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Er mette da parte La Santa Pasqua
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

L'OSTE.

1.

     Lodat’Iddio!1 sto porco de diggiuno
Ce s’è llevato arfine da le coste.
Quer fà ssempre seguenzia,2 sor don Bruno,
Je pare usanza d’annà a ggenio a un oste?

     Pe’ cquarantasei ggiorni! tante poste3
Èsse aridotte a nun cenà ggnisuno!
So cche stasera de sol’ova toste4
Ggià n’ho ccotte trescent’e ssettantuno.

     Nun sarebbe ppiù mmejjo ch’er Vicario5
Stramutassi6 st’inzurza pinitenza
In una terza parte de rosario?

     Che mmale ne vierebbe a la cusscenza?
D’annà cquarc’antra vorta ar nescessario?
Caro lei, tutto sta ccome se penza.

18 aprile 1835


Note

  1. [Sia lodato Iddio!]
  2. Quel far sempre Sequentia sancti Evangeli sulla bocca: far crocetta: digiunare.
  3. [Tanti] avventori.
  4. Gli uovi duri che mangiansi a Pasqua di Resurrezione.
  5. [Il Cardinal Vicario, il quale, come i vescovi nelle diocesi, ha in Roma tra l'altre facoltà anche quella dfi regolare i digiuni e le vigilie de' fedeli.]
  6. Tramutasse, permutasse.


2.

     Male er maggnà de magro?! Voi vivete
In errore, in equìvico, in inganno.
Li medichi, se sa,1 ttutto fa ddanno.
Ggnente,2 imposturerìe: nun ce credete.

     Io faccio l’oste, ma ss’io fussi prete
Predicherìa3 sarache4 tutto l’anno.
Solamente la sete che vve dànno!
E cc’è ppiù ggusto che smorzà la sete?

     Ecco li scibbi da fà ll’omo sazzio:
Tonni, arénghe, merluzzi,5 tarantelli6...
Queste so’ ggrassce da levajje er dazzio.

     Li viggnaroli armanco,7 poverelli,
Direbbeno: “Siggnore v’aringrazzio,
Ché sse vòteno presto li tinelli.„

19 aprile 1835


Note

  1. [A sentire i medici, si sa, ecc.]
  2. Niente.
  3. Predicherei.
  4. [Salacche.] Certa specie di pesce in concia.
  5. [Baccalà.]
  6. [Tarantello: salume fatto della pancia del tonno, e quindi più pregiato della tonnina, che è fatta della schiena del medesimo pesce. “Sórra„ in Toscana.Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte]
  7. Almeno.
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