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L'ajjuto-de-costa Trist'a cchì ccasca
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

LA BBONA MOJJE

     Bbe’, ssò1 ccontenta, sì: vva’, Ssarvatore:
Fa’ ccome vòi e cquer ch’Iddio t’ispira.
Anzi, io direbbe de portà Ddiomira,
Ch’è in d’un’età da intenerijje2 er core.

     Bùtteteje3 a li piedi a l’esattore:
Prega, marito mio, piaggne,4 sospira:
Bbada però cche nun te vinchi l’ira...
Lassamo fà: cce penzerà er Ziggnore.

     Si tte5 caccia, nun famme la siconna.6
Ricordete7in quer caso c’hai famijja:
Soffrilo pe’ l’amor de la Madonna.

     Ce semo intesi eh Sarvatore mio?
Va’, cch’Iddio t’accompagni. Un bascio, fijja.
Addio: fa’ ppiano pe’ le scale: addio.

17 marzo 1834

  1. Sono.
  2. Intenerirgli.
  3. Buttatigli. Il verbo gettare è a questa plebe affatto sconosciuto.
  4. Piangi.
  5. Se ti.
  6. Non farmi la seconda di quella che già. ecc.
  7. Ricordati.

Note

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