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Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1897


ILLUSTRAZIONE

DI UNA MONETA INEDITA DI FABRIANO1




Lettera a A. R. Caucich.


Poichè Ella si è dedicata con tanto fervore allo studio delle antiche monete, devo ritenerla adorna di quella abnegazione e di quella gentilezza che non vanno mai disgiunte dal sincero amore per la scienza, ed è perciò che fommi lecito di esporle un mio pensiero sulla moneta di Fabriano del Cardinale Giuliano de’ Medici da Lei dichiarata nell’ultimo numero del Bullettino di Numismatica Italiana, dietro disegno inviatole dall’Ill.mo sig. Cav. Gaetano De-Minicis.

Nè mi accusi di andare in traccia del pelo nell’uovo, imperocchè non evvi cosa priva d’importanza nell’ordine dei fatti scientifici, che senza analisi non può esservi sintesi e senza le più minuziose osservazioni lo scibile umano non sarebbe al punto in cui si trova. Una linea di più o di meno od in diversa giacitura nello spettro progettato del prisma rivela nuovi o differenti elementi nella sostanza in combustione, e forse quelle linee, dapprima tenute in nessun conto, serviranno col tempo a palesare al paziente indagatore la natura di corpi mondiali slanciati a distanze incommensurabili.

Ma, scendendo a cose più modeste, ecco di che si tratta. Avendo io pure già posseduto in doppio esemplare la monetina da Lei pubblicata, ne trassi un disegno che tuttora conservo, e del quale le mando esatto fac-simile. Ora,

confrontando tale disegno con quello da Lei riportato, vi scorgo fra l’uno e l’altro notabile divario nella rappresentazione che occupa il campo del secondo lato di essi, abbenchè a me sembri che in ambo i casi trattisi di una stessa moneta. Chi fece quel suo disegno vide nell’oggetto in questione l’incude col sovrastante martello, arme della città di Fabriano, ma temo che la non perfetta conservazione di quel pezzo e la rimembranza d’altra moneta riportata dal Ramelli, sulla quale compariscono quei simboli, abbiangli fatto prendere abbaglio.

Sovra gli esemplari da me osservati stava altra cosa, cioè un edifizio. A prima vista sospettai potesse desso per avventura raffigurare il forte castello di quella città, ma, notando le varie parti ond’era costituito, abbandonai tosto cotale idea. Ed infatti, quel tetto acuminato, quella linea orizzontale intermedia e quegli archi sottoposti, dimostrano trattarsi qui d’altra specie di costruzione, più umile e posta in basso loco, a livello di un piano. Notato ciò, non era difficile immaginare come quel complesso avesse per iscopo di rappresentare o simboleggiare un molino o fabbrica di carta, e parmi rispondano mirabilmente a tale concetto la forma semplice dell’edifizio, gli archi sul quale s’erge, i quali sarebbero le vôlte del canale per entro al quale scorre l’acqua, alimento indispensabile di siffatti opifici, e perfino l’oggetto ricurvo sporgente dal destro lato del casamento, nel quale sono disposto a ravvisare la ruota che trasmette l’impulso agli interni congegni della officina.

È noto il vanto che gode la città di Fabriano di essere, se non la prima, come vorrebbero il Tiraboschi ed altri, perchè la Spagna potrebbe forse contestarle tale primato, al certo fra le primissime che abbia introdotto la preziosa industria della fabbricazione della carta di stracci di lino, avendosi documenti della fine del secolo XIII che lo comprovano. È notissimo altresì quanto codesta industria vi abbia dappoi sempre prosperato, favorita mirabilmente dalle felici disposizioni dei suoi abitanti, dall’aria saluberrima e dall’acqua perenne del fiume Giano che l’attraversa, e come fino al dì d’oggi le sue fabbriche di carta si mantengano floride, e conservino l’antica tradizionale loro fama, in onta ai tanti nuovi trovati dell’industria. Così essendo, a nessuno sembrerà per avventura strano od inverosimile che sovra una delle sue monete abbiasi voluto serbare ricordo di sì bella prerogativa.

Se mi dilungassi più a lungo su tale proposito abuserei gravemente della sua compiacenza e però faccio punto, bastandomi di avervi richiamata la sua attenzione, ed aggiungerò soltanto che, dei due esemplari di cotale piccolo già da me posseduti, uno, il meglio conservato, pesava come il suo, milligrammi 550, e l’altro, alquanto logoro, non arrivava a m. 500. In entrambi poi lessi chiaramente: ivl. car. mediceb. anziché medices, per cui, piuttosto che errore, potrebbe ritenersi in quella finale b2 adombrato il coniatore od il massaro della zecca.

Ma poiché Ella fu sì cortese da leggere questa tiritera, vuole concedermi ch’io aggiunga altra breve osservazione, pur restando entro i limiti della zecca fabrianese? Sì? Ebbene, eccola. Io sono d’avviso che il quattrino del Cardinale Giuliano de’ Medici, riportato dal Ramelli, sia identico a quello ch’Ella inseriva sotto il n. 4 della ristampa della sua memoria, quale una varietà nuova di esso. L’esemplare veduto dal Ramelli era in parte logoro, come prova la lacuna della scritta alla destra del Santo, e quella corrosione impedivagli senza dubbio di ravvisare ciò che vi fosse da quello stesso lato fra il Santo e la leggenda. Un più integro esemplare palesò a Lei in quel sito l’incudine, arme e simbolo parlante di Fabriano; con ciò Ella pose in sodo per sempre quel quattrino e fece ottimamente.

Mi creda con particolare stima

Venezia, il dì 20 Marzo 1868.


Suo Devotissimo

Carlo Kunz.




Dietro osservazioni, che il sig. Caucich faceva, replicando alla riportata Lettera, il sig. Kunz rispondeva come appresso:


.... Nel tempo stesso ch’Ella non approvava tutte le ragioni contenute nella mia lettera del 20, dello scorso marzo sul piccolo di Fabriano dell’Illustre sig. Cav. De-Minicis, volle fare pure atto di somma cortesia accordandole un posticino nel prossimo numero del Bullettino, come scorgo dalla bozza di stampa che si compiace mandarmi. Contemporaneamente Ella mi manda della stessa moneta un impronto, dal quale rilevo come il mio scetticismo fosse infondato, imperocché gli è bene un ponte, un incudine ed un martello che costituiscono l’assieme del suo rovescio. Le rendo grazie di tutto, e mi affretto di fare ammenda e di constatare formalmente l’esistenza di quel tipo, godendo anche di ciò, perchè così invece di una moneta nuova di Fabriano, possiamo annoverarne due: ciò che non è senza importanza, trattandosi di una zecca della quale avanzano sì scarsi prodotti. Molta parte di quella lettera non avrebbe ora più ragione di essere pubblicamente conosciuta; ma dacché il farvi i necessari mutamenti le recherebbe disturbo e perdita di tempo, mi rassegno, come desidera, sia stampata come sta, salvo il diritto da parte sua di farvi i commenti che crederà all’uopo....


  1. Quest’articoletto fu pubblicato nel Bullettino di Numismatica Italiana di Firenze. Anno II, 1868, N. 3, pag. 18-20. (Nota della Direzione).
  2. Questa lettera è l’iniziale del nome dello zecchiere Niccolò Baldantonj di Gubbio. (Nota della Direzione del Bullettino).


Note

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