (1830)
Canto II - V Canto II - VII

VI.

Pochi son gli istanti
Ch’avvanzano a Corrado, e pochi i detti,
Onde Gulnara4 sì tremante e bella
Ei può rassecurar, chè in quel da l’armi
Generoso ristar, volge la faccia
Il vinto Mussulman, e poiché niuno
Persecutor su l’orme sue non scorge,
Fugge più lento, poi raccolto sta.
Seid, sel’ vede, e ben s’accorge allora
Quale a fronte de’ suoi debole schiera
Di Pirati movesse, e n’ha vergogna,
Perchè di tanta sua ruina, sola
Fu cagione il terrore, e la sorpresa.
Allà-il-Allà! Tal di vendetta, è il grido;
Onta in rabbia si cangia allor che dèssi,
Espiare o perir! Fiamma per fiamma,
Sangue per sangue, dicano, com’onda
Di vittoria che già scorrea sì altera,
Forz’ è che ceda, allor ch’ira si volge
A rinnovata zuffa, e chi dapprìa
Conquistator pugnava, disperato
Dee per vita pugnar. Scerne Corrado
L’alto perìglio, ed i compagni mira

Dalle crescenti squadre oppressi e stanchi;
E » all’assalto! egli grida, anco una volta
» Miei fidi, e l’oste che ne serra, fia
» Rotta, e dispersa!.... » Intorno a lui raccolgonsi,
Ricompongon le file, urtan.. .. ma ondeggiano.. ..
Tutto è perduto!.. ..Più, e più gli incalzano
In parte angusta gli inimici, e cingonli;
Nè senza cor, ma senza speme reggono
Que’ pochi; alfine al duro scontro cedono,
Chiusi, divisi, calpestati, laceri,
Soli pugnando, orridamente taciti,
E lassi più, che vinti caggion; vibrano
Coll’estremo sospir, spossato, ed ultimo
Colpo sul vincitor; d’estremo brillano
Raggio le spade, cui le mani stringono
Fra le angoscie di morte.

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