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Chi mi rimembra la speranza altera
Che giacque fulminata entro il mio core?
Te ragguardò con mite occhio d’amore
4Su ’l nascer tuo Melpomene severa.
Canta; e de gl’inni tuoi l’ala guerriera
A vol segua il risorto italo onore:
Canta; ed infondi a’ cor di quel valore
8Che gli rapisca a piú sublime sfera.
Male co’ dí novelli ahi mal s’accorda
Alma che da’ sepolcri anche s’inspira,
11E a lei risponder la camena è sorda.
Veggo il suo vel fuggente: e la mia lira
Rompon, amico, omai l’ultima corda
14Increscioso dispetto e steril’ira.
- ↑ [p. 283 modifica]È risposta per le stesse rime a un sonetto che mi fu indirizzato nel 1856 e che fu stampato in un volume di Liriche [Pisa, Nistri, 1862], ove sono di bei pezzi poetici. Ecco il sonetto:
Carducci, è suono d’armonia guerriera
Quel che ti freme ne l’ardente core.
Che pur le dolci fantasie d’amore
Veste di forma rigida e severa.
[p. 284 modifica]La tua forte e sdegnosa anima altera
Sprezza di schiavi e di liberti onore;
E d’acheo piena e di latin valore
Cerca nel ciel di Dante la sua sfera.
Che se ’l tuo canto a l’età non s’accorda,
Pensa che il fiacco solo in lei s’ispira
Da che al verbo de’ forti è fatta sorda.
Di miglior tempo degno, a la tua lira
Non tôr, Carducci, non aggiunger corda,
Ma sii qual fosti; e rendi carmi ed ira.
Corde, d’allora in poi, alla mia lira io non ne ho tolte; e, se alcuna ne ho aggiunta, è di quelle che Sparta non avrebbe comandato di togliere.