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LA LISISTRATA D'A
RISTOFANE. COMEDIA
XI. ET ULTIMA.
Persona de la favola.
Lisistrata. | Calonica. |
Mirrhina. | Lampitò. |
Coro d’huomini vecchij. | Drace. |
Stinnodoro. | Coro de femine. |
Stratillide. | Preside. |
Messo d’i vecchij. | Ministro. |
Un’altra donna. | Cinesia. |
Un’Ateniese. | Fanciullino. |
Gli Ateniesi. | Laconici. |
Servidore. | Coro de Lacedemonij. |
- L I S I S T R A T A.
- se alcuno à la festa di Bacco n’hauesse chiamate, ò à quella di Pan, ò di Venere Colliade, ò di Venere Genetillide, non haueressemo già potuto passare per i timpani.ma qui adesso niuna donna appare, se non questa de la terra mia, che uien fuori. Dio ti salui ò Calonica.
Cal.
- Calonica
- E tu anchora ò Lisistrata, chi t’ha torbolata? non ti sdegnar figliuola mia, che non ti sta bene inarcare i ciglij de gli occhij.
- Lisistrata
- Ma ò Calonica il cuor m’abruscia, e molto mi doglio di noi donne, che apo gli huomini siamo istimate malitiose.
- Calonica
- Et in verità siamo cosi.
- Lisistrata
- E quando s’è detto à quelle che vengano qui per far consiglio, non d’una cosa da niente, elle dormono e non vengono.
- Calonica
- Ma ò dilettissima veniranno, e la uscita de le donne è difficile, per ciò che una di noi è dimorata à torno a’l marito, l’altra ha destato il famiglio, l’altra ha tolto su’l fanciullo, l’altra l’ha lavato, l’altra gli ha dato da mangiare et fatto i bocconi.
- Lisistrata
- Tutta via v’erano altre cose à loro piu importanti di queste.
- Calonica
- Che cosa gli è ò cara Lisistrata? à che cosa ne chiami tu mò noi donne? che cosa? quanto è grande il tuo da fare?
- Lisistrata
- Grande.
- Calonica
- Forsi anche grosso.
- Lisistrata
- E per Giove grosso.
- Calonica
- Poi à che modo non vegniamo?
- Lisistrata
- Non è questo il modo. perche subito saressimo venute insieme.ma il mio da fare è ispedito homai, e con molte veghie gli hò posto fine.
- Calonica
- Veramente è una poca cosa questo ch'hai gettato fuori.
- Lisistrata
- Così poca, di modo che é salvezza à tutte le donne di Grecia.
- Calonica
- A le donne? che di poco n'è andato via.
- Lisistrata
- E sono in noi traffichi de la cità, ò che non sono piu ne anche ne i Peloponesij.
- Calonica
- Benissimo per Giove, che non siano dunque più.
- Lisistrata
- E che tutti quelli de la Beozia sono morti.
- Calonica
- Non tutti già, ma tuogli fuora le anguille.
- Lisistrata
- D'Atene poi non baiarò niuna cosa tale, ma sotto intendimi tu, ma se le donne sono qua tutte convenute, e quelle di Beozia, e quelle di Peloponeso, noi anchora communemente servaremo la Grecia.
- Calonica
- Mò che cosa prudente ò notabile sarebono le donne? che seguiamo colorate, che portiamo le vesti crocee, et ornate benissimo e cunicule, e le calzette, e belletti, e le tralucenti vestuzzuole.
- Lisistrata
- Queste sono ben quelle cose che spero che hanno à servar la Grecia, crocee vestazzuole, et bussolini, e calzette.
- Calonica
- A che modo mai?
- Lisistrata
- Che niuno di quelli huomini che hora sono a'l mondo, contra di se istessi iscambievolmente pigli la lancia.
- Calonica
- Io tingerò dunque, per le dee, la veste crocea.
- Lisistrata
- Ne che pigli il scudo.
- Calonica
- Vestiromi il vestimento Cimberico.
- Lisistrata
- E non la spadetta.
- Calonica
- Acquistarò le calzette.
- Lisistrata
- Dunque non bisognava che le donne vi fussero!
- Calonica
- Non gia, per Giove, ma che vengano gia un pezzo volando.
- Lisistrata
- Ma ò meschina , vederai ben esse Atheniese à far d'ogni cosa molto piu dopò di quello che si conviene, ma ne ancho v'è niuna donna da Parili ne da Salamine.
- Calonica
- Ma so ben che quelle per il fresco sta mattina hanno traghettato ne le gondole.
- Lisistrata
- Ne anche vengono qua quelle donne de gli Acharnesi, che io aspettava, e faceva conto che fossino le prime.
- Calonica
- La moglie di Theagene adunque, come per venir qua ricercava una barchetta, ma queste anchora vengono à trovarti, e quest'altre anchor vengono, oh oh, donde sono?
- Lisistrata
- Da Anagironte.
- Calonica
- Per Gioue quella Anagironte come spuzza, à mè pare ch'ella sia stata commossa.
- Mirrhina
- Siamo forsi state noi 1'ultime à venire ò Lisistrata? che ditu, che tacitu?
- Lisistrata
- Non laudo Mirrina, che tu vegni hora per sì fatta cosa.
- Mirrhina
- Nò, a pena hò trovato il centurino a'l scuro, ma pur se ti bisogna cosa alcuna dillo à queste che
- sono qui.
- Lisistrata
- No per Giove, ma aspettiamo per un poco di tempo, e che quelle donne de Beoti, e quelle de Peloponesi vengano.
- Mirrhina
- Molto meglio tu dici, e già questa Lampitò vien via.
- Lisistrata
- O carissima Laconica Lampitò, i dei ti salvino, che bellezza si vede la tua ò dolcissima? e come sei ben colorita, e come è grasso e bello il tuo corpo, e soffoccaresti un toro.
- Lampitò
- Si ben penso pur in fè di Dio, mi essercito pur, e salto à le chiappe.
- Lisistrata
- E che bella cosa di poppe tu hai.
- Lampitò
- Come una bestia che mi manegia?
- Lisistrata
- Et quest'altra giovanetta di che paese è'lla?
- Lampitò
- Nobile e d'antico parentado per Castore e Polluce da la Beotia viene a voi.
- Lisistrata
- Per Giove ò Beotia tu hai un bel campo.
- Lampitò
- E per certo galantissimamente hò stirpato 'l polegiolo.
- Lisistrata
- Ch'è l'altra giovane poi?
- Lampitò
- Ella è ben gentile per i dei, et anchora di Corintho.
- Lisistrata
- Gentile per Giove. Si sà che'lla è circa a quelle cose che sono di là.
- Lampitò
- Chi hà poi ragunato insieme questa congregazione di femine?
- Lisistrata
- Questo io.
- Lampitò
- Parlane di ciò che vuoi.
- Lisistrata
- Per Giove ò cara donna.
- Mirrhina
- Di un poco che cosa hai tu di buono?
- Lisistrata
- Pur il direi, prima che'l dica, vi domandarò un poco questa picciola cosa.
- Mirrhina
- Ciò che tu vuoi.
- Lisistrata
- Non disiderate voi che i padri de fanciulli stianui luntano ne l'essercito?
- Mirrhina
- Ben so io, che havemo tutti noi il marito luntano.
- Lisistrata
- Al meno mio marito già cinque mesi, è luntano de qui, in Tracia ò meschino, che hà custodia di Eucrate.
- Mirrhina
- E'l mio poi sette mesi hà, ch'è in Pilo.
- Lampitò
- E'l mio anchor che da la guerra sia venuto, ben armato, se ne và anchora via volando legiero.
- Lisistrata
- Ma de'l nome d'adultero non c'è lasciata una salivetta, perche, poi che i Milesij ne tradirono, non hò veduto ne Olisbo d'otto deda, che ne sarebe stato un agiuto di cuoio, voreste forse adunque s'io trovassi una invenzione, di guastar la guerra con meco?
- Mirrhina
- Per le dee, io se ben mi bisogna anchora bevere in questo dì d'hoggi, questa vesta rotonda.
- Calonica
- Et io anchora se ben paio come una passera, darei à spartir la metà di mè medesima.
- Lampitò
- Et io anchora andarei su fino a'l Taigeto, ove sarei per veder ogni modo la pace.
- Lisistrata
- Dirollo pur,che non bisogna gia che’l consiglio stia celato. Noi ò donne, anchor che siamo per costringere gli huomini à servar la pace,bisogna però che se astiniamo.
- Calonica
- Dì la causa.
- Lisistrata
- Farete adunque?
- Calonica
- Faremo se dovessimo ben morire.
- Lisistrata
- Bisogna adunque che noi s’astegnamo da’l membro de l’huomo, perche mi voltate le spalle? ove andate? ò voi perche mormorate di me , e mi sprezzate? perche il vostro color s’è mutato? perche vi vien giu le lagrime? farete ò non farete, ò che sete per fare?
- Mirrhina
- Non lo farei per modo alcuno, piu tosto salti fu la guerra.
- Calonica
- Non per Giove n’anche io, ma se ne venga pur la guerra.
- Lisistrata
- Qvesto dici tu ò passera. ma pur hora tu hai detto di straciarti via anchor la metà di te medesima.
- Calonica
- Altro ciò che voi. Se mi fosse ben forza andar ne’l fuoco, voglio andar piu tosto a questo membro. perche non gli è cosa che sia di quella maniera ch’è’l membro de l’huomo, ò cara Lisistrata.
- Lisistrata
- Che ne dici tu poi?
- Lampitò
- Anchor io voglio ne’l fuoco.
- Lisistrata
- O generation nostra,tutta, tutta piena di scelerità. Non senza cagione le Tragedie si fanno per noi, che non siamo niente se non Nettuno e Scafa. Ma ò cara Laconica se fosti tu sola con meco insieme, salvaressimo la cosa anchora. Consentimi.
- Lampitò
- Difficili cose ogni modo sono per i dei, che le donne dormano sole senza bestia. Pur tutta via se è conveniente desidero anche forte le paci.
- Lisistrata
- O carissima tu e sola di queste femine.
- Calonica
- Se molto assai mò s'asteneremo noi, tu non dici gia che cosa n'averrà piu per questo.
- Lisistrata
- Si farà la pace.
- Calonica
- Assai bene per le dee.
- Lisistrata
- Per ciò che se noi sedessimo in casa sbellettate, e con le vestazzuole di seta, andaressemo ignude havendosi fatto pelare il delta, à gli huomini verrebe l'appetito Venereo, e disiderariano di chiavare, noi poi non gli andaressemo,ma s'asteneressimo. Farebono tregua tosto ogni modo, che so certo.
- Lampitò
- Menelao adunq; vedute apresso di se le poppe d'Helena ignude, tirò fuora, cregio, la spada.
- Calonica
- Che poi se gli huomini lasciaranno noi ò meschina?
- Lisistrata
- Quello che dice Ferecrate, di scorticare una cagna scorticata.
- Calonica
- Queste ciancie sono tutte imitationi, e se ne pigliaranno, et in casa per forza ne tiraranno?
- Lisistrata
- Tienti a la porta.
- Calonica
- E se ne batteranno?
- Lisistrata
- Bisogna dargliene a male stente. perche non vi è appiacere in quelle cose che si fanno per forza. Et oltre à ciò bisogna che eglino habian’ à dolersi, et in effecto molto presto. perche mai non s’alegrarà l’huomo se non fa appiacere à la donna.
- Calonica
- Se pur questo a voi par cosi, et à noi anchora.
- Lampitò
- E noi persuaderemo a i nostri huomini che faciano patto, che ciascuno giustamente conservi la mera pace. ma à la turba de gli Atheniesi chi sarebe che persuadesse, che’lla non inganni?
- Lisistrata
- Noi in verità de le cose che noi habiamo ti persuaderemo.
- Lampitò
- Non è forsi ancho puro argento apresso la dea, ove le navi hanno fretta?
- Lisistrata
- Ma questo è anchora ben parecchiato, che hoggi occuparemo la rocca, perche à quelle che sono piu vecchie è commandato di far questo, che noi ogni modo s’imaginiamo queste cose, mostramo di sacrificar pigliando la rocca.
- Lampitò
- Ogni cosa potrebe essere, et per ciò dici ben questo.
- Lisistrata
- E perchè non havemo subito subito congiurato queste cose ò Lampito, à ciò che stiano infrangibili?
- Lampitò
- Mostrami pur un poco ’l giuramento, che giuremo.
- Lisistrata
- Ben dici, ove è Scithena? ove guardi? metti in mezzo il cavato scudo, et alcuno mi dia i sacrificij.
- Calonica
- Lisistrata mò di che giuramento ne vuoi tu astringere?
- Lisistrata
- Di che giuramento? ne'l scudo come si dice in Eschilo, à quelle ch'ammazzano le pecore.
- Calonica
- Non giurar mica su'l scudo ò Lisistrata cosa niuna de la pace.
- Lisistrata
- Qual giuramento adunque potrasi fare?
- Calonica
- Se pigliaremo da qualche luoco un caval bianco, e glie li tagliaremo via.
- Lisistrata
- A che modo un caval bianco?
- Calonica
- Ma à che mdoo giuraremo noi?
- Lisistrata
- Io per Giove diroloti, se vuoi, metteremo in una tazza del vin negro e grande, è sacrificaremo un cado di vin Thafio, giuraremo di non spargere aqua ne la tazza.
- Calonica
- Oh giuramento indicibile quanto hò io voglia di lodarlo. Portimi quà alcun la tazza de là e la zucca.
- Lisistrata
- O carissime donne quanto grande è questa tazza de gli altri vasi fittili. Uno s'alegraria ben incontamente à tuorla. Metti giu questa, piglia il mio porco cingiale ò signora Pito, e la tazza cara. Fia benigna à le donne e piglia tu le bestie.
- Calonica
- Colorito è pur il sangue, e sa di pece.
- Lampitò
- E pur hà buon odore, è suave per Castore.
- Lisistrata
- Lasciatemi ò donne prima giurar me.
- Calonica
- Non per Venere non, se pur noon hai buttata la sorte.
- Lisistrata
- Pigliate ciascuna la tazza ò Lampitò. Et una di voi dica per tutte, quello che anchor io dico. Voi poi giurarete qveste cose medesime e le confermarete, non v'è niuno, ne adultcro ne marito.
- Calonica
- Non v'è niuno, ne adultero ne marito.
- Lisistrata
- Chi venerà da me infuriato di libidine, dì.
- Calonica
- Chi venerà da me infuriato di libidine. Oime si mi strupiano i ginocchi ò Lisistrata.
- Lisistrata
- A casa inviolata me ne viverò.
- Calonica
- A casa inviolata me ne viverò.
- Lisistrata
- Portarò la vesta crocea e staromi ordinata.
- Calonica
- Portarò la vesta crocea e staromi ordinata.
- Lisistrata
- A ciò che mio marito habia gran martello di me.
- Calonica
- A ciò che mio marito habia gran martello di me.
- Lisistrata
- E mai volontieri obedirò a mio marito.
- Calonica
- E mai volontieri obedirò a mio marito.
- Lisistrata
- E se mi costringerà contra à mio volere.
- Calonica
- E se mi costringerà contra à mio volere.
- Lisistrata
- Con difficultà me gli darò ne le mani, e non me gli approssimarò.
- Calonica
- Con difficultà me gli darò ne le mani, e non me gli approssimarò.
- Lisistrata
- Non a'l solaro alzarò le scarpe.
- Calonica
- Non a'l solaro alzarò le scarpe.
- Lisistrata
- Non starò lionessa ne'l tirocnestide.
- Calonica
- Non starò lionessa ne'l tirocnestide.
- Lisistrata
- Questo confermando pur, beverei de quì.
- Calonica
- Questo confermando pur, beverei de quì.
- Lisistrata
- E se io passassi di lungo, d'aqua s'empia la tazza.
- Calonica
- E se io passassi di lungo, d'aqua s'empia la tazza. Di compagnia tutte voi questo giurate.
- Mirrhina
- Per Giove.
- Lisistrata
- Hor su io consecrarò questa tazza.
- Calonica
- Una parte ò compagna, a ciò che siamo subitamente amiche una co l'altra.
- Lampitò
- Che giubilatione?
- Lisistrata
- Queste cose sono quelle, non 1'ho io detto? le femine già hanno occupato la rocca de la dea. Ma ò Lampitò tu và pur, e quel che se ricerca da noi, metti ben à l'ordine,e lasciane qui costoro per sicurtà. E noi insieme con le altre che son nè la città, come vi siamo intrate, mettiamoli di compagnia i cadenazzi.
- Calonica
- Non pensi tu forsi che gli huomini s'aggiuteranno incontanente contra di noi?
- Lisistrata
- Poco hò cura di loro. Non veniranno mica havendo ò minaccie ò fuoco, per aprir queste porte, se non per quello che noi habiamo detto.
- Calonica
- Non per Venere, non mai. Per che altramente saremo chiamate donne senza ardimento et cattive.
- Coro de gli homini vecchij
- Vien inanzi Drace, va inanzi pian piano. e se ti duol la spalla porta solamente il carico de'l tronco de la verdegiante oliva.
- Drace
- Veramente molte cose sono insperate ne la vita lunga, ah, mò chi havrebe sperato mai ò Stinnodoro
- d'udir quelle donne, che nodrivamo in casa, rovina manifesta, che ritengano il santo simulacro di Minerva, et habino occupata la mia rocca, e che stanghino le porte et antiporte?
- Stinnodoro
- Mà tosto tosto andiamo à la cità o Filurgo, à ciò che le mettiamo in cerchio in cerchio questi tronchi, à tutte quelle ch'hanno assalito questa cosa, e là sono andate. Mettiamo insieme una pilla di legne, brusciamole tutte cò le nostre mani con un'aggiuto solo, e per la prima la figlia di Licone. Elle non mi saltaranno mica adosso, per Cerere essendo vivo, poi che ne ancho Cleomene che fu'l primo ad occuparla, si partì impunito. Ma non di meno per che haveva un poco di quel fumo Laconico, mi diede l'arme e se n'andò via, con una vestazzuoletta ben picciola, morto di fame, sporco, haveva i capei lunghi: molti anni erano che non se haveva lavato, e cosi io vinsi quell'huomo, pur in diecesette scudi dormendo à le porte, che sono inimiche ad Euripide et à tutti i Dei. Io dunque non vietarò tanto misfatto con la mia persona? non sia già piu'l mio trofeo in Tetrapoli. Pur tutta via mi resta un luoco de la via, che mi mena montando su à la rocca. Et io hò gran fretta, e bisogna sforzarsi di rampecarli à qualche modo, per su questo monticello senz'asino, per che questi doi legni m'aggravano la spalla. Ma pur bisogna andare et impizzare'l
- fuoco e soffiar dentro, à ciò che non mi s'ammorzi, quando sarà là. Sy, sy. Oh, oh, che fumo, come è terribile ò signor Hercule, che mi vien su da l'olla, come un cane arrabiato gli occhi mi morde, e questo è fuogo Lemnio ogni modo, che non m'havria mai cosi rabiosamente morduto le mie lippitudini. Va tosto avanti ne la cita, e da aggiuto à la Dea Minerva, se mai le daremo aita piu che adesso ò Lachete. Sy, sy. Oh, oh che fumo questo fuoco anchora veghia e stà vivo, dunque mettiamo qui prima doi legni per ogni modo, aggiungendo a l'olla de le fascine di legna di vite a far venir su la fiamma, andiamo poi e saltiamo à le porte à guisa di montone: e se le donne non n'apriranno, chiamandole, bisogna abbrusciar le porte e soffocarle di fumo. Mettiam giu hor mai il poso, oh, che fumo, babeax: chi sarà quel de gli capitani che sono stati in Samo, chi pigliarà il legno? Hor già queste hanno dato luoco di calcarmi'l spinale. Et à te tocca ò olla far impizzar i carboni, per portarmi immantinente la facella accesa. Signora Vittoria danne aita, à ciò che mettiamo 'l trofeo noi hora de la presontion che adesso hanno presa le donne.
- Coro de le donne
- Bisogna affretarsi velocemente, come se'l fosse appizzato il fuoco. À me pare di vedere'l fumo ò donne.
- Mezzo coro de le donne
- Vola,vola Nicodica, avanti
- chi s'abbruscij Calice e Critilla, ambe due à torno soffiate e da le legi difficili, e da i vecchij matti.
- L'altro mezzo coro de le donne
- Ma io hò paura di questo che per esser tardo de piedi non possa darvi agiuto. Per che adesso, che sta mattina hò impita la sedella, à pena toltami via da la fontana per il romore, et turba, e strepito de le sedelle, insieme con le massare, e serve segnalate, con fretta, togliendone da le mie de la terra abbrusciate, le porto de l'acqua per soccorrerle, che hò inteso et udito che sti insensati e vecchij huomini sono venuti co'l mal'anno loro, ch'hanno portato stizzoni, come che vogliano abbrusciare 'l bagno à la città, peso quasi di tre libre, che minacciano gravissime parole, che si sognan dar il fuoco à le scelerate femine, quali ò Dea non ti piaccia che le'vega abbrusicare, ma che siano liberate e da la guerra e da le furie, la Grecia e le citadine. Per le quali, ò tu che hai adorata la celata, difensatrice nostra, hanno occupate le tue sedie. Et te chiamo per agiutrice ò che sei nasciuta apresso à la palude Tritonia, se qualch'huomo le abbrusciarà, che porti de l'acqua con esse noi.
- Stratillide
- Lascia ò, che cosa è questa, ò huomini travaglijcosissimi, e rei? che questo non havrebon già fatto mai gli huomini da bene, et gli amatori de la religione.
- Coro de gli huomini vecchij
- Questa cosa n'avien non aspettata. Questo rozzo di femine dà agiuto qui
- anchora à le porte.
- Coro de le femine
- Che havete paura di noi? vi paremo forsi pur assai? e pur non vedete anchora la millesima parte di noi.
- Coro de vecchij
- O Fedria lasciaremo, che costoro ragionino tanto? non era ben fatto che uno le ligasse ad un legno, e battessele molto bene?
- Coro de le femine
- Mettiamogli pur le sedelle anchor noi, à ciò che se un gli metterà la mano, non mi sia questo ne i piedi.
- Coro de vecchij
- Per Giove se alcuno havesse pistato ò due ò tre volte le mascelle di costoro come d’un bufalo, non haverian già loro voce.
- Stratillide
- Non di meno ecco, alcuno percotta, et io gli darò. E mai niuna altra cagna ti pigliarà i testicoli.
- Coro de vecchij
- Se non tacerai, io ti darò, et ti caverò la tua vecchiezza.
- Stratillide
- Tocca solamente Statillide co’l dito, valle à presso.
- Coro de vecchij
- Che poi, se ti toccherò con le dita, che mal mi farai?
- Stratillide
- Ti rosicarò il polmone, et ti cavaro le budella.
- Coro de vecchij
- Non gli è huomo piu savio d’Euripide poeta: che non gli è bestia a’l mondo si sfacciata, come sono le femine.
- Stratillide
- Alziamo su un secchio d’aqua ò Rodispe.
- Coro de vecchij
- Che poi ò da i dei odiata, per che sei venuta quà et hai portata l’aqua.
- Stratillide
- Per che hai tu’l fuoco ò montagna, come che tu ti voglij brusciar da tua posta?
- Corifeo
- Io l’hò, che voglio far una pilla, et abbrusciar le tue compagne.
- Stratillide
- Et io l’aqua, per amorzar questa tua pilla.
- Corifeo
- Tu ammorzarai tu’l mio foco?
- Stratillide
- A man à mano io tè lo farò vedere.
- Corifeo
- Non sai, se con questa facella (et posso) t’arrostirò?
- Stratillide
- Se hai adosso sporcitia, io ti darò da lavarti.
- Corifeo
- Tu mi darai da lavar tu, ò puzzolenta?
- Stratillide
- E poi da sposo anchora.
- Corifeo
- Havete sentito la sua prosontione?
- Stratillide
- Io sono di libertà.
- Corifeo
- Ti vietarò ben io questo gridore.
- Stratillide
- Ma piu non giudicarai.
- Corifeo
- Brusciale i capegli.
- Stratillide
- A tè tocca ò Acheloo.
- Corifeo
- O i mè’nfelice.
- Stratillide
- Erala forsi calda?
- Corifeo
- A che modo calda? non cessarai tu? che fai?
- Stratillide
- T’adaquo, à cio che tu germoglij.
- Corifeo
- Ma sono assciutto, et tremo.
- Stratillide
- Dunque, poi che tu hai il fuoco, t’ascalderai da per te.
- Preside
- Veramente s’è illustrata la frequentia di Bacco, e questa festa d’Adonide ne le case, la quale io altre volte udì à canzonare. Diceva Demostrato, à tempo di non navigar in Sicilia: e la moglie ballando
- ah ah Adonide, dice. E Demostrato diceva di far gente di quelli del Zanto. E la donna gittandosi giu per casa, dice di piangere Adonide: e Cholozige nemico de gli dij et sciagurato la violava. Si fatte sono le canzoni loro lascive.
- Messo de vecchi
- Che poi, se udisti anchor la costoro ingiuria? che n'hanno anchor fatto de l'altre ingiurie, e con le sedelle n'hanno lavato, di modo che è stato lecito squassar le vestazzuole, come se ne fosse stato pissato adosso.
- Preside
- Per il marin Nettuno hanno fatto bene. Per ciò che siamosi noi mal diportti con le donne, et havemole insegnato a triomfare. Si fatti consiglij loro nascono da noi medesimi, che diciamo anchora à gli artefici tali parole, O aurifice, de la collana che mi facesti, sendo mia moglie à ballar hier sera, le cadde fuora la capella de'l suo luoco. E per che io hò da navigar in Salamina, tu se ti sarà comodità, ogni modo andarai la ista sera, et le acconciarai molto ben dentro la capella: un'altro poi dice ad un calzolaio, giovane, e che non havea già la becchina da fanciullo; O calzolaio, la scarpa fà male à i piedi di mia moglie circa'l ditello, come che tenerello, però va tu là hoggi da mezzi di à slargarlela, à ciò che 'lla non le faccia male. Simili cose sono divenute in si fatti traffichi, che io essendo pur principe de'l senato, mettendo in espeditione, à che modo. Staranno i galeotti
- de'l danaro: hor sendo'l bisogno, da le donne son sarrato fuor de le porte. Ma niente bisogna dimorar. Portami la levera, che io le vietarò questa villania. Dove hai guardato ò gazzotto, et ove guardi tu un altra volta? tu non fai altro che guardar l'hostaria. Non metterete voi le levere sotto à le porta da questa banda, e la torrete giu? et io anchora da quest'altra disieme la levarò via.
- Lisistrata
- Niente voi levarete via, ch'io vengo da mia posta, che bisogna levere? per che non di levere piu bisogna, che di mente e di prudenza.
- Ministro
- O da dovero scelerata che sei tu? ov'è 'l zaffo? pigliala e ligale di dietro le mani.
- Lisistrata
- E se poi il publico ministro mi mettrà l'ultima man' adosso, per Diana ei piagnerà.
- Ministro
- Hai havuto paura ò tu? non la piglierai tu à traverso? et tu anchor con costui andate tosto à legarla.
- Stratillide
- Per Diana venatrice , se mettrai solamente una man' adosso a costei, ti sarà calcato su la panza, et ti saltara fuora la merda.
- Ministro
- Eccoti che cacarai, ove l'altro zaffo? liga prima costei,per che'lla ciancia.
- Stratillide
- Per Venere lucifera, se mettrai la man ultima adosso à costei, cercherai tosto la tazza.
- Ministro
- Mò che cosa è questa? ov'è 'l zaffo? fatti apresso costei, io farò star cheta alcuna di voi, e cessar da
- questa vostra uscita.
- Stratillide
- Per Diana Taurica se verrai per costei, ti stirparò la barba à pelo à pelo, et i piangolenti capegli anchora.
- Ministro
- Oime 'nfelice, il zaffo n'hà lasicato. Ma non bisogna mai che noi si sottoponiamo à le femine.
- Lisistrata
- Per le dee conoscerete certo che havemo anchora noi quattro compagnie de donne guerregiere di dentro armate.
- Ministro
- Voltatele indietro le mani loro ò Scite.
- Lisistrata
- O nostre donne corrette da la interior parte ad aiutarmi, ò che vendete in piazza le sementi, i legumi, l'herbe, ò che vendete aglio, ò hoste. O venditrici di pane, non venete fuora? non ferirete? non n'agiutarete? non farete villania? non sarete sfacciate?
- Ministro
- Chetatevi,ritornate, non vi spogliate. Oime se hà diportato male la mia compagnia.
- Lisistrata
- Ma che pensavi mai tu? hai forsi pensato di venir contra à qualche massare, ò pensi tu che le donne non habiano la colera aguzza?
- Ministro
- Non per Apolline, et pur assai bene, se apresso vi sia l'hosto.
- Coro d'huomini
- O consultor di questa terra, che molte parole hai spese, perche t'aggiungiti te medesimo ne'l parlar à queste bestie? non sai in che bagno costor poco fà, n'hanno lavato sopra de le vestazzuole, specialmente senza liscivio?
- Coro de le donne
- Ma ò pover huomo non bisogna inconsideratamente à i vicini metter la mano adosso. E se questo fai, è forza che ti si sgonfino gli occhi, perchè voglio io saviamente come donzella sedermi, molestando niente qui, movendo ne ancho una busca, se non mi pungerà et tentarà alcuno à guisa d'un sciame di vespe.
- Coro d'huomini
- O Giove in che adoperaremo noi mai queste bestie? non sono mica queste cose da sofferire, ma bisogna che tu insieme con esso me cerchiamo, questo male donde viene, perche queste spontaneamente hanno occupata la terra d'Atheniesi, et il tempio sacro, per il quale, per essergli gran pietre, non si può andare à la rocca. Ma dimanda, non credere, et aggiungeli tutte le spie, per ch'è vergogna lasciar star di spionar questa cosa.
- Preside
- E pur da loro questo desidero di domandare per Giove primamente, perche causa di vostra bizzaria havete stangata la nostra cita.
- Lisistrata
- Per darvi il danar salvo, e perche non facciate guerra per quello.
- Preside
- Per il danaro facciamo noi guerra forsi?
- Lisistrata
- Et tutto 'l resto è confusione, perche Pisandro à ciò che havessi da poter robare, e quello ch'erano sopra à i magistrati sempre mescolavano qualche torbolatione, non dimeno costor facciano pur per questo ciò che vogliono, che non mi torranno mica piu questo argento.
- Preside
- Ma che farai.
- Lisistrata
- Questo mi domandi tu? noi conservaremo esso, et teneremolo à i bisogni.
- Preside
- Voi conservarete danari?
- Lisistrata
- Che gran cosa pensi tu ch'ella sia? non v'havemo noi riservati tutti quelli danari in tutti i modi, che sono di dentro?
- Preside
- Ma questo non è quel proprio.
- Lisistrata
- In the modo non è quel proprio?
- Preside
- Da questo bisogna guerregiare.
- Lisistrata
- Ma niente per la prima bisogna guerregiare.
- Preside
- Mò à che modo si servaremo altramente?
- Lisistrata
- Noi vi servaremo.
- Preside
- Voi?
- Lisistrata
- Noi sì.
- Preside
- La non glie và questa cosa.
- Lisistrata
- Ma tutta via bisogna perder tutto ciò.
- Preside
- Per Cerere non mi pare '1 dovere.
- Lisistrata
- E da esser conservato ò fratello.
- Preside
- .Anchor che non habia di bisogno?
- Lisistrata
- Per amor di questa cosa molto piu.
- Preside
- Voi donde havete mai havuto cura de la guerra e de la pace?
- Lisistrata
- Te lo diremo.
- Preside
- Dillo dunque tosto, se non vuoi piangere.
- Lisistrata
- Odi adunq;,e sforzati di tener le mani a te.
- Preside
- Ma non posso, perche è cosa difficile per l'ira, tenerle à se.
- Lisistrata
- Tu piangerai dunque molto piu.
- Preside
- Questo pur o vecchia crocitarai à tè medesima.
- Et dimi tu un poco.
- Lisistrata
- Cosi farò. Noi ne la guerra e ne'l tempo passato sostenevamo per nostra temperanza voi huomini; di ciò che haveste fatto, che non permettevate mica che noi citissimo, onde non ne piacevate. Ma havevamo ben gli occhi à dosso à voi, e sendo noi spesso di dentro, habiamo udito voi à consultarvi mal d'una certa gran cosa. Poi di mala voglia sogghignando di dentrò vi addomandarò: che consiglio havete voi fatto de le tregue, d'attaccarle hoggi à la colonna avanti a'l popolo? Che t'appartienti questo? (dice quell'huomo.) non tacerai? Et io taceva.
- Un altra donna
- Et io non havrei mai taciuto.
- Lisistrata
- Et havresti dunque pianto, se non havesti taciuto. Però adunque io taceva. Un'altro certo piggior consiglio havemo pur udito da voi. Poi domandavano, à che modo havete fatto questo cosi pazzamente ò huomo? Et egli subitamente guardandomi con un occhio intorto, diceve se non filarò il stame, piangerai stracciandoti la testa, e la guerra è à cura à gli huomini.
- Preside
- Bene egli dice, per Giove.
- Lisistrata
- A che modo bene ò sventurato, se non era lecito à noi darvi consiglio, consultandovi voi male? quando poi de voi ne le vie gia manifestamente udivamo, non è huomo ne'l paese per Giove, veramente non alcun altro dopo questo à noi è paruto servar la Grecia, coadunate insieme le donne: mò ove bisognava aspettare? Se vorrete adunq; ubidir à noi
- che diciamo cose buone, et iscambievolmente tacemo, come anchor noi, vi corregeressimo.
- Preside
- Voi noi? cosa grave dici bene, et non da esser gia tolerata da me.
- Lisistrata
- Taci, taci ò malvagio.
- Preside
- Ch'io tacia?
- Lisistrata
- E piglia un poco questi coprimenti à torno à la testa.
- Preside
- A ciò che hora non viva.
- Lisistrata
- Ma se questo t'impedisce, piglia questo coprimento da me, et tientilo, e circondatil'à torno à la testa. E poi taci. E questo cavagnuolo, e fila sottocinto, rodendo fave. E la guerra poi sarà à cura à le donne.
- Coro de le donne
- Tolletevi ò donne via da i secchij, à ciò che particolarmente soccorriamo anchora noi à le amiche, che io non mi stancherei mai à saltare e ballare, ne la stanchezza mi pigliarà i genocchi faticosi. Et voglo mettermi ad ogni cosa con queste, che sono causa de la vertù. Che hanno ingegno, ch'hanno grazia, ch'hanno audacia, ch'hanno sapienza, ch'hanno vertù prudente amica à la cità. Ma ò venite con ira da le nutrici fortissime e da le madrecine ortiche, venite con ira, e non mitigatevi, perche ancora correte à segonda.
- Lisistrata
- Et se pur il dolce amor e la Ciprigna Venere gli inspirarà il desiderio di noi iscambievole, ne i petti e ne le cosse, e gli ingenerarà la distension de'l membro grata e dilettosa à gli huomini, e
- duro com'è un bastone: penso una volta che noi, disfatrici de la guerra, saremo chiamate frà i Greci.
- Preside
- Che cosa haverete fatto?
- Lisistrata
- Se faremo cessar prima con l'arme i compratori e i pazzi, per Venere Pafia. Perche adesso in verità cò le olle e cò le herbe vanno per la piazza con l'arme à guisa de Coribanti.
- Preside
- Per Giove, cosi bisogna à gli huomini gaiardi.
- Lisistrata
- Tutta via la cosa è pur da ridere,quando havra'l scudo e la Gorgone e poii comprarà pesceti piccioli.
- Un'altra donna
- Per Giove io hò pur visto un'huomo à cavallo con la bella zacciara, governator de'l suo popolo e tribu, et un altro di Tracia che squassava 'l scudo e 'l giacolo come Tereo: haveva paura di quella che vende i fighi, e mandava giu i fichi ben maturi.
- Preside
- A che modo adunque voi potete sedar molti turbati travaglij ne i paesi, e disfarli?
- Coro
- Molto facilmente.
- Preside
- Mostralo.
- Coro de donne
- Si come d'una involgitura di filo, quando ne sarà intricata e turbata, pigliamo, et tiriamo giu à i fusi una parte in quà l'altra in là: cosi anchor questa guerra disfaressimo, se alcuno lo comportasse, distraendo per legazioni, parte in quà, parte in là.
- Preside
- Per lane adunque et involgiture e fusi pensate ò
- pazze di sedar cose gravi?
- Lisistrata
- E pur voi, s'haveste qualche intelletto, da le nostre lane v'amministrareste ogni cosa.
- Preside
- Mò a che modo? fa ch'io lo vega.
- Lisistrata
- Prima bisognava ben, si come un garzetto di lana ne la lavatura quelli che lavano la sporchezza de la lana fuor de la cità, bastonar ne'l letto i ribaldi, et ammazzar quegli de la compagnia, e pettinar quelli che fanno cospirazione e che s'uccidono tra loro, e strassinarli ne i magistrati, e stirparli via la testa. Poi filarli in un cestelletto tutti à la commune benivolenza, immescolandogli i cohabitanti. E se alcon forastier sarà tra voi, e se alcuno è debitore à la Repub. anchor questi immeschiarli. E per Giove anchora la cità, quanto sono colonie di questa terra, ad esser conosciute, perchè havemo queste avanti come disvolgiture di filo, separatamente ciascuna cosa, e poi da tutte queste torremo la involgitura de'l filo, per adunarlo quà, e congregarlo insieme, e poi faremo il giro grande, e poi da questo popolo intesseremo una vesta.
- Preside
- Non è dunq; cosa ingiuriosa che costor invenghino et involgino questo, che non hanno mai havuto partecipazion de la guerra?
- Lisistrata
- Non dimeno ò ribaldissimo piu che'l dopio esso portiamo. Primieramente partorendo e mandando fuora figlij armati.
- Preside
- Taci non t'arricordar de le'ngiurie.
- Lisistrata
- Poi quando bisognava che noi stessimo alegre per
- goder de la nostra gioventù, sole dormiamo per le ispedizion de la guerra, poi lasciate star il nostro travaglio: De le donzelle poi che s'invecchiano ne le camere me ne doglio.
- Preside
- Non s'invecchiano anchor gli huomini?
- Lisistrata
- Non per Giove, ma non hai detto una si fatta cosa. Perche se vien uno ben che sia canuto, incontanente hà tolto per moglie una giovanetta donzella. E de la femina breve è 'l tempo, e se non si piglia la occasione, non vi è niuno che la voglia per moglie, et ella aspettando consuma 'l suo fior de la giovanezza.
- Preside
- Ma qual è quello che hà possanza d'incitar Venere?
- Un'altra donna
- Tu poi che hai imparato qualcbe cosa, non finisci il corso de'l viver tuo? egli è tempo, compra il manico. Et io à man à mano impasto una fugazza co'l miele. Piglia questo, e sia incoronato. E ricevi questo da me, e recati questa corona. Di ch'hai bisogno? che desideri? vien ne la nave, Charonte ti chiama, e tu lo vieti partirsi.
- Preside
- Poi non è cosa molesta ch'io patisca questo? sì per Giove, ma andarò à farmi veder palesamente à i presidi de'l senato, à che modo io stò.
- Coro de gli huomini vecchii
- Non piu bisogna dormire chiunque è libero, ma instiamo ò huomini à questo travagliamento. Per ciò che queste cose a me paiono sentir piu assai e magiori affanni, e sopra 'l tutto odoro 'l signoreggiar d'Hippia, e ben
temo, che alcuni de Lacedemonij de quelli huomini, che sono venuti insieme da Clistene, non habbiano menato femine inimiche de gli dij con inganno d'occupar i nostri danari, e la mercede anchora, donde io viveva. egli è una gran vergogna certo, e cosa da non sofferir,che queste citadine n'ammoniscano, e che queste feminuccie parlino di combattere, e che à noi appartenga farsi amice à gli huomini Laconici, à quali niente è da dar fede, se non ad un lupo, ch'hà aperta la bocca. Ma questo hanno intessuto à noi gli huomini à la Tirannia, ma contra di mè non essercitarano mica la tirannia, perche me ne guardarò, e portarò la spada de qui inanzi in un ramo di mirto. e la comprarò ne le arme à guisa d'Aristogitone, e cosi me ne starò presso di lui. per ciò che esso lui mi dà causa di battere, e dar su la mascella di questa vecchia inimica de gli dij, che la madre non conoscerà già loro ne l'intrar in casa. Ma poniam giu ò care vecchiette, in terra queste cose. perche noi ò citadine cominciamo ragionamenti utili à la cità, e meritamente, perche nobelmente m'ha nutrita, facendomi haver buon tempo. quando era di sette anni, immantinente filava de la lana, poi la mollecinava di diece anni et essendo principale, cadutami la gialla veste era un'orsa ne i Brauronij, et era una di quelle che portavano 'l canestro, bella donzelletta, et haveva ua una colana di carice. Non fono io obligata dar qualche buon consiglio à la cità? E se son nasciuta femina, di questo non m’habiate invidia, se portarò anchora miglior cose à le cose presenti, havrò però participation de’ l tributo, per ciò che mando fuora gli huomini. mà voi sventurati vecchij non havrete parte, perchè havete la detta portion de l’avolo di Media, poi quando havrete speso, non conferete insieme i tributi. ma habiamo pericolo oltre à ciò che da voi non siamo distrutte. che cosa havete di farvene beffe? ma se mi darai molesta niuna, con questa calza dura ti darò una mascellata.
- Preside
- Non sono questi negotij molto ingiuriosi? Et parmi che s’accrescerà la cosa, hor’è da vindicar negotio da quelli che han li testimonij.
- Coro
- de huomini vecchij. Hor poniamo giu la vesta, perche bisogna che l’huomo hormai senti che habià de l’huomo,ma non è bisogno che stia involto ne la paglia. Horsu Lupipedi, i quali andassimo à Lipsidrio, quando vi erano anchora. adesso, adesso bisogna ringiovenirsi, et elevar tutto ’l corpo, e sciogliere sen()ttu. se alcuno de voi darà una picciol’ ansa à costoro, elle non lasciaranno i doni ricchi de la amministration publica, ma anchora faranno navi e usciranno però à combattere con guerra navale et navigare contra di noi, come Artimisia moglie de’l Rè di Caria andava ne la battaglia: e se convertiranno sè à l’arte, l’elegero cavallieri: imperoche la donna è una cosa meglio equestre, e agreste, e non morirà correndo. Hor guarda le Amazone, lequali Micone ha piu che combattuto à cavallo con gli huomini. ma bisognaria acconciarli tutti in un forato legno con la coppa.
- Coro delle donne.
- Per le dee se mi eccitarai, io hormai aprirò fuora il mio porco, et hoggi ti farò gridare e chiamare tutti i vicini sendo lacerato. et noi ò donne spogliamosi presto à ciò che pariamo crudelmente accoracciate. Me ne vado, qualch’uno venga, che mai mangij aglio ne fava negra. però che se tanto maledirai (molto mi adiro) come scarabeo nutricarò te aquila partoriente.
- Un’altra donna.
- Non mi curerei ponto di voi, se Lampitò fusse viva, e Ismenia Tebana cara giovane nobile. non ti saranno già le forze, nanche se fosti per deliberar tanto sette volte, ilquale ò misero sei odioso anchora à i vicini. onde e heri facendo io festa ludiera à Hecate chiamai da la vicinanza una bella giovane amica à i giovani, e grata anguilla da li Beotij. elli hanno detto che non la vogliono mandare per i toi decreti. et mai cessareste da li decreti, nanti che alcuno pigliandovi per una gamba vi precipiti e facciavi romper la testa. o principe di tal facenda e consiglio, perche sei uscita gramma fuor di casa?
- Lisistrata
- L’opere de le male donne, e la donesca mente mi fanno andar mal contenta di sopra e di sotto.
- Un’altra donna
- Che dici, che dici?
- Lisistrata
- Il vero, il vero.
- Un’altra donna
- Che ti noia, dillo à le tue amiche.
- Lisistrata
- Stà male à dirlo, e è grave à tacerlo.
- Un’altra donna
- Non mi scondere che male havemo patito.
- Lisistrata
- Desideriamo haver la cosa, onde senz’alcuno giro de parole ti parliamo.
- Un’altra donna
- O Giove.
- Lisistrata
- che dici ò Giove? la cosa sta così. io certamente non piu le posso separare da gli huomini, perche fugono. hò trovata costei prima che divideva il forame, dove è la chiesia di Pan, un’altra con una ruota discesa giu, per una corda, un’altra che spontaneamente fugiva, l’altra che s’imaginava di volare giu in modo d’una passera l’ho strassinata ne i capilli di Orsiloco patrone, et pigliano ogni occasione, che se partino per andar à casa. hor viene una di costoro, dove corri tu quella giovane?
- Donna
- Voglio gir à casa, che hò à casa lane Milesie rosigate da le tignole.
- Lisistrata
- Da che tignole? non anderai in dietro?
- Donna
- Ma venirò presto per le Dee, in tanto quanto t’estendi per il letto.
- Lisistrata
- Non t’istendere, ne andar in nessun loco, ma lascia andar in mal’hora le lane, se questo bisogna.
- Altra donna
- Misera me, misera, ch’io hò lasciato il lino à casa senza scaglie.
- Lisistrata
- Quest’altra vien fuori à’l lino senza squamme, va via.
- Donna
- Per la luna io me ne tornaro subito poi che l’havrò scorticato.
- Lisistrata
- E nò, è no ’l scorticare, se questo comminciarai tu, un’altra donna vora far il simile.
- Altra donna
- O honoranda Lucina vietami da ’l parto, fin ch’io me ne vado in uno santo luogo.
- Lisistrata
- Che cianci tu?
- Donna
- Presto presto parturirò.
- Lisistrata
- Non havevi già hieri il ventre.
- Donna
- Hoggi hò il ventre. ma lasciami pur andar à casa prestissimamente, ò Lisistrata à la comare.
- Lisistrata
- Che parole dici? che durezza hai qui?
- Donna
- Un fanciullo maschio.
- Lisistrata
- Non per Venere, non tu certo, ma pare che habij non sò che concavità di metallo. saperò ben’io ò faccia da ridere se io hò questa celata sacra. dicevi tu che eri gravida?
- Donna
- Et son anche gravida per Giove.
- Lisistrata
- Perche hai dunque la celata?
- Donna
- Se ’l parto mi occupasse ne la cità, parturirei ne la celata andandoli sopra come fanno le colombe.
- Lisistrata
- Che dici? escusi manifeste cose? non aspetterai
le feste de la natività de la celata?
- Altra donna
- Non posso n’anche dormire ne la cità, poi che molti dì fà vidi un serpente domestico.
- Altra donna
- Et io da le civette muoro, sempre, che ne le vigilie gridano.
- Lisistrata
- o desgratiate lasciate le mostruose baie: forsi siderate gli huomini, e pensate che noi altre gli desideriamo,che sò bene che trappassano difficilmente le notti: ma sopportate ò sorelle, e un poco di tempo tolerate, imperò che l’oraculo è per noi, che vinceremo, se non faremo seditioni, e questo è l’oraculo.
- Al.d.
- Dimmilo, che dice?
- Lisistrata
- Tacete. Quando le rondini per paura in uno solo luogo fugiranno, fugendo le bube, et s’asteneranno da li faleti, pochi mali saranno, et l’altitonante Giove meterà di sotto le cose di sopra.
- D.
- Staremo di sopra noi?
- Lisistrata
- Et se cessaranno le rondini e voleranno via fuor de’l sacro tempio, non più si vedrà n’anche una sola ucellina essere piu impudica.
- co. de d.
- Veramente ò dei tutti l’oracolo è manifesto, ne noi cessiamo, toleriamo, ma entriamo: è cosa turpe questa certamente ò care voi, se manifestiamo l’oracolo.
- Co de gli huomini.
- Vi voglio dire una certa novella, che udij io, sendo giovenetto. Era un certo giovane chiamato Melanione, il quale non volendo maritarsi andò a stare in luoghi solitarij, e abitava ne i monti, e pigliava lepori cacciando e stendendo reti, e haveva un cane: e mai ritornò a casa per l’odio che portava à le donne, et così le riffiutò. e noi niente manco siamo prudenti di Melanione.
- Co. de d.
- Ti voglio basciare ò vecchia, sò che non mangi cipolle.
- Coro de huomini
- Et inalzando le gambe cò i calzi.
- Coro de donne
- Tu porti una grande imboscata.
- Coro de huomini
- Et Mironide era aspera, cò ’l cul nero a tutti gli nemici,e così anche Formione.
- Coro de donne
- Anchor’io voglio iscambievolmente contarvi un’alta novella di Melanione. Un certo Tinione era rigido, havendo piena la faccia de spini inaccessibili, appendice da le furie, il quale se n’andò per odio havendo detto male de molti huomini, così iscambievolmente à la vostra, egli odiava molti sciagurati huomini sempre mai, et à le donne era carissimo. Vuoi che ti pianti un massellone?
- Coro de huomini
- A la fè non hò paura di te.
- Coro de donne
- Ti darò su le gambe.
- Coro de huomini
- Tu mi mostrarai la filippa?
- Coro de donne
- Non dimeno la vederesti, benche sindo io vecchia, quella è barbuta, pur à la lume hà hauta la pelaruola.
- Lisistrata
- Oime, oime donne venite quà da me presto.
- Donna
- Cbe gliè? dite, che gridore è questo?
- Lisistrata
- Vego un huomo impazzito che viene, intiato ne li sacri di Venere.
- Altra donna
- O honoranda dea che signoregi Cipro e Citeri, e Pafo vien per la diritta via,ne la quale sei su.
- Donna
- Dov’è egli voglia che si sia?
- Lisistrata
- Presto a’l luoco de l’herba: ò per Giove gliè certo, chi è colui? vedetelo, lo conosce nessuna di voi?
- Mirrhina
- Io si per Giove, egli è il mio Cinesia.
- Lisistrata
- saria di tuo ingegno cruciarlo, voltarlo,ingannarlo, amarlo e non amarlo, e sostenir’ ogni cosa eccetto quelle, de le quali il calice n’è consapevole.
- Mirrhina
- Veramente io ’l voglio fare.
- Lisistrata
- Et io spettandolo qui, l’ingannerò, et insieme il crucierò,ma partitevi.
- Cinesia
- Oime infelice che convulsione mi piglia, et che rigore,come s’io fusse cruciato su la ruota?
- Lisistrata
- Che guardiano è quello chi è dentro?
- Cinesia
- Io.
- Lisistrata
- Homo?
- Cinesia
- Homo certamente.
- Lisistrata
- Non ne anderai fuora d’i piedi?
- Cinesia
- Tu che sei, che mi vuoi cacciar via me?
- Lisistrata
- Ispiona e custode gia tempo assai.
- Cinesia
- Per amor di Dio chiamami qui Mirrina.
- Lisistrata
- Ecco ch’io te la cbiamo, et tu che sei?
- Cinesia
- Suo marito Peonide Cinesia.
- Lisistrata
- O Dio ti conservi carissimo, il tuo nome non è senza gloria appo noi, ne plebeio, che sempre tua moglie te hà in bocca et se l’haverà un ovo, ò un pomo, ella dice, vorrei che Cinesia havesse questo.
- Cinesia
- 0 di gratia.
- Lisistrata
- Per Venere et se qualche parlar sia à noi intravenuto da gli huomini, tuo moglie dice subito, che sono baie l’altre cose a rispetto di Cinesia.
- Cinesia
- Horsu chiamala un poco.
- Lisistrata
- Che mi darai tu?
- Cinesia
- Per Giove se la chiamarai, quello ch’io ho, te lo daro.
- Lisistrata
- Andando giu la chiamerò adesso.
- Cinesia
- Presto pregoti chiamala, ch’io non hò gratia di vivere, poi che ella è venuto fuor di casa. Mi doglio entrando in casa, et ogni cosa mi pare abandonata, et non conosco nissuna gratia à i cibi, per che le son diritto.
- Mirrhina
- Io gli voglio bene, io gli voglio bene, ma non vuole da me esser amato, et tu non mi chiamare ad esso lui.
- Cinesia
- O dulcissima Mirrinella perchè fai questo? vien quà giu.
- Mirrhina
- Non per Giove ch’io non venerò costà.
- Cinesia
- S’io ti chiamo,non uenirai giu Mirrina?
- Mirrhina
- Di niente havendo bisogno, tu mi chiami.
- Cinesia
- Chio non hò bisogno,anz’io son morto.
- Mirrhina
- Anderò via.
- Cinesia
- E n’anche vuoi obedire a’l figliuolo? non chiami tu ò la, la tua mamma?
- Fanciullino
- Mamma, mamma, mamma.
- Cinesia
- O tu che fai? non hai misericordia de’l fanciullino che non è lavato, ne lattato gia sei di.
- Mirrhina
- Certo ne hò compassion, ma suo padre gli è negligente.
- Cinesia
- Vien giu ò buona femina per il fantolino.
- Mirrhina
- Come à partorire bisogna venir giu.
- Cinesia
- Che degio fare? costei piu giovane mi pare esser fatta, et piu alegramente mi guarda, et ver me fastidiosamente si diporta, e si leva in soperbia. Questo è quello che mi ammazza di desiderio.
- Mirrhina
- 0 soavissimo tu figlioletto d’un male et cattivo padre, hor ch’io ti voglio basciare ò dolcissimo con questa tua mamma.
- Lisistrata
- Cbe fai cosi misera tu? obedisci à le altre donne. mi dai dolore.
- Cinesia
- Costei mi noia.
- Mirrhina
- Non mi toccare,che quelle cose che sonno in casa et mie et tue, pegioremente le tratti.
- Cinesia
- Poco n’hò io cura di quelle.
- Mirrhina
- Hai poca cura de la casa strassinata da le galine?
- Cinesia
- Per Giove le cose sacre di Venere non sono celebrate da me con teco per tanto tempo, non venirai?
- Mirrhina
- Non per Giove, nò in verità, se non sarete riconciliatim et cessarete da la guerra.
- Cinesia
- Dunq; se gli parerà, anchora io v’anderò, e certo lo ho giurato. di gratia sta un poco meco per un pezzetto.
- Mirrhina
- Per certo non voglio, non dimeno mai dirò ch’io non t’ami.
- Cinesia
- Tu mi ami? perche dunque non vuoi esser meco Mirrinetta mia?
- Mirrhina
- 0 che sei da sprezzare cò ’l fantolino.
- Cinesia
- Non per Giove. ma portalo à casa ò matta, eccoti il fantolino nati à i piedi, et tu non voi star meco?
- Mirrhina
- Qual è quel tristo che facesse questo?
- Cinesia
- Dove è questo bello di Pan.
- Mirrhina
- In che modo anderia su io casta e pura ne la rocca?
- Cinesia
- Benissimamente per Dio lavata cò l’horologio da l’aqua.
- Mirrhina
- Havendo giurato, certamente giurarò falso ò meschino.
- Cinesia
- Il toglio sopra di me, non ti curar de’l giuramento.
- Mirrhina
- Horsu degio portare il nostro letticello?
- Cinesia
- Non, che ne basta à star in terra.
- Mirrhina
- Per Apolline, non voglio che stij in terra, quantunque sei cosi fatto.
- Cinesia
- Hor mi vuol bene mia moglie, e cosi dimostra.
- Mirrhina
- Ecco gettati giu frettandoti, ch’io mi spoglio, nondimeno voglio portar una stuora.
- Cinesia
- Qual stuora? a me nò.
- Mirrhina
- Per Diana è cosa turpe sopra il vinculo del letto.
- Cinesia
- Lasciami basciarti.
- Mirrhina
- Ecco.
- Cinesia
- Oime vien presto di gratia.
- Mirrhina
- Ecco la stuora, gettati giu, ch’io mi spoglio, e pur non hai il piumazzo.
- Cinesia
- Non ho bisogno di nulla.
- Mirrhina
- Per Giove, ma io.
- Cinesia
- Certamente ò Hercule questa bestia si diporta forestiermente. levati, salta su.
- Mirrhina
- Io hò gia tutto.
- Cinesia
- Tutto certo? ò cuor d’oro.
- Mirrhina
- Mi spoglio il petturino: ricordati non m’ingannare in quello che m’hai promesso.
- Cinesia
- Per Giove nò, possio morire.
- Mirrhina
- Non hai la coltra?
- Cinesia
- Non certo, ne anche n’hò bisogno, voglio pur far quella faccenda.
- Mirrhina
- La farai per dio,ch’io vengo presto.
- Cinesia
- L’huomo mi rovinerà per queste coltre.
- Mirrhina
- Inalzati.
- Cinesia
- Questo è ben diritto.
- Mirrhina
- Vuoi cbe t’inunga e profumi?
- Cinesia
- Non per Apolline, non di certo.
- Mirrhina
- Per Venere, se vuoi, e se non vuoi.
- Cinesia
- Postu spander l’onguento, ò signor Giove.
- Mirrhina
- Porgimi la mano, et piglia et ungiti.
- Cinesia
- Non è sovave l’onguento, non questo per Apolline, è se non tardativo e non sente di nozze.
- Mirrhina
- Misera me ch’o hò portato il Rodioto onguento.
- Cinesia
- Bono. Lascialo stare ò misera.
- Mirrhina
- Mi dai la baia havendolo.
- Cinesia
- Poscia morire malamente, che hà fatto questo onguento.
- Mirrhina
- Piglia quest’alabastro.
- Cinesia
- N’hò io un’altro, sta giu matta, et non mi portar nulla.
- Mirrhina
- Questo facio per Diana, et io mi scalzo, ma ò carissimo delibera che si pattegi.
- Cinesia
- Deliberarò. mi hà rovinato et afflitto mia moglie e in ogni cosa, e spogliandomi s’è fugita. Oime che degio far? quale chiavarò io? ingannato da la più bella di tutte, in che modo allevarò io costei à guisa d’un fanciullo? dov’è Volp’ocha? pigliami a nollo una rebeba.
- Coro de vecchij
- Da gran male sei afflitto ne l’animo et ingannato, et io compassionisco di te, oime, oime.
come le rene gli debono esser dure, et che anima, et che testicoli? che lombo, che diritta coda, et che non si muove la mattina?
- Cinesia
- 0 Giove grandi spasmi.
- Coro de vecchij
- Costei sciaguratissima, e sceleratissima e’ gli ha lasciato in dono.
- Cinesia
- Non per Giove,e anzi ella mi è cara e dolcissima.
- Coro de vecchij
- Che dolce? ella è scelerata, scelerata, in vero ò Giove, ò Giove, la potresti pur havere che intorchiandola et involtandola come uno sacco di paglia, con grande accoracciamento e fiamma la porta resti via, et la traeresti e gettaresti giu, onde’lla piglieria una stossura in terra, poi un’altra volta la ti circuiria il membro.
- Prec.
- Dove è il senato d’Athene? ò Pritanesi, voglio canzonar non sò che di nuovo.
- Preside
- Tu che sei? sei huomo, ò satiro?
- Prec.
- Son io il precone, ò huomo da bene per li dij, son venuto da Sparta per i patti.
- Preside
- E porti l’hasta sotto la lascena?
- Prec.
- Non per Giove, non io per certo.
- Preside
- Dove ti volgi? che ti metti la veste denanti? hai male à i testicoli? per la via?
- Prec.
- Gia non so quanti di se mi sono infiati per Castore.
- Preside
- Sei incitato ne la libidine huomo sciaguratissimo.
- Prec.
- Non per Giove, non io certo, non fallar piu.
- Preside
- Che egli è dunque?
- Prec.
- Scitala Laconica.
- Preside
- Se pur è Scitala Laconica. hor dimi, ogni modo
- il sò, che cose sono quelle vostre da Lacedemone?
- Prec.
- Tutta Lacedemone è diritta à la Venere, et tutti i compagni le sono incitati e dediti, gli bisogna una Pallene.
- Preside: Onde v’è nasciuto questo male? da Pan?
- Prec.
- Nò. ma credo fusse il principio Lampitò, poi le altre donne che sono in Sparta, le quali scacciavano da una donna gli huomini da le feminili vergogne.
- Preside: Come state dunque voi?
- Prec.
- Siamo dentro fin’ à gli occhij. andiamo per la cità come se portassimo la lume gobbi et inchinati, le donne le vergogne non si lasciano toccare, fin che non faremo tutti patto à la Grecia con una oratione.
- Ateniesi
- Questa cosa è congiurata in ogni luoco da le donne, ben il conosco, hor parla prestissimamente d’i patti de mandar quà legati che habiano autorità libera. Et io dico che bisogna elegere a’l Senato altri legati, mostrandoli questo membro.
- Coro di donne
- Voglio,imperò che dici tutte cose ottime.
- Coro di huomini
- Nessuna bestia è piu inespugnabile de la donna, ne’l fuoco, ne alcuna par da impudente.
- Coro di donne
- Hai questa openione, et fai guerra? dimi, è lecito à me haver una amica ferma?
- Coro di huomini
- Io non cessarò mai d’haver in odio le donne.
- Coro di donne
- Ma quando vorrai non ti rifiutarà sendo cosi nudo, imperò che io vego quanto sei da esser bertegiato, ma io venendo ti vestirò d’una veste.
- Coro di huomini
- Per Giove non, non havete fatto male, ma per la mal'ira, et alhora son spogliato.
- Coro di donne
- Primamente mi pari un'huomo, poi non da sbeffegiare, et se non mi fascesti dispiacere, io pigliandoti in presenza tua sta bestiola te l'haveria tolta, la quale adesso hai.
- Coro di huomini
- Questo era che mi affligeva, l'anello, sbattilo fuori, poi mostralomi, che per Giove mi mordeva gli occhij.
- Coro di donne
- Farò io ogni cosa, quantunq; sij stato huomo difficile, certo t'è licito à vedere una gran cosa ò Giove de culici: non la vedi tu? non è questa una cianciala Tricorisia?
- Coro di huomini
- Certamente mi hai giovato, che gia molto tempo mi cavava come un fosso: onde poi che egli è cavato fuora, molte lachrime mi scorrono.
- Coro di donne
- Ben te le forbirò io, benche sei misero, et ti basciarò.
- Coro di huomini
- Non mi basciare.
- Coro di donne
- Se vuoi ò non vuoi.
- Coro di huomini
- Ma non venite à le hore, perche sete adulatrici naturalmente. et quella parola è detta bene et non male ne con perditissimi, ne senza perditissimi, ma fo con teco pace per adesso, e non mai piu. ne farò mal nessuno, ne sarò punito da voi, ma congregati insieme mettiamosi à cantare.
- Coro di donne
- Non siamo per dir male de citadini ò huomini, ma piu presto il contrario per dirne ben et farlo, che gia molti mali et passati sono. ma ogni huomo
- mo e donna avisi se gi bisogna alcun denaretto che haverà due ò tre mine, che molte ne sono dentro, et havemo le borse. et s’apparerà alcuna volta la pace, ciascuno che haverà tolto in presto da noi, non piu lo renda. siamo per allogiar certi forastieri Caristij huomini accostumati et da bene, et egli è una polenta di fava: haveva io un porchetto anchor sotto la tetta, et l’hò ammazzato, onde havete carni molli et delicate? Venite hoggi con meco. sta mattina per tempo bisogna farli lavare et far venire questi, e i giovanetti, ne di nulla interrogarli n’anche pur uno, ma venir à la presentia generosamente come ne la sua istessa casa, e forsi le porte saranno chiuse.
- Coro di huomini
- Non dimeno questi legati vengono di Sparta poliendosi la barba, come una pertica che habiano fin’ à le parti vergognose. Dio vi salvi Laconi. dicete, come state?
- Laconi
- Cbe accade dir tante parole? bisogna vedere in che modo stemo sendo venuti.
- Coro di huomini
- Questa calamità è fermata grandemente, scaldata pegior appare.
- Laconi
- Inesplicabili cose, che potrà dir alcuno. ma veruno andando dove vuole ne ordini la pace.
- Coro di huomini
- Non dimeno vego questi huomini di quella terra luttatori, farsi su la cappa, tal che appari l’essercitatoria cosa de’l male.
- Atheniesi
- Che ne saperia dire, dove è Lisistrata? che non siamo quelli huomini.
- Coro d'huomini
- Et quest'& quell'altro è costante à questo male. vi piglia il spasmo ne la mattina?
- Ateniesi
- Non per Giove, se questo facessimo saressimo spediti, e rovinati. onde se alcuno prestamente non ne racconcilia, non si teneremo che chiavaremo Clistene.
- Coro d'huomini
- Se havete mente, torrete su la cappa, à ciò che alcun' Hermocopida non vi vega.
- Ateniesi
- Per Giove ben dici.
- Laconici
- Per i dei, horsu mettiamosi la cappa.
- Ateniesi
- Dio vi salvi Laconici, havemo noi patito cose turpi.
- Laconici
- O cose gratiose. noi haveressemo patito anchor noi gran cose, se gli huomini n'havessino veduti à menare le bestie.
- Ateniesi
- Horsu Laconici, bisogna dir diffusamente, che sete venuti à far quà?
- Laconici
- Siamo legati d'i patti.
- Ateniesi
- Ben dicete voi, & noi il simile, che staimo à fare che non chiamiamo Lisistrata? la qual sola ne consolaria e conciliaria.
- Laconici
- Per i dei se volete Lisistrata.
- Ateniesi
- Ma non bisogna come parmi chiamar nissuno, che costei subito che hà udito, la vien fuora. Dio ti salvi ò fortissima de tutte, bisogna che sij costante, da bene, severa, lusinghevole, per provar à molte guise: impero che i primi de Greci pigliati da le tue carezze sono venuti da te, & insieme hanno commesso ogni strasordine.
- Lisistrata
- Non è difficil opra à chi conosce quelli che sono accoracciati e incitati à la Venere, et che iscambievolmente non l'han provata. presto io saperò dov'è il riconciliarsi. piglia li Laconici e menaneli non con mano molesta ò insolente. ne i nostri huomini ignorantemente facevano questo, ma famigliarmente come fariano le donne. Se non ti darà la mano, menali il zuco. Tu anchora fa venir questi Atheniesi: & con quella mano che ti daranno, guidali. Huomini Laconici venite quà da me, & udite. Son io donna & hò la prudenza. et io di me istessa non hò falsa openion, quanto à le parole di mio padre e d'i mei vecchij. havendo udite molte cose non son ammaestrata malamente, & havendovi trovati voi, meritamente e communemente vi voglio svilanegiare, e d'una aqua lustrale circonsparger gli altri come parenti ne li sacri Olimpici, ne li Pili, ne li Pitici. quanti altri ne potrei dire se'l vi bisognasse diffundermi? con l'essercito de nemici presenti Barbari havete morti & rovinati gli huomini Greci, e le cità. una sol'oratione mi finisce qui.
- Ateniesi
- Et io moro incitato e infiamato ne la libidine.
- Lisistrata
- Poi ò Laconici mi volgerò à voi, non sapete quando Pericle Lacone supplice à gli Ateniesi per altro tempo se ne venne quà, pallido, à gli altari, vestito di scarlato, e domandando l'essercito? e Messinia alhora vi era sopra, e'l dio insieme squassandovi. e Cimone andatosi con quattro milia pedoni,
- servò tutta Lacedemone. Havendo voi patito questo da gli Ateniesi, guastateli la regione, da la quale havete tanto sofferto, e tolerato.
- Ateniesi
- Costoro fanno ingiustamente ò Lisistrata.
- Laconici
- Ingiustamente sì. ma il tomaso è inesplicabile e bello.
- Lisistrata
- Pensi tu che gli Ateniesi vi lasciaranno stare? non sapete quando i Laconici, portando voi le servili vesti, venero, e con lancie ammazzorno molti huomini Thessagliani? e loro soli dandosi agiuto liberarono in quel solo di molti altri Hippij e compagni, & in vece di pallio servile, vestirono di clamide il popolo vostro.
- Laconici
- Mai vidi piu eccellente donna.
,;Ateniesi: Et io mai nissuna panza piu bella.
- Lisistrata
- Che dunque guerregiate sendovi tanti e boni beneficij? che non cessate da la malvagità? e che non vi reconciliate? horsu che v'impedisce?
- Laconici
- Noi volemo, se pur alcun ne darà il pallio rotundo.
- Lisistrata
- Qual'ò bon compagno?
- Laconici
- Pilo, si come l'havemo dimandata.
- Ateniesi
- Non per Giove, non farete questo.
- Lisistrata
- Lasciala à loro huomo da bene.
- Ateniesi
- E poi quale moveremo?
- Lisistrata
- Domandatene un'altra cosa.
- Ateniesi
- Datene dunque Echinonte,e poi il seno Meliese, e le gambe Megarice.
- Lisistrata
- Non per i dei, non tutto ò huomo da bene.
- Laconici
- Lasciatelo. non disputar niente de le gambe.
- Ateniesi
- Hor voglio arare nudo e spoliato.
- Laconici
- Et io stercorar la terra primamente per li Dij.
- Lisistrata
- Poi che sarete conciliati, & haverete fatto i patti farete questo. & se vi pare far questo, consigliatevi e andate a communicarlo cò i compagni.
- Ateniesi
- 0 tu con che compagni? siamo incitati da la libidine. non pareranno qeulle istesse cose à i compagni nostri, d'haver à far con tutte? per i dei, à li nostri.
- Ateniesi
- Per Giove, à i Caristij.
- Lisistrata
- Ben dicete. dunque à ciò che castamente vi diportiate, & che noi donne vi allogiamo ne la cità con quello che havemo ne le ciste, datevi il giuramento e la fede iscambievolmente, e poi ogniuno pigliandosi sua moglie se n'andarà.
- Ateniesi
- Ma andiamo tosto tosto.
- Laconici
- Horsu come vuoi?
- Ateniesi
- Per Giove prestissimamente.
- Lisistrata
- De le varie vesti, e clamidi, e tunice scarlatine, e d'oro ch'io godo, non ho io invidia à farle havere e darle à questi giovenetti, che egli è mia figlia che di veruno sarà canestrifera. Dicovi à tutti voi che vi togliate dentro d'i mei denari. & niente è cosi serato che'l non possiate aprire, et pigliar di quelle cose che vi son dentro. Et nessuno vederà nulla, se alcun non vede più acutamente di me. & s'alcuno di voi non hà pane, & che nodrisca famiglij & moglie, figlioletti piccioli, io
- gli darò de le fette di pane quantunque sottili. il pane si pò vedere da la chenice molto grosso. ciascun dunque d'i poveri, che ne vuole, venga da me havendo sacchetti e scarselle, che gli darò del formento, et il mio Mane ce ne dara. Non dimeno non v'appropinquate à la mia porta, ma guardate il cane.
- Servo
- Apri la porta, non vuoi farti indietro? che state quì à sedere? volete che vi abbrugi con la facella? il luoco è molesto, non farei certo. ma se bisogna far questo, facendovi cosa grata, s'affligeressimo ogniuno.
- Coro
- Noi con teco s'affligeremo.
- Servo
- Non vi partirete? piangere che i capelli vi saranno islongati, non vi partirete? à ciò che i Lacedemonij da la parta piu dentro, se ne vaghino per riposo havendo mangiato.
- Ateniesi
- Non anchora io hò veduto tal convivio, & li Laconici han fatto galante, e noi ne'l vino siamoci stati compagni dolcissimi.
- Coro
- Benissimo. quando siamo sobrij, non siamo in cervello. Io persuadero gli Ateniesi dicendo. Sempre ebriachi cercaremo la legatione. pur adesso se in Lacedemone n'andiamo sobrij, subito se diamo meraviglia perche si turbiamo. però quello che dicono non udimo, che non dicono, il suspettamo. & annonciamo non quelle cose medesime de loro. Hor ogni cosa cosi è piacciuta, che s'alcuno cantasse di Telagone, saria de bisogno che
- egli cantasse di Clitagora. Haveressimo lodato, e giurato falso.
- Servo
- Hor tornano costoro un’altra volta à quella cosa medesima. Non andarete à le forche ò asini? per Giove anchora vengono fuori.
- Laconici
- Piglia homo da bene le tibie inflatorie, che io voglio ballare e cantare gentilmente à favore de gli Ateniesi e nostro.
- Ateniesi
- Piglia di gratia le tibie per li dij, ch’io m’alegro vedendovi à ballare.
- Laconici
- 0 Memoria incita la tua musa à i giovani la quale ben conosce voi e gli Ateniesi, quando elli assomiglianti à un Dio convincevano Artemisio à le cose honeste, & vinsero i Medi: & ne condusse noi Leonidi come porchi cinghiari agucciando penso il dente, e molta spuma m’andava giu per le gambe, & v’erano d’i Persi non mano numero che d’arena. ç salvatica Diana fericida vien quà virgine Dea à i patti, che ne ritegni noi per molto tempo. Et adesso e sempre l’amicitia sij abondante de patti, e liberiamoci da le accarezzevole volpi, ò vien quà, ò vieni cacciatrice Vergine.
- Lisistrata
- Horsu poi che l’altre cose stanno bene: menate via costoro ò Laconici, e voi queste altre. L’huomo stij apresso la donna, e la donna presso l’huomo, e poi per le bone fortune saltando e ballando à li Dij, sforciamosi per l’avenire non fallar piu, fà venir la compagnia, fà venir le gratie, e chiamane quà Diana, e fà venire ambe due le compagnie alegre,
- e Baccho, il quale trà le Menadi arde ne gli occhij, & è infiamato, e fa venire l’honoranda e beata moglie, e li Dij, i quali doperaremo per testimonij non isdomentichevoli ne la gran quiete, che n’ha fatta la Dea venere. alalè iè Peion, lievamosi su iè, come per la vittoria, iè euè, euè, euè, euè. Lacone vien fuora à la nuova, nuova Musa.
- Coro de Laconici
- O musa lascia un poco il desiderato Taigeto, vien ò Laconiese à celebrare in Amicle l’honorato dio Apolline e Minerva Calcieca, e i galanti fratelli Castor e Polluce, che combattono presso à l’Eurota. Eia entra di gratia, ò ia leggiermente squassandoti e ballando. O celebramo Sparta à cui sono à cura i chori de li Dei e ii ballore e muover de piedi. Le giovanette vergini presso l’Eurota crolanosi frequentemente, frettandosi cò i piedi, & le chiome si squassano, come de le Bacche che volgeno i Thirsi, & che ballano. Egliè presidente la santa figlia di Leda, speciosa e bella Capitania de la compagnia. Horsu acconciatevi la chioma con la lenza in groppo con la mano. salta cò i piedi come farebbe un cervo, e fà il plauso conveniente à la chorea, e celebra la Dea ottima Calcieca, e guerregiatrice.