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Questo testo fa parte della raccolta Poesie inedite (Pellico)


LA PATRIA.





In Deo faciemus virtutem

(Ps. 107. 14).



Oh dolce patria! oh come
Balza de’ forti il core al tuo bel nome!
Stimolo a generosi atti è desìo
Ch’ella in senno e virtù splenda felice:
La voce che nel dice,
6Voce è di carità, voce è d’Iddio!

     Ma tu che in fondo al core
Tutti gli arcani miei leggi, o Signore,
Tu sai che l’amor patrio, onde mi vanto,
Non è superba frenesìa di guerra,
Perchè di sangue e pianto,
12A nome d’equità, grondi la terra.

     Neppure a’ dì lontani
Quando me travolvean disegni insani,
Quando far forza ai casi ambito avrei,
Sì che a’ brandi stranieri onta tornasse,
Con chi gli altari odiasse
18Affratellato io mai non mi sarei.

     Veggio con ira e sprezzo
Color che tutto giorno osan, dal lezzo
Del vizio che li ammorba, alzar la destra,
E, brandendo il pugnal del masnadiero,
Chiamar cittadin vero
24Chi a lor perfida scuola s’ammaestra.

     Del santo patrio affetto
Gl’ipocriti son dessi! In uman petto,
Ove sì di pietà luce s’abbui,
Non arde fiamma di virtù sublime:
Son desse l’alme prime
30Che, s’uom pagarle vuol, vendono altrui.

     Amara esperïenza
Mostrommi ch’ove somma è vïolenza
Di feroce linguaggio, ivi s’asconde
Mal fermo spirto, prono a codardìa:
Sol l’alme vereconde
36Spiegan ne’ buoni intenti alta energìa.

     Fida a virtù la mente
Colui perchè terrìa che Iddio non sente?
Anco in età pagane i veri forti,
Che opraron per la patria atti mirandi,
Chiedeano al ciel le sorti,
42E per religïon divenian grandi.

     Ad onorar l’avita
Terra chi meglio di Gesù ne invita?
Di Gesù che ne impon fraterno amore!
Che ne impon di giustizia ardente zelo!
Che accenna premio il cielo
48A chi pel comun ben respira e muore!

     Gagliarda ira tremenda
Serbiam pel dì che a provocarne scenda
La burbanzosa avidità straniera:
Del Prence e della Patria allora a scampo,
Precipitiamo in campo
54Col grido invitto: — « Si trionfi o pera! »

     Accostin core a core
Intanto pace, e begli studi, e amore!
Chè troppo già da fazïoni stolte,
Di perpetua ingiustizia eccitatrici,
Fur l’Itale pendici
60In lutto e sangue ed ignominia avvolte.

     L’estera invidia, quando
Nostre glorie natìe vien visitando,
Gli odii scorge, ed applaude alla maligna
Fraterna gara, promettendo aiuti;
E poi quando abbattuti
66Siam da discordia, ci disprezza e ghigna.

     Non c’illudiam fra sogni,
Onde lo spirto desto indi vergogni:
Ma ai circondanti popoli mostriamo,
Che in tutte fasi di grandezze umane
Grandezza in noi rimane,
72Dacchè al vero ed al bel sempre aspiriamo.

     Al vero e al bello sempre
Aspiri chi sortiva itale tempre!
Splendidissima a noi traccia segnaro
Que’ glorïosi, onde la sacra polve
Tutte le glebe involve
78Di questo suolo, al cielo e a noi sì caro!

     Penisola gentile,
Che sovra il mondo pria la signorile
Spada gran tempo trionfando alzasti,
E sebben misto a lutti inevitati,
Sui barbari domati
84Ampio tesor di civiltà versasti!

     Penisola stupenda,
Non nelle gioie sol, ma in sorte orrenda,
Poichè per le tue colpe un dì prorotti
Venti concordi popoli a vendetta,
Da te fra lacci stretta
90Furo a degne arti, e al vero Dio condotti!

     Penisola divina,
Che dell’antico imper dalla rovina
Così sorgesti, come pronto sorge
Sopraffatto da pargoli un adulto,
Che, ad onta dell’insulto,
96Maestra mano ai dissennati porge!

     Penisola, ove siede
Inconcussa da turbini la fede,
Sì che per quanto annoveriamo estesi
Della redenta umana stirpe i regni,
Ognor ne’ retti ingegni
102Da te i lumi del ver tornaro accesi!

     Sembra per te il Signore
Più che per altre terre arder d’amore!
Sembra nelle tue dolci aure più vago
Emanar de’ suoi cieli il bel sorriso;
Sembra del Paradiso
108Volerti Iddio sovra quest’orbe imago!

     Sugli emuli tranquilla
Rivolgi pur la tua regal pupilla.
Or quel popolo or questo andare altero
Può primeggiando in forza d’auro o ferri:
Pur non ve n’ha che atterri
114Il tuo sublime sulle menti impero.

     Se altrove è maledetta
L’alma che striscia come serpe abbietta,
L’alma che sorda a’ grandi esempli aviti,
Incurante di senno e di decoro,
Serva si fa a coloro
120Che a sedurre e predar vengon suoi liti;

     Quanto più reo non fora
Chi, aperti gli occhi sotto Itala aurora,
A patria di magnanimi cotanta
Non sacrasse altamente opra e desìo!
Il popol siam di Dio;
126Stampiam nostr’orme nella via più santa!


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