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Traduzione dall'inglese di Grazia Pierantoni Mancini (1869)
Testo | ► |
A
ROSA E FLORA MANCINI
- Sorelle mie,
Ricordo come se fosse ora un bel giorno d’estate: era la festa dell’Ascensione e noi, ancora nuove di Firenze e de’ suoi costumi, andavamo a diporto alle Cascine come l’usato.
Appena colà giunte fummo sorprese dall’insolita folla, che celebrava una buccolica festa con danze campestri, imbandigioni all’aria libera e grida assordanti.
Un po’ stordite da tanto baccano procedemmo oltre ed eccoci attorno vispi monelli che gridavano: Chi lo vuole i’ canterino; i’ ce l’ho bellino i’ canterino, ed a tutto questo vocìo s’univa un cri cri continuo, stridente in accordo con la lieta stagione e la baldanza popolare. Il cri cri partiva da certe gabbiuzze che tutti avevano in mano e chi non le aveva le comperava, sicchè era un affacendarsi non più visto ed un gridare continuo.
Avrei voluto sapere donde questo uso. Il popolano mi disse che si costumava così, dacchè vi era al mondo il prato delle Cascine, ed il sapiente mi parlò della cicala cara ai Greci, celebrata da Anacreonte, e dello scarabeo, che gli Egizi adoravano.
Poco di poi leggemmo insieme la cara novellina del Dickens intitolata: Il Grillo del Focolare, in cui trovammo che l’usanza popolana di custodire in casa questo animaletto è comune anche all’Inghilterra, ed il romanziere inglese ne ha tratto un morale e poetico pensiero.
Egli figura nel piccolo grillo il genio domestico della casetta del povero, genio che nel suo linguaggio garrulo e misterioso gli parla di virtù, di sagrifizio e ne impedisce il male e ne protegge l’operosa onestà. Se fosse vero, che prezioso animaletto sarebbe il grillo e che bel sistema economico e poetico per rendere gli uomini buoni e virtuosi!
In questa mia quiete d’onde vi scrivo, ho letto non ha guari che i selvaggi d’Africa popolano di grilli le loro dimore ed amano addormentarsi cullati dal loro canto, e qui in Modena stessa ho trovato che il simpatico animaletto si tiene per cosa cara e custodita presso ai fornai; e questi non certo per addormentarsi come gli Africani; ma piuttosto per tenersi desti nel lavoro della notte.
Ho tradotto questa novella sempre pensando a voi, sorelle mie, e perciò sia vostra. Ditemi schiettamente se ho saputo serbarle quella grazia affettuosa che tanto cara ce la rese nel suo idioma nativo e rileggendola ricordatevi
Modena, marzo 1869.
della vostra |