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La notte de' morti La paura
Questo testo fa parte della raccolta VIII. Da 'Storia e fantasia'

IV

IN MORTE DELLA FANCIULLINA

LIDIA VAGLIENTI

alla madre

La tua bambola vezzosa,
che giornate ebbe si corte,
sai tu, madre, ov’ella posa
fuor del secolo infedel?
5Non in braccio della morte,
non sul letto della tomba:
la tua piccola colomba,
guarda, o madre, è lá nel ciel.
Lá nel ciel, che ti sorride,
10del tuo pianto afflitta appena;
lá nel ciel, che si divide
cogli arcangeli e con te:
dove l’aria è tutta piena
d’armonie, di gioia immensa:
15dove al mondo ancor si pensa,
ma ove noto il duol non è.

Cessa, o madre, il tuo lamento.
Ella uscì da un tristo nido,
ove il riso è d’un momento,
20poca e mesta la virtú.
Non cercarne il dolce grido
nella vedova tua stanza:
solo in larve di speranza
rivederla ancor puoi tu.
25Quando i fior, giocondi figli
nasceran di primavera,
tu ornerai di rose e gigli
il suo freddo letticciuol;
e dagli astri a te leggiera
30volerá la tua bambina,
o coll’aura pellegrina,
o confusa a’ rai del sol.
E una notte, sulla cuna
lacrimata e solitaria,
35quando al lume della luna
imperlando il ciel si va,
tu vedrai calar per l’aria
la tua Lidia ancor più bella;
e il suo labro una novella
40d’allegrezza a te dará.
— Apri gli occhi! È sceso meco
il tuo premio, o madre amante!
Io quest’angelo ti reco,
cui sorella Iddio mi fe’.

45Ti dimentica un istante
i miei ceri e la mia bara:
fagli festa, o madre cara,
come in ciel la fanno a me. —
Tu, di giubilo rapita,
50cosí fuor del mortal uso,
sentirai d’un’altra vita
l’ebre viscere tremar;
e del gaudio in te mal chiuso
suonerá l’allegro tetto,
55come al giorno benedetto
delle nozze e dell’altar.

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