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Vittorio Alfieri, Vita di Vittorio Alfieri da Asti, scritta da esso, Londra, 1804. Fonte: Internet Archive
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Volumi
Sommario
frontespizio |
1 |
5 |
5 |
25 |
Cap. III. Ostinazione negli studj più ingratì | 39 |
Cap. IV. Secondo viaggio letterario in Toscana, macchiato di stolida pompa cavallina. fatti o ideati in Siena | 55 |
Cap. V. Degno amore mi allaccia finalmente par sempre | 56 |
Cap. VI. Donazione intera di tutto il mio alla Sorella. Seconda Avarizia | 62 |
Cap. VII. Caldi studi in Firenze | 76 |
Cap. VIII. Accidente, per cui di nuova rivedo Napoli e Roma, dove poi mi fisso | 83 |
Cap. IX. Studj ripresi ardentemente in Roma. Compimento delle quattordici tragedie | 91 |
Cap. X. Recita dell'Antigone in Roma. Stampa delle prime quattro tragedie. Separazione dolorosissima. Viaggio per la Lombardia | 100 |
Cap. XI. Stampa di sei altre tragedie. Varie cansure delle quattro stampate prima. Risposto alla lettara dal Calsabigi | 118 |
Cap. XII. Terzo viaggio in Inghilterra, unicamente per comperarvi cavalli | 126 |
Cap. XIII. Breve soggiorno in Torino. Recita uditavi della Virginia | 135 |
Cap. XIV. Viaggio in Alsazia. Rivedo la Donna mia. Ideate tre nuove Tragedie. Morte inaspettata dell'amico Gori in Siena | 145 |
Cap. XV. Soggiorno in Pisa. Scrittovi il Panegirico a Trajano, ed altre cose | 153 |
Cap. XVI. Secondo Viaggio in Alsazia, dove mi fisso. Ideativi e stesi i due Bruti, e l'Abele. Studj caldamente ripigliati | 160 |
Cap. XVII. Viaggio a Parigi; ritorno in Alsazia, dopo avere fissato col Didot in Parigi la stampa di tutte le diciannove tragedie. Malattia fierissima in Alsazia, dove l'amico Caluso era venuto per passare l'estate con noi | 167 |
Cap. XVIII. Soggiorno di tre e più anni in Parigi; stampa di tutte le tragedie. Stampa nel tempo stesso di varie altre Opere in Kehl | 181 |
Cap. XIX. Principio dei tumulti in Francia, i quali sturbandomi in più maniere, di autore mi trasformarono in ciarlatore. Opinione mia su le cose presenti e future di questo Regno | 187 |
Proemietto | 197 |
Cap. XX. Finita interamente la prima mandata delle stampe, mi do a tradurre Virgilio, e Terenzio, e con qual fine il facessi 197 | 199 |
Cap XXI. Quarto Viaggio in Inghilterra, in Olanda. Ritorno a Parigi, dove ci fissiamo davvero, costrettivi dalle dure circostanze | 202 |
Cap XXII. Fuga di Parigi, donde per le Fiandre e tutta la Germania tornati in Italia ci fissiamo in Firenze | 209 |
Cap. XXIII. A poco a poco mi vo rimettendo allo studio. Finisco le traduzioni. Ricomincio a scrivere qualche cosarella di mio. Trovo casa piacentissima in Firenze; e mi do al recitare | 223 |
Cap. XXIV. La curiosità e la vergogna mi spingono a leggere Omero, ed i Tragici Greci nelle traduzioni letterali. Proseguimento tepido delle Satire, ed altre cosarelle | 229 |
Cap. XXV. Per qual ragione, in qual modo, e con quale scopo mi risolvesse finalmente a studiare da radice seriamente da me stesso la Lingua Greca | 231 |
Cap. XXVI. Frutto da non aspettarsi dallo studio serotino della Lingua Greca; io scrivo ( spergiuro per l'ultima volta ad Apollo ) l'Alceste Seconda | 236 |
Cap. XXVII. Misogallo finito. Rime chiuse colla Teleutodia. L'Abéle ridotto, così le due Alcesti, e l'Ammonimento. Distribuzione ebdomadaria di studj. Preparato così, e munito delle lapidi sepolcrali, aspetto l'invasione dai Francesi, che segue nel Marzo 1799 | 252 |
Cap. XXVIII. Occupazioni in villa. Uscita dei Francesi. Ritorno nostro a Firenze. Lettere del C***. Dolore mio nell'udire la ristampa prepararsi in Parigi delle mie Opere di Kehl, non mai pubblicate | 265 |
Cap. XXIX. Seconda invasione. Insistenza noiosa del General letterato. Pace tal quale, per cui mi scemano d'alquanto le angustie. Sei Gommedie ideate ad un parto | 279 |
Cap. XXX. Stendo un anno dopo averla ideata la prosa delle Sei Commedie; ed un altr'anno dopo le verseggio; l'una e l'altra di queste due fatiche con gravissimo scapito della salute. Rivedo l'Abate di Caluso in Firenze | 291 |
Cap. XXXI. Intenzioni mie su tutta questa seconda mandata di opere inedite. Stanco, esaurito, pongo qui fine ad ogni nuova impresa; atto più a disfare, che a fare, spontaneamente esco dall'Epoca Quarta virile, ed in età di anni 54½ mi do per vecchio, dopo 28 anni di quasi continuo inventare, verseggiare, tradurre, e studiare. Invanito poi bambinescamente dell'avere quasi che spuntata la difficoltà del Greco, invento l'Ordine di Omero, e me ne creo αυτοχειρ Cavaliero | 298 |
Lettera del Sig. Abate di Caluso | 303 |
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