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ROMANZA

Ne la coppa elegante
ove il sole ha fulgori
tremuli e gai colori
come in un diamante,

non anche dà un sospiro
il giglio morituro.
Piega, mistico e puro,
in suo dolce martire.

Cade, su l’acqua accolta
ne la carcere breve,
mite come la neve
qualche foglia disciolta;

e li stami che ardenti
quali raggi da un serto
rompeano da l’aperto
seno a tentare i vènti,


i vivi agili stami
cui d’un volo sonoro
cingean gl’insetti d’oro
laboriosi a sciami,

entro il calice infranto
paiono irrigiditi
verso Dio, come i diti
lunghi e scarni d’un Santo.

Un odore assai fioco,
odor quasi d’incenso
clic per un tempio immenso
vanisca a poco a poco,

da ’l giglio umile sale
divotamente a ’l ciclo.
Trema il languido stelo.
O Vas spirituale!

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