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XIV.
La gente, quando vedeva passare il marito un po’ triste, ma calmo, come un uomo in lutto, accanto alla bruna e fiera beltà, gli gettava dietro il suo scherno, li seguiva cogli sguardi sfacciatamente curiosi, con un senso di desiderio e quasi di ammirazione per la donna, col cinico egoismo della folla, col sarcasmo feroce che getta il fango a due mani, senza cercare chi, fra la donna che inganna e l’uomo che è ingannato, sia realmente ridicolo. — Le menzogne, le finzioni, le prostituzioni dell’una, quando gli usci son chiusi, e i domestici dai capelli bianchi si sono ritirati, i sorrisi falsi, le parole false, le carezze false, gli occhi pieni di un’altra immagine, farli mentire nel fissare gli occhi del marito, coll’eco di una parola ardente nelle orecchie, torturarsi il cervello peri trovar una parola d’amore per quest’altro che non si ama più, — il rimorso, l’ostacolo vivente, il giudice, la paura. Tutto ciò con un crescendo in proporzione della colpa che si sente montare al viso come una marea. E quest’altro, l’uomo ingannato, sincero invece, che può guardare in faccia senza finzioni, che può stringere la mano quando vuole e a chi vuole, che può piangere a viso aperto allorchè il cuore gli scoppia d’amarezza o quando gli esulta, eppure è costretto a confessare sottovoce, nel cavo del suo orecchio istesso: — Chi sono io?
Quando il marito offeso non schiaccia la donna sotto il tacco, al primo momento, non ha altro di meglio a fare che prendere il cappello e andarsene. Se la donna ha il tempo di dire due parole, di spargere una lagrima, di fare un gesto, il marito perdona, e nove volte su dieci si rassegna. — Elena sarà caduta ai piedi di lui di un sol colpo, coi due ginocchi per terra, le braccia aperte, il viso disfatto, dicendo — Uccidimi! — O si sarà arrestata sull’uscio, ritta, immobile, pallida, fiera, a fronte alta, ripetendo cogli occhi limpidi e lucenti — No! no! no! — O infine, sedendo in disparte e accavallando le gambe, colle sopraciglia aggrottate, col labbro sdegnoso gli avrà detto: — Sì! Che vuoi? non ti amo più! — Egli rimaneva pur sempre lo stesso uomo, fuiminato dalla scoperta. Trasalendo, ancora ansioso sotto il fascino di lei; e quegli occhi stralunati come quelli del moribondo che cerca la luce, hanno forse ancora in quel momento la dolorosa visione della gioia fuggita per sempre, di tutti quei fantasmi rapidi e vivi che inchiodano la lingua e fanno cascar le braccia. Quindi l’abbattimento che sembra oblìo, le tacite e scorate rassegnazioni, una parola vaga e senza senso, poi due individui che, dopo essersi tanto amati, si voltan le spalle silenziosi, si vedono solo dinanzi alla gente, scambiano qualche parola a tavola, dinanzi ai domestici, evitando di guardarsi, dimenticano a poco a poco, coi gomiti sulla tovaglia, fumando un sigaro sul canapè, affacciati al balcone — le abitudini che vi riprendono, la tirannia degli affari, con le mollezze della vita domestica, le attrattive dell’intimità, il sorriso della propria creatura, una parola, una mano incontrata a caso, un gesto molle, un ritorno del passato esitante, lento, che ha tutte le seduzioni di un primo abbandono. Poscia ancora tutte le debolezze dell’amore che non siete riescito a soffocare completamente, tutti i languori del desiderio che vi si inspira, tutte le fiacchezze dei lieti ricordi che vi disarmano, tutte le tentazioni dell’egoismo che vi si insinuano. — Ella tornerà ad amarmi. Ella si rammenterà anche lei. Ella ha fatto per me quello che per nessuno avrebbe fatto.— Un bacio, infine cos’è? — Lo stesso ragionamento fatto per la lettera, quei ragionamenti biascicati sottovoce, col viso rosso. — Vi amo! — cos’è? — una parola! — un momento di debolezza, di vanità, l’esempio delle altre, la vita disoccupata. — Poteva strapparsela dal cuore così facilmente come poteva fuggirla? Cosa ci avrebbe guadagnato? E se ella reietta e libera si fosse abbandonata senza ritegno ad altri amori? Ella cercava l’amore. La colpa era di lui che non aveva saputo darglielo. Cosa era l’opinione del mondo in confronto di riaver l’Elena? Quando egli l’avesse scacciata, quando fosse rimasto solo, colla bambina macchiata nella culla, desolato, senza conforto, senza speranze, senza nemmeno il compenso di vederla restare con lui, cosa ci avrebbe guadagnato? Egli l’avrebbe riconquistata colla generosità, coll’abnegazione, coll’affetto, rendendole lieta e facile l’esistenza.
Sì, l’amava ancora il disgraziato! Era geloso al modo dei deboli, senza aver la forza di rompere la sua catena, colla vaga speranza che non osava confessare a sè stesso di riconquistare il suo affetto a furia di generosità, di devozione, di rassegnazione persino! — Sì, una viltà! Ma non è la peggiore delle disgrazie esser vile? Se cercate bene, in ogni marito offeso che si vendica, allorchè non vendica soltanto il sentimento sociale, c’è un residuo d’amore, il bisogno di rialzarsi agli occhi stessi della traditrice, il rimpianto dei giorni lieti dovuti a lei, delle sue attrattive rubategli.