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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832
L'IMMASCIATORE
Ne le carrozze che mmó avemo trovo
Co llacchè avanti e sservitori appresso,
C’è er Ministro der Re ch’è annato ar covo1
De cuer paese c’hanno fatto adesso.2
Disce3 che jj’abbi detto er Re a un dipresso:
“Conte, vattene a Rroma in borgo-novo,4
E ddì ar Papa, a mmi’ nome, ggenufresso:
Santo Padre, accusì me l’aritrovo„.5
Questi sò ttutti fatti piani piani;
Ma nun s’intenne come un Conte solo
S’ha dda chiamà Cquattordisci Villani!6
Val’a ddì ch’er zor Conte noi Romani,
Ogni cuarvorta che cce va a ffasciolo,7
Lo potémo chiamà Du’ Velletrani.8
Roma, 23 novembre 1832
- ↑ Espressione beffarda, che vale “che è andato a occupare„ ecc.
- ↑ Il nuovo Regno.
- ↑ Dicono, dicesi.
- ↑ Il Vaticano, odierna residenza del Pontefice, è in fine di quel Borgo.
- ↑ Formula che il Romanesco, al giuoco d’azzardo così detto del marroncino, pronunzia nel gettare una moneta, quasi protesta contro gli eventi contrari del suo giuoco.
- ↑ Vilain XIV.
- ↑ Ogni qualvolta ci piaccia.
- ↑ Il popolo di Roma chiama i cittadini di Velletri: Velletrani, sette volte villani.
Note
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