Questo testo è incompleto.
L'ingeggno dell'Omo Mi' fijja maritata
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

LA FIANDRA1

     No, ppascioccona,2 io nun zò ttanto sscioto:3
Lo capisco ch’edè ttutta sta fiacca:4
Tu vvoressi appoggiamme5 la patacca,
Ma è ’na moneta ch’io nun ariscoto.

     Tu vvorressi attaccamme er tu’ sceroto,6
Ma ssu le carne mie nun ce s’attacca.
Io nun vojjo maggnà ccarne de vacca,
E nun me metto a ccasa er terramoto.

     Sta’ cco la pasce tua, fijja mia bbella,
Perchè ttu ggià lo so c’ortr’ar portone
Drento ar vicolo ciai la portiscella.

     Eppoi, dichi pe’ mmé ttroppe orazzione:
Io sò berlicche,7 e ttu ’na santarella:
Ce vò un omo pe’ tté mmeno bbirbone.8


Roma, 19 dicembre 1832

  1. La furba.
  2. Pacioccone, pacioccona, sono «uomo o donna per lo più alquanto pingui e di carattere pacifico». Paciòcco poi dicesi anche come aggiunta carezzevole.
  3. Sciocco.
  4. Una certa melensa semplicità, affettata con qualche scopo.
  5. Appettarmi.
  6. Cerotto.
  7. Diavolo.
  8. Questo vocabolo significa in Roma tanto «cattivo soggetto» quanto «persona scaltra».

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.