Questo testo è stato riletto e controllato.
Questo testo fa parte della raccolta Rime (Cino da Pistoia)


     Io non domando, Amore,
Fuor che potere il tuo piacer gradire;
Così t’amo seguire
In ciascun tempo, o dolce mio signore.
     E sono in ciascun tempo ugual d’amare5
Quella donna gentile
Che mi mostrasti, Amor, subitamente
Un giorno; chè m’entrò sì nella mente
La sua sembianza umìle,
Veggendo te ne’ suoi begli occhi stare,10
Che dilettare il core
Di poi non s’è veduto in altra cosa,
Fuor che quella amorosa
Vista, ch’io vidi, rimembrar tutt’ore.
     Questa membranza, Amor, tanto mi piace,15
E sì l’ho imaginata,
Ch’io veggio sempre quel ch’io viddi allora:
Ma dir non lo potrìa, tanto m’accora
L’imagine passata
C’ho nella mente: ma pur mi do pace.20
Che ’l verace colore
Chiarir non si porrìa per mie parole:
Amor, come si suole,
Dil’ tu per me là ’v’io son servidore.
     Ben deggio sempre onore25
Render a te, Amor, poi che desire
Mi desti ad ubbidire
A quella donna ch’è di tal valore.


(Corretta con la lezione dell’edizion giuntina, Rime di diversi autori toscani, 1527; dalla quale è male attribuita a Dante.)


Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.