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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
L'ABBITO NUN FA ER MONICO
L’abbito nun fa er monico? Eh sse1 vede.
Pròvete intanto una sorvorta2 sola
De presentatte ar Papa in camisciola
E ppoi sappime a ddì ccome t’aggnede.3
Senza er landàvo4 sai che tte succede?
Che ssi5 tt’hanno da dì6 mmezza parola,
Pare, per dio, che jje s’intorzi7 in gola:
E cquanno parli tu, nnun te se8 crede.
Hai tempo, fijjo caro, d’arà ddritto9
E dd’èsse galantomo immezzo ar core:
Tristo in ner monno chi sse mostra guitto.10
Cqua er merito se11 tajja dar zartore.
Cqua la vertù in giacchetta12 è un gran dilitto.
Una farda13 ppiù o mmeno, ecco l’onore.
26 dicembre 1834
- ↑ Si.
- ↑ Sol volta.
- ↑ Moltissimi dicono aggnéde, molti andiéde, pochi andò, quando non dicano annò.
- ↑ Il nome del cocchio cosiddetto landeau è stato dal popolo applicato burlescamente a significare l’abito cittadinesco.
- ↑ Se.
- ↑ Da dire.
- ↑ Gl’intoppi.
- ↑ Non ti si.
- ↑ Arar dritto, agire rettamente.
- ↑ Misero.
- ↑ Si.
- ↑ Abito succinto.
- ↑ Falda.
Note
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