Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
La pietra de carne L'incoronazzione de Bbonaparte
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

LA DONNA GRAVIDA.

     Io nun zo ccosa v’annate scercanno
Co l’arzà ttutt’er giorno tanti pesi.
Nun zapete che state in zette mesi?
Ve volete sconcià ccome l’antr’anno?

     Ggià sséte avvezza in quell’antri paesi
Dove se porta lo spadino e ’r panno;1
Ma cqui ccerte fatiche nun ze fanno:
Cqua nnoi sémo romani e nno arbanesi.

     Quest’aria nun è aria da villani.
Noi nun zémo facchini, io ve l’ho ddetto:
Noi, pe’ ggrazzia de ddio sémo romani.

     Er crima nostro è un crima bbenedetto
Indóve oggi te scarmi?2 ebbè, ddomani
Sta’ ppuro scerta3 che tte metti a lletto.

19 ottobre 1835

  1. Nelle terre delle provincie più vicine a Roma usano le donne di raccoglier le treccie attorno a un lungo spillo di argento, chiamato spadino, e di coprirsi il capo con un panno di lino ripiegato in varie foggie.
  2. Ti scalmani.
  3. Sta pure certa.

Note

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