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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
L'ABBORTO
A Ssaspìrito in Zassi,1 in d’un boccione
Pien d’acquavita de le sette peste,2
Sc’è a mmollo una cratura co’ ddu’ teste,
Come che ll’arma der ministro Appone.3
Er cerusico nostro de l’Urione,4
Che ste fotte5 le spiega leste leste,
M’ha ddetto ch’è un buscèfolo,6 e cche cqueste
Sò ccose che cce vô la spiegazzione.
Abbasta, dico, o ssii scefolo o ttonno,
Vojjo vede7 ar giudizzi’ univerzale
Co cquanti nasi ha da rinassce8 ar Monno.
Si n’ariporta dua, bber9 capitale
Da paradiso! e ssi uno, er ziconno,
Dico, indove arimane,a lo spedale?
Terni, 17 ottobre 1833
- ↑ A Santo Spirito in Sassia, uno degli ospedali di Roma.
- ↑ Cioè rettificata: alcool.
- ↑ Il conte Appony, ambasciatore austriaco presso la Santa Sede.
- ↑ Del rione. Ogni rione di Roma ha medico, chirurgo e farmacia, per gratuito soccorso de’ poveri infermi.
- ↑ Queste materie.
- ↑ Bicefalo.
- ↑ Vedere.
- ↑ Rinascere.
- ↑ Bel.
Note
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