Questo testo è incompleto.
La morte de Stramonni Er bùscio de la chiave
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

LA FESTA DE SAN NABBORRE1

     Fatta ’na spizzicata2 de bbaruffa3
Co li sordàti, pe’ ppassà le porte,
Potetti io puro4 avé la bbella sorte
De sentì in chiesa quattro soni auffa.5

     La musica era un merangolo-forte
Da dìlla6 co’ raggione Opera-bbuffa:
E ccantò mmessa monziggnor Camuffa,7
Uno de quelli che ccondanna a mmorte.

     Da Diacono sce fesce Don Ortica,
Quello che quarche vorta se8 conzagra
Una libbra de grosta e de mollica.9

     E ’r zudiacono fu cquella faccia agra
De Don Pio Scamonèa, che ttiè la fica10
Pe’ mmediscina ar mal de la polagra.

27 aprile 1834

  1. Al 12 di luglio.
  2. Alquanto di, ecc.
  3. Lite.
  4. Io pure, anch’io.
  5. Vedi la nota... del Sonetto...
  6. Dirla.
  7. Nome finto, sotto il quale si vela il celebrante, che fu uno de’ prelati votanti del Supremo Tribunal criminale della Sagra Consulta.
  8. Si.
  9. Una libra di pane. Ciò dicesi praticato da qualche sacerdote di scrupolosa coscienza per reficiarsi avanti la messa, senza frangere il digiuno naturale.
  10. Vedi il son. La madre, ecc.

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.