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coro
Strofe I
Deh, fossi in antri eccelsi, inaccessibili,
e qui da Dea, fra le progenie etèree,
mi mutasse in aligero!
Levarmi allora sul maroso ch’èstua
vorrei dell’Adrïàtico,
o su le sponde e l’acque dell’Erídano,
dove le figlie di Fetonte, gemiti
levando, nei purpurei
flutti del padre, misere
lagrime d’ambra stillano.
Antistrofe I
O su la spiaggia che di pomi è fertile
m’affretterei delle canore Espèridi,
dove il re del purpureo
gorgo la via piú non concede ai nauti,
del cielo ai sacri limiti
stando: Atlante lo regge; e presso al talamo
di Giove, quivi ambrosie fonti sgorgano.
E quivi la santissima
terra, perenni gioie
per i Celesti accumula.
Strofe II
O tu dall’ali candide
nave cretese, che traverso al sònito
adducesti del pelago,
dalla beatitudine
della sua casa, la regina, a gaudio
di nozze funestissime!
Da due terre, o dall’unico
suol di Creta, salpò con tristo auspicio
verso Atene la celebre.
Ed al lido Muníchio1
strinsero i capi delle attorte gómene,
ed a terra balzarono.
Antistrofe II
Per questo, da terribile
morbo d’un empio amor, spezzata l’anima
ebbe, mercè di Cípride.
Ed or, piombando naufraga
nella fiera sciagura, appeso un laccio
al tetto del suo talamo,
v’adatterà la candida
gola, per onta della rea dimonia.
Ché preferisce termine
porre alla vita, ed integra
serbar la fama, e questo amor di spasimo
lungi tener dall’anima.