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Li padroni de Cencio Er lupo-manaro
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

L'AMMALORCICATO

     Ma ccome ha da stà bbene, sciorcinato,1
Cuanno, per cristo, è bbestemmio2 dar vino?
Ognicuarvorta che nun va appoggiato
Casca si ll’urta un’ala d’un moschino.

     Ha le grandole3 gonfie, è accatarrato,
Nun tiè mmanco ppiù un pelo in ner cudino,
Campa de melacotte e ppangrattato,
E sta ppiù ssecco che nnun è un cerino.

     Avess’io la patacca4 de dottore,
Lo metterebbe5 ar zugo de la bbótte,
Pe’ ffallo6 aringrassà ccome un ziggnore.

     Vorrebbe imbriacallo ggiorno e nnotte,
Ché dd’incaconature7 nun ze more:
E jje direbbe8 poi: “Vatte a fà fotte.„9


Roma, 14 gennaio 1833

  1. Poverino.
  2. Astemio.
  3. Glandole.
  4. Patente.
  5. Metterei.
  6. Farlo.
  7. Ubbriacatura.
  8. Direi.
  9. Va’ là.

Note

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