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JEFTE
POEMETTO
di
GAETANO GIACINTO LOYA
I fermi patti, e il generoso esempio
Di rara intatta fe, d’alta costanza,
Il forte Genitor, che l’innocente
Tenera Figlia in olocausto al Dio
5D’Abramo offerse in sacri accenti io canto.
O Giubal, che primiero a vergin cetra
Fatidici sposasti inni spirati,
Tu mi reggi la man, che disusata
Sdegna l’ardua fatica, e trema all’opra,
10E il suo soccorso non ingrata impetra.
E tu, Signor, vera del savio immago,
Cui da diec’anni e più me giovinetto
Amica strinse avventurosa sorte
D’insolubile nodo, o Benvenuto,
15Di saper, di virtù miracol nuove
Deh! tu per poco quel tuo stile oblia
Degno de’ sommi Re, degno dell’arte
Util dei carmi, a tal che i genj omai
Miglior d’Italia per cammin non tocco
20Lasci dietro di te muti, e pensosi,
E mi porgi l’orecchio, che a te solo
La tragedia fatal scrivere intendo.
M’oda solo Platon, solo ei mi basta,
E ne’ sècreti tuoi scrigni abbia loco.
25D’imbelli piume augel se or rado il suolo
Forse un dì fia, che da te scorto io l’ali
Impenni, e m’erga a meno ignobil volo.
Volgean tre lustri, e più da che ’l rubelle
D’Isdrael mentitor popol gemea
30De’ Filistei, degli Ammoniti in preda,
Che ambe le rive del Giordano in lunghe
Torme scorrendo di rovine e stragi
Empiean le terre d’Efraimo e Gade.
Odio, sdegno, ferocia, e dell’altrui
35Brama inquieta, insaziabil, cieca
Muovon l’empia genìa. Ragion d’antichi
Chimerici diritti era il pretesto,
Onde si valse del Signor la mano
Per punir chi ne’ suoi torti s’accieca.
40Vittime dell’errore, onde i lor padri
Or tra catene avvolti, ora raminghi
Negli antri di Samir, nell’erme spiagge
Di Galaad collo spavento al fianco,
E nel dolor trasser lor giorni errando,
45A Baal, ad Astaroth, ai Sirii numi
Le ingrate d’Israel genti malvage,
Di Ruben, Giuda, di Manasse i figli
Con sacrilega man profano incenso
Porgean sull’are, e non dovuti onori.
50Non più di Nadab, d’Abiù, di Chore.
Di Datan d’Abiròn stavale innante
Gli occhi il tremendo incendiator flagello,
E come dal Sinài seppe adirato
Il Dio degli avi suoi del Duce Ebreo
55Il braccio armar della rea turba a danno
Allorchè minacciosa, e furibonda
L’aureo vitello alzar medita ed osa.
Che sempre invan de’ nunzj suoi per bocca
Le parlava il Signore. Io ti sottrassi
60Di schiavitù diceva: io le tue mani,
E i piedi tuoi da ceppi aspri ti sciolsi,
Onde il barbaro Egizio un dì ti oppresse.
Chi gli Ammorrei, chi i Madianiti in fuga,
Qual da fiero aquilon vigna dispersa,
65Precipitosa volse? E questa terra,
Ch’or signoreggi, ove sleale innalzi
L’infame altar a Baalim nefando,
Chi ti donò? Tel dissi pur, tuo Dio
Sono Israelle: Ah! non temer d’Ammone
70Gli Dii bugiardi, io sarò teco ognora.
Ah! popolo infedel, che sordo al suono
Degli oracoli miei nel mal, che or tenti
Indarno di fuggir, corri insensato,
Questa sarà de’ falli tuoi la pena,
75Con pena tal l’offesa mia si sconti.
Ingrato vuoi, ch’io ti rammenti ancora
Quanto colla mia destra opraro un tempo
Là del gonfio Giordano in sulle sponde
Contro gli Cananei que’ duci invitti
80Degli eserciti tuoi? Gerico forse
Al sol clangor delle Giudaiche trombe
Esterrefatta da se stesse al suolo
Crollar non vide le sue mura? Il Sole
D’Ajalon nella valle immobilmente
85Di Giosovè non soffermossì all’alto
Comando, e sul terreno e domi e stesi
I congiurati cinque Re non furo?
Ai dirotti singhiozzi, ai lunghi pianti
Di Debora il flagello io pur sospesi,
90E al balenar della mia spada ultrice
La rovinosa innumerevol oste
Sparve tosto qual polvere, ed al crudo
Sisara traforò Giael le tempia.
Forse vorrai di Gedeon che io parli?
95No non si parli. Ancor fuma la terra
Del sangue sparso, ancor l’ossa insepolte
Torreggiano quai monti, e morte errando
Tra boccheggianti va nel feral campo.
Ma come puoi, se ognor grande e terribile
100Per l’universo ne risuona il grido,
Se costretto a perir salvo Israelle
Dimenticar dell’Eritreo le spiaggie
Ove i cavalli, e i cavalieri armati
Entro l’onde sobbisso, ove sul fiero
105Maravigliante Egizio il flutto indomito,
Il flutto, che qual muro in duo diviso
Prima alto pende, e immobile si sta,
Orribilmente, e con furor rovescio:
Ora solo Israello il popol mio
110L’opre del suo Signor, l’opre, e la forza
Nel simulante cuor sparge d’oblio?
A Baal perciò, a Beelfegor, a Camos
Egli ricorra, e a sua salvezza intenda.
Tal all’infida Nazion parlava
115Iddio, che alfin l’indomita cervice
Depressa, ed al crudel peso cedente
Del tirannico braccio soprastante,
Umil gemendo a lui si volse, e disse:
Israelle peccò. Qual più ti piace
120Forma scempio di noi. Abbia l’offesa
Giustizia invendicata ampia compensa,
Ma questa volta ancor dalle non sazie
Unghie dello stranier degna camparne
Mira, Padre, e Signor, mira qual duro
125Strazio ne fa, che ’l morir stesso è poco.
Miseri schiavi che farem? Se incerto
Raggio di speme, che pur splende a tutti,
Più non ci spunta, e non troviam conforto,
Che nella vana libertà del pianto.
130Forse, Signor, ne’ tuoi decreti è scritto
(Che ogni misura oltrepassar gli errori)
Di stritolarci, ed a più fide genti
Volger tue cure? E vorrai tu per figli
Più felici adottar genti nimiche?
135O speranze fallite! O mal intesi
Vaticinj, che a noi soli sua bella
Eredità ci prometteste! Oh quanto
L’onta nostra, e il dolor nostro accrescete?
Ah! non sarà, che tua pietade immensa,
140Se ’l pentimento, che sincero acqueta
Sempre il giusto tuo sdegno, oggi rimiri,
Se quelli un tempo a te sì cari, e nostri
Progenitor Abramo e Isac rammenti
Se de’ teneri figli odì i lugubri
145Vagiti, cui di lagrime sol pasce
Non più di latte la sfinita madre,
Se guardi che a te sol lor pargolette
Mani tendon, che ancor schiuder suoi fonti
Inessicabil nieghi, onde copioso
150Sospirato soccorso alfin ci piova.
Dissero, e l’alme dell’antico accese
Vivace zelo, rovesciati al suolo
Ecco cader i simulacri infranti,
I sacrileghi altari, ecco il gran Dio
155De’ lor avi adorar chini e tremanti.
Allora fu, ch’Ei di clemenza amico
Toglier di mano si lasciò le irate
Vendicatrici folgori, e di nuovo
Della lor libertà l’opra risolse.
160Fu allor, che in Tob, ove con genti armate
Fortissimo guerrier Jefte scorrea
Le vicine contrade, i maggior Saggi
Di Galaad in lunga folla addusse,
Che lor Duce il chiamaro. E bene ei vide,
165Che tal del suo Signor era la voce,
Dello spirito suo già su lui sceso,
Quale d’Otoniel, d’Aod, Samgarre
L’alme investendo sollevò sovressi,
E alla salvezza d’Israel condusse.170
Jefte pertanto elette schiere aduna,
I capi infiamma, e nella fissa mente
L’alta impresa volgendo a sì grand’uopo
Provvido intende, e in marzial sembiante
Nelle region di Galaad, di Masfa,
175Di Manassè precipite passando
All’Ammonita si presenta avante.
Quì volto al cielo, o mio Signor, se mai
Fia disse, che d’Ammon sperda la gente,
Se questa man vendicherà gli affanni
180Del popol tuo, se vincitore io riedo
Alle contrade mie checchè primiero
Incontrarmi vedrò dalle mie soglie
In olocausto, o mio Signore, io t’offro.
Tu il dono accetta, e fa ch’io torni altero
185In Israel delle nimiche spoglie.
Tacque, e qual nembo aquilonar, qual rapida
Folgore rosseggiante impetuoso
L’Oste che l’attendeva assale, ed urta:
Fende le file, e colla spada in mezzo
190Alle attonite turbe ampio cammino
S’apre. Confusion stupida e cieca
Insegue il fiero Ammon. Piagati il seno
Mordono i vinti il suol, che d’atro sangue
Qual mare ondeggia. D’esecrande strida
195S’empie il cielo, e d’orror tutto si mesce;
E invan fuggendo in van tentan sottrarre
A ceppi il piede, e alle ferite il tergo;
Che fulminando, ed abbattendo il prode
Guerrier s’avvanza, e col terrore a lato
200Tutte trascorre le campagne, e tutte
Di non pria vista orrenda strage ingombra,
Se pur con furia tal nelle solinghe
Spiaggie di Raffidin forse non vide
Prima Israel del capitan scettrato
205Tutti fugar il formidabil brando
Gli schierati indugianti Amaleciti.
E già di polve, e d’altrui sangue intriso
Verso Masfà colla vittoria al fianco
Jefte movea, quand’ecco (ahi! lagrimosa
210Scena, che in mesto suon volge le liete
Belliche viva trionfali) innanti
Al caro Genitore, ecco la sola
Figlia, cui gioja impaziente al piede
Impenna l’ali, in vaga mostra altera
215Di fior, di bende il torto crine avvolta
Farsi primiera in compagnia di scelte
Verginelle leggiadre. Ode il buon Duce
Non ben distinto ancor ode di timpani,
Di cetere, di crotali il festevole
220Rimbombo, e misti in un giojosi cantici,
Onde la pugna, e la vittoria esaltasi,
Mira le danze, che per via s’intrecciano.
Jefte da lunge la sua figlia appena
Vede, che ’l piè tosto sofferma e immoto
225Qual corpo esangue, o fredda selce antica
Ah! dir volea, ma la parola indietro
Mormorando a piombar torna sul cuore
Risospinta dal subito dolore.
Gli vacillan le piante. Tenebrosi
230Getta torbidi sguardi, e poche stille
Bagnanli il sen di lagrime contese.
Alfine il cupo tormentoso affanno
Il contrastato varco soverchiò.
Lacera le sue vesti, e verso il cielo
235Sparge polve sul capo, e ahi Figlia! o solo
Mio sostegno ed amor! Tu la cagione
Disse, dell’aspro duolo, e sola puoi
Del mio trionfo avvelenar la gioja,
Che in questo istante il mio coraggio io sento
240Lasso! mancarmi in sen... Misero me!
Io di tua morte il reo! ..Sì: che niun scampo
Alla solenne mia promessa io veggo
Esser vittima devi oggi chi primo
Incontro mi si fa dalle mie soglie,
245E tu mia figlia... E tu mia Seila amata....
Crebbe il dolor, nè potè dir sei quella.
A sì tetro spettacolo, a tai detti
Seila confusa, o sospirosa in sulle
Prime vorrìa parlar, ma tal nel cuore
250Sente tempesta di contrarj affetti,
Che spiegarsi non sa. Pure col guardo
Fisso nel genitor rompe il tenace
Silenzio alfine, e intrepida risponde.
Padre ti rasserena, e ’l giuramento
255Adempiasi su me. Sono tua Figlia,
E ’l tuo voler mi è legge. O me bennata
Se ’l sangue mio secura pace adduce
Sull’oppresso Israelle? Ah non fia mai,
Che perfido il tuo labbro or di salvarmi
260Col tuo sagace amor si riconsigli!
Serba pur la tua fe, che inosservata
Sul tuo capo, sul mio vindice pena
Chiederà al giusto ciel. Lasciami, o padre,
Io te ne prego, che per poco io possa
265La steril mia virginità romita
Agitata, dolente, e per dirupi
Colle infelici mie compagne errando
Liberamente deplorar, l’estremo
Favor sia questo, e la tua destra al mio
270Affrettato tornar l’opra compisca.
Qui tacque angosciosa, e solo all’onta
Propria cedente, ed al dolor del padre,
Non al pensier della vicina morte.
Tacque, ma quell’umil dolce pallente
275Volto parlava in sua favella ancora.
Improvvisa pietà, subito orrore
Colpisce ognuno. Ognun si discolora
In viso, e muto si sogguarda, e trema.
Tenera più compassionevol scena
280Nè maggior forza in giovin cuor la terra
In pria non vide mai, o tal soltanto
La vide il mondo nell’adulto Isacco,
Unico amor del già cadente Abramo
Colà di Moria sulla vetta altissima
285Quando tentarne al ciel piacque la fede.
Ma già l’aurora il dì temuto arrecca.
Già d’Abnero nel cuor, già di Manasse,
Che dell’amata giovinetta e bella
Alle nozze aspiravano rivali
290Tarda a fuggirsi ognor speranza cieca
Di salvarla da morte al più crudele
E disperato affanno il loco cede,
E da Masfa lontan portan lor duolo.
Or ecco il sempre lamentevol giorno.
295Odi di trombe flebile clangore?
Un bisbiglio indistinto, ed interrotte
Strida del popol folto ahi! la funebre
Nuncian pompa tremenda. Ecco il buon veglio
Sacerdote Abiezer, che di paterno
300Pianto il mento cosperge, e al fianco i sacri
Leviti, e pure verginelle a stuolo,
Che sciolte all’aura i capei bruni, e molli
Le rosseggianti tumide pupille
Di soffocate lagrime corona
305Fanno dolenti alla gran donna intorno.
Dimessa il guardo, e di volubil bende
Velata il crin dolce scomposto il monte
Di Galaàd imperturbata ascende
Seila, e mostra sfidar morte al cimento.
310Ivi il padre l’aspetta, ivi la nuova
Pietra locata, e al sagrifizio eletta.
Pendegli a lato la feral bipenne,
E tra l’interne sue dubbie contese
Tenta al grand’uopo assicurar se stesso
315L’amante genitor; che il cuor ripugna,
E in se ristretto d’obbedir contende
Nel duro uffizio all’atterrita mano.
All’incontro primiero immoti entrambi
Restaro, e muti, ed abbassar le fronti.
320Nè poscia al favellar delle rivolte
D’occhi pur loro accorda aspra costanza
I voluti sospir; che solo esprime
Vicendevol dolore occhio, che torbo
Di fosca luce splende, e della morte
325Il soprastante orrore. In atto intanto
Forte, che gioja, e obbedienza spira
Ella prostrasi a terra, e ’l capo inchina,
Egli impugna la scure, e o degli eserciti
Vittorioso incontrastabil Dio,
330Al cui poter degli Ammoniti io debbo
Lo sterminio fatal, ecco che io pronto
L’inviolando giuramento adempio.
Oggi Israelle ad onorarti impari,
E tu, Signor, il sacrifizio accetta.335
Disse, ed il ferro già sospeso in alto
Sul nudo collo in giù piombar lasciò.
Freme il popol d’orror sacro, e tremante
La maestà del giuramento ammira
E ’l funesto dover. Zampilla il sangue
340Ne rosseggia la pietra, ed al rovescio
Stramazza il lordo busto: E già la fiamma
Scroscia, già sale in ondeggianti, e neri
Globi verso del cielo. La bell’alma
Per non veduto inremeabil calle
345Su lievi vanni, e chiusa in aureo nembo
Vola d’Abramo a consolarsi in grembo.