Questo testo è stato riletto e controllato.
Questo testo fa parte della raccolta Poesie inedite (Pellico)


LA MENTE.





Conjungere Deo et sustine.

(Eccli. 2. 3).



E che importa ovunque gema
     Questa salma sciagurata,
     S’altra possa Iddio m’ha data
     4Che null’uom può vincolar?
          Della creta dagl’inciampi
     Esce rapida la mente:
     Più d’un tempo è a lei presente,
     8Cielo abbraccia e terra, e mar.

Io non son quest’egre membra
     Di poc’alito captive;
     Io son alma che in Dio vive,
     12Io son libero pensier.
          Io son ente, che, securo
     Come l’aquila sul monte,
     Mira intorno, e l’ali ha pronte
     16Ogni loco a posseder.

Invisibile discendo
     Or a questi, or a quei lari;
     Bevo l’aura de’ miei cari,
     20Piango e rido in mezzo a lor.
          De’ lontani veggio i guardi,
     De’ lontani ascolto i detti:
     Mille gaudii d’altrui petti
     24Mi riverberan nel cor.

Essi pur, benchè da loro
     Lunge sia mio seno oppresso,
     San che li amo, san che spesso
     28A lor palpito vicin:
          San che sol la minor parte
     Di me preda è degli affanni;
     San che l’alma ha forti vanni,
     32Che il suo vol non ha confin.

Lode eterna al Re de’ Cieli
     Che m’ha dato questa mente,
     Che lo immagina, che il sente,
     36Che parlargli e udirlo può!
          Morte, invan brandisci il ferro:
     Di che mai tremar degg’io?
     Sono spirto, e spirto è Dio;
     40Nel suo sen mi salverò.


Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.