Questo testo è completo.


 
  Pur nel sonno almen talora
  vien colei, che m’innamora,
  le mie pene a consolar.
  Rendi Amor, se giusto sei,
  5più veraci i sogni miei,
  o non farmi risvegliar.
Di solitaria fonte
sul margo assiso al primo albore, o Fille,
sognai d’esser con te. Sognai, ma in guisa
10che sognar non credei. Garrir gli augelli,
frangersi l’acque e susurrar le foglie
pareami udir. De’ tuoi begli occhi al lume,
come suol per costume,
fra’ suoi palpiti usati era il cor mio.
15Sol nel vederti, oh Dio!
pietosa a me, qual non ti vidi mai,
di sognar qualche volta io dubitai.
Quai voci udii! Che dolci nomi ottenni,
cara, da’ labbri tuoi! Quali in quei molli
20tremuli rai teneri sensi io lessi!
Ah se mirar potessi
quanto splendan più belle
fra i lampi di pietà le tue pupille,
mai più crudel non mi saresti, o Fille
25Qual io divenni allora,
quel che allora io pensai, ciò che allor dissi,
ridir non so. So che sul vivo latte
della tua mano io mille baci impressi;
tu d’un vago rossor tingesti il volto.
30Quando improvviso ascolto
d’un cespuglio vicin scuoter le fronde:
mi volgo, e mezzo ascoso
scopro il rival Fileno,
che d’invido veleno
35livido in faccia i furti miei rimira.
Fra la sorpresa e l’ira
avvampai, mi riscossi in un momento,
e fu breve anche in sogno il mio contento.
  Partì con l’ombra, è ver,
  40l’inganno ed il piacer;
  ma la mia fiamma, oh Dio!
  idolo del cor mio,
  con l’ombra non partì.
  Se mai per un momento
  45sognando io son felice,
  poi cresce il mio tormento,
  quando ritorna il dì.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.