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PREFAZIONE
IL primo pensiero, che mi invito a tentare le strade nuove di questa Geometria del Compasso, fu questo: mentre si trovano tante cose nuove progredendo nelle matematiche, non si potrebbe forse trovare qualche luogo ancora incognito retrocedendo? Finora le più semplici soluzioni della geometria sono state giudicate quelle, che altro non impiegano, che il compasso e la riga; ossia, ciò che è lo stesso, la retta, che è la più semplice tra le linee, e il cerchio, che e la più semplice fra le curve. A questi due stromenti, per così dire, de’ problemi, che un tempo determinavano e costituivano la geometria elementare, furono aggiunte in progresso le curve coniche; quindi le superiori al secondo grado e le trascendenti di varie spezie. Si sono continuate ad arricchire queste profonde indagini geometriche coi nuovi soccorsi dell’algebra sì finita, che infinitesima a tale, che ormai que’ ritrovati, i quali dapprima parvero maravigliosi agli antichi, e degni de’ sagrifizj di Talete e di Pitagora, sono l’appannaggio dei fanciulli dei nostri giorni. Or dissi: non potresti tu ritrocedere dagli elementi, come da una linea di demarcazione, e cercar qualche cosa rimasta addietro a guisa di trascurata? E egli vero che i problemi elementari d’Euclide sieno della più semplice costruzione? O non si potrebbe l’elemento matematico risolvere ne’ suoi elementi fondamentali riga e compasso, a guisa di chi ha separata l’acqua in due arie, e qualche aria pure stimata semplice, in due altre sostanze? A questo punto m’avvidi, che non potendosi far uso della riga sola se non per condurre una retta; si poteva però forse far uso del solo compasso non per descrivere solamente un cerchio, o un arco d’esso; ma descrivendone più con più centri, e con diverse aperture, trovare per via delle loro sezioni mutue più punti, che fossero utili, e appunto i cercati di posizione in qualche problema.
Fin qui conobbi, che questo era un ramo finora non coltivato per nulla dai matematici, e che soluzioni di simil genere ottenute per avventura col solo compasso sarebbero state per la loro costruzione più elementari di ogni altra. Ma due cose mi trattennero per poco di accingermi a tentar nulla per questa via. La prima fu il pensiero: qual pro ne verrà se tu arrivi a trovare col solo compasso que’ punti, che altri hanno già finora trovati con esso e colla riga? La seconda era il timore, che da principio sembrommi ben ragionevole, che anzi che avere vantaggio da miei tentativi, fossero pure coronati dall’esito; avrei avuto discapito. Le costruzioni col solo compasso per trovare i punti delta geometria elementare sarebbero state complicate a più, doppj sopra le già conosciute, nelle quali interviene la riga. Avrebbe dunque la teoria mancato d’eleganza, e la pratica di precisione. Sicchè io era al procinto d’abbandonare l’impresa.
Mentre io era così irresoluto, m’accadde di rileggere la maniera colla quale Graham, e Bird dividevano in Inghilterra i loro grandi quadranti astronomici (Encyclop. Method. Articl. quart de cercle mural). Il quadrante di Graham fatto da lui per Greenwich non solo si dice aver servito di modello alla maggior parte di quelli che si sono fatti dopo; ma vien considerato ancora per la sua precisione dagli astronomi per uno de’ migliori, che siansi mai adoperati nell’astronomia, fino all’epoca dei quadranti di Ramsden. Ora vidi che la divisione di quella celebre macchina, abbandonata affatto la riga, fu eseguita col solo compasso. È interessante la descrizione del metodo impiegato in quella lunga ed ingegnosa operazione. Io non entrerò quì a dire le ragioni, per le quali la riga ne fu esclusa. Le indovineranno facilmente tutti quelli, che hanno perizia di simil genere di lavori. Per accennare in generale i vantaggi, che ha il compasso sopra la riga, qualora si tratti di una descrizione precisa di linee, che non debbano temere l’esame del microscopio, basta avvertire, che trattandosi specialmente d’una riga alquanto lunga, è quasi impossibile ch’ella sia così diritta, che ne garantisca per tutto il suo tratto della posizione a luogo de’ punti, che in essa sono. E sia pur essa rettissima. Sanno i pratici, che il dovere strisciare lungo essa colla punta che segna, porta seco una incertezza di parallelismo nel moto dell’asse di questa punta, o di perfetto adattamento allo spigolo, che rende spesso inutile la sua massima perfezione. A queste due difficoltà non va soggetto il compasso. Qualora esso sia fermo nell’apertura, e finissimo nelle punte; centratane una immobilmente, il che non è difficile, l’altra scorrendo segna da se un arco così preciso ed esatto, che nulla più.
Nel leggere quella descrizione avvertii, che Graham ebbe quattro incomodi. Il primo fu, che dovette operare per via di tentativi. Prescindendo dall’arco di sessanta gradi, che fu da lui determinato col raggio del cerchio; tutte le sue soddivisioni furono eseguite tentando. Gli antichi non hanno somministrato mezzo di dividere la circonferenza di un cerchio col solo compasso, altro che in sei; questo viene esposto e dimostrato nella proposizione decimaquinta del libro quarto d’Euclide. Non potè dunque Graham ottenere precisione geometrica fuorchè in un punto.
Il secondo incomodo fu la perdita di tempo, che necessariamente; si consuma anche dai più abili nei tentativi.
Il terzo fu l’aver dovuto impiegare due piani; uno, sul quale fare le prove; l’altro, sul quale trasportarne i risultati, che era lo stesso piano del quadrante. Ciò si fece da lui per non guastare colle prove sul quadrante la superficie del lembo.
Il quarto fu l’aver dovuto eseguire due divisioni di diverse specie. Siccome la divisione del quadrante in novanta gradi portava seco le soddivisioni di un arco in tre, e in cinque parti, e i tentativi di queste soddivisioni riuscivano imperfetti per la troppa accumulazione di errori; si volle da lui eseguire un’altra divisione del quadrante stesso accanto alla prima, la quale non procedesse, che per via di bissezioni. Diviso dunque l’arco di sessanta gradi in due parti, ed avuto l’arco di trenta, e quindi il quadrante diviso in tre parti; colle soddivisioni per due si ebbe in seguito la sesta, quindi la duodecima parte ecc. fino a che tutto il quadrante restò diviso in parti novantasei. Essendo questa la divisione, che meritava più fiducia; l’altra divisione in novanta gradi, che era pur quella, che doveva immediatamente servire agli Astronomi, si confrontò, e si corresse sopra questa via d’una tavola calcolata all’uopo.
Tutti questi inconvenienti furono forse la cagione, per la quale Bird si appigliò ad un altro metodo per dividere i suoi quadranti. Egli determinava gli archi per via delle loro corde, che prendeva sopra una scala di parti eguali. Ma nemmeno questa seconda maniera e libera d’imperfezioni; poichè in primo luogo manca di precisione geometrica; ed in secondo luogo trasporta sul quadrante le inesattezze, che trovar si potessero nella scala.
La considerazione dell’importanza degl’istromenti astronomici mi richiamò la mente a guardare il mio progetto della Geometria del Compasso sotto un punto di vista più favorevole. Cominciai a credere, che avrei fatto molto se avessi potuto dividere la circonferenza col solo compasso in più parti, che in sei. Quanto più avanti avessi potuto spingere la soddivisione, e quanto più questa fosse stata concorde colla divisione del quadrante in novanta gradi; tanto maggior servizio avrei prestato agli artefici d’astronomia. Avrei procurato loro la precisione geometrica; avrei risparmiato loro il tempo de’ tentativi, il doppio genere di divisioni, la necessita di due piani, e l’uso non affatto sicuro, e non geometrico delle scale.
Mi restava solo il timore, che anche trovandosi per avventura questo nuovo metodo, non riuscisse poi complicato, e lungo a segno di non essere più abbastanza opportuno per l’uso. M’accinsi all’opera. Vedendo che l’applicazione dell’algebra alla geometria nonxi |
II primo saggio della mia riuscita l’indirizzai due anni fa con una lettera inserita nel Giornale Brugnatelli all’eccellente artista il cittadino Annibale Beccaria, allora patrizio milanese, ed ora municipalista e socio dell’istruzione pubblica, il quale all’esser fratello del celeberrimo autore de’ Delitti e delle Pene aggiunge la gloria vera e propria d’eseguire, qualor gli piaccia, finissimi stromenti di matematica. Quel mio saggio consisteva nel metodo di dividere la circonferenza in ventiquattro parti coll’ajuto d’un solo punto preso fuori di essa. La costruzione di questa divisione è la più semplice, che si possa sperare, e l’ho ritenuta; l’altra in cento venti, che vi esposi, era troppo complicata; ora ne ho trovata una molto più breve, e tale, che la credo la brevissima. V’aggiunsi una spedita costruzione per avere le radici quadrate dall’uno sino alle dieci, che ho pur quì ritenuta. Gli altri problemi esposti in quella lettera siccome complicati, o di poca approssimazione, qui sono omessi.
Ora io sono giunto, come si vedrà dal libro, a dividere prontamente la circonferenza in dugento quaranta parti con esattezza geometrica per via del solo compasso e non adoperando altro che tre punti presi fuori delta circonferenza stessa. Ciascuna di queste parti riesce di un grado e mezzo della divisione usata fin qui in gradi trecento sessanta. Divido, qualora piaccia, ogni arco in due. Ciò geometricamente. Per via di approssimazione divido la circonferenza col solo mezzo di quei tali tre punti in gradi e quarti di gradi senza l’errore d’una sesta parte di minuto secondo. Cogli stessi trepunti divido pure in minuti primi stando sempre al di sotto dell’error d’un secondo. Che di questa precisione possano essere contenti gli astronomi, mi ha lusingato a crederlo il leggere, che nemmeno gli artisti più celebri sieno passati oltre.
Ma non mi sembrava aver fatto abbastanza se non serviva colle mie teorie anche alla nuova divisione del cerchio. È noto che i Francesi felici di avere nel seno della loro repubblica geometri primi nell’universo, secondando i loro consigli, hanno finalmente appagato i lunghi desiderj dei dotti col sanzionare in tutte le arti la sola divisione decimate. Questa divisione forse lentamente in altre provincie per l’urto dei pregiudizj, e più per la riazione dell’inerzia, ma invincibilmente col tempo prenderà piede dovunque abbia luogo qualche amore alle scienze, o un ben inteso interesse di commercio. Una delle divisioni, che dovevano riuscire più difficili ad alterarsi era quella della circonferenza del cerchio tra per l’antichità della divisione in 360, e soddivisione in 60 ricevuta dalle nazioni tutte; e per la fatica necessaria a rifar le tavole trigonometriche in qualunque nuovo sistema. Ma l’energia d’una grande nazione che si rigenera, ha vinto tutto. Fissate quattrocento parti, o gradi nella circonferenza, acciò il quadrante, che è il fondamento delta trigonometria, resti diviso in cento, e ciascuna di queste centesime suddivisa in cento, e così via via; si sono già calcolate e stampate le tavole dei seni naturali, e artifiziali di quelle; e perchè nulla manchi ad assicurare, ed accrescere la precisione de’ numeri, cospirò la nuova scoperta de’ Francesi di stampare con caratteri saldati in piombo; e si han già tra mano queste nuove tavole di tale edizione chiamata stereotipa eseguita da Firmino Didot. Più: se n’aspettano altre copiosissime con gran numero di decimali, che si stanno preparando sotto la direzione del celebre Prony da una moltitudine di attivissimi calcolatori. Tutto ciò mi spinse a cercare un metodo almeno d’approssimazione per dividere la circonferenza in tali nuovi gradi e minuti, e m’è riuscito col ministero di que’ soli tre punti d’avere con abbastanza pochi giri di compasso questi gradi e minuti centesimali senza il piccolo error d’un secondo.
Se null’altro si fosse fatto; si sarebbe non ostante raccomandato abbastanza il maneggio del puro compasso. Ma strada facendo ho trovato non esserci problema di geometria elementare, che col compasso solo non si potesse risolvere; in questo senso cioè di trovar tutti que’ punti, che si richieggono nel problema per la posizione e determinazione delle rette, che v’abbisognano. Questo interessava la teoria. Ho voluto esaurire l’argomento; dare tutti gli elementi a tal uopo, e dimostrare che tutti i punti che Euclide o altri elementaristi trovano col sussidio del compasso e della riga congiunti; col solo primo stromento trovar si possono.
Non tutti i problemi elementari sciolti col solo compasso hanno un’abbastanza semplice costruzione. Ardisco però dire che la maggior parte dei più necessarj son brevi e succinti a segno, che chi vorrà risolverli nella pratica, troverà meglio servirsi del sol compasso per trovarne i punti fondamentali, ripudiando la riga; le vie che propongo nel libro giustificheranno quanto dico.
Io non indicherò quì tutti que’ Problemi di simil genere, che mi sembrano di qualche importanza. Eccone non ostante alcuni. Se si vorrà trovare col compasso solo il centro d’un cerchio; si avrà con pochi tratti speditamente. Egualmente si avranno le terze, e le quarte proporzionali; non dico le medie. Chi vorrà costruire poligoni regolari non solo entro o intorno a cerchj dati, ma sopra basi date; ne avrà il mezzo facile nel compasso1. Chi vorrà trovare radici quadrate di numeri, cioè duplicare, o moltiplicare comunque di area quadrati, o cerchi, o figure simili di qualunque specie; lo farà presto per via del compasso. E tutto ciò con geometrica precisione; essendone capace la natura di tali problemi. Per approssimazione poi chi vorrà avere una lunghezza eguale alla circonferenza d’un cerchio, o un arco eguale al raggio, o un quadrato eguale ad un cerchio, o un cerchio eguale ad un quadrato, o un cubo eguale ad una sfera, o una sfera eguale ad un cubo, o un cubo doppio d’un altro, o triplo, o quadruplo; potrallo avere impiegando sezioni d’archi, ossia determinando sempre non con altro che col compasso la lunghezza di que’ lati o di quei raggi, che abbisognano alle richieste figure.
Ecco in breve quanto forma la Geometria del Compasso, che presento al Pubblico. Quanto alle dimostrazioni, ho studiato di farle geometriche all’antica. Questo m’è parso più proprio della natura de’ miei problemi, e più breve. Dovunque geometricamente erano per riuscir troppo lunghe, ho scorciato il cammino col calcolo. Ho dunque servito ad un tempo alla brevità, alla chiarezza, ed all’eleganza quanto ho potuto farlo. Ho citato Euclide il gran maestro degli elementi. Dove occorrono proporzioni, i numeri delle proposizioni ch’io cito, son quelli del Tacquet. La ragione di ciò è, che questo libro e più nelle mani di tutti, che l’antico testo d’Euclide. Ho posti in carattere più grande i paragrafi, che serviranno maggiormente agli artisti. Chi ne vuole la dimostrazione, deve leggere tutto il libro. Chi non vuole che la parte pratica, potrà omettere quanto è stampato in minor carattere. Ciò lo faranno gli artisti; lo farà chi non vuole che divertirsi col compasso. A questo genere di divertimento ho assegnati molti problemi tratti da Pappo, dall’Ozanam, dal Simpson e da altri, che ho messi nel libro undecimo. Ecco tutto ciò che io aveva a dire a’ miei lettori sopra questa Geometria del Compasso, che loro presento, la quale per la costruzione de’ suoi problemi è la più semplice e la più elementare geometria che aver si possa; e che da nissuno finora, ch’io sappia, s’era toccata.
- ↑ Gli architetti militari vi troveranno forse molte cose a proposito degli usi loro.