< Il mistero del poeta
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XXI XXIII

XXII.


Trovo fra le mie carte i seguenti versi, senza data, cui mi pare avere scritti quella notte, pensando al viaggio da Norimberga e alla colazione nel bosco. Prima di questo amore ho pensato male dei poeti che si mettevano a verseggiare quando l’arte, secondo me, doveva esser più lontana dei loro pensieri. Me ne pento. Ella potrà trovar fredde, amica mia, le interpolazioni metriche del mio racconto; pure è vero che io scrivevo versi allora come un altro avrebbe versato lagrime, senza pensare menomamente all’arte, per necessità e sfogo di passione.


Se parlo a l’altre dame e tu presente
     In disparte tacendo te ne stai,
     Te anelo e chiamo e stringo e bacio in mente,
     E tu in mente ne godi che lo sai.

Parlo altrui non so che, sorrido e soffro,
     Chi mi parla non vedo e non ascolto,
     Tutta l’anima mia con gli occhi t’offro
     Quando mi doni un lampo del tuo volto.

A te il genio, a te il cor, tu sei la sola,
     Sei luce, gloria sei, potenza e vita;
     Sei del Signor la tenera Parola
     A me ne l’ombra susurrata e udita.



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