< La legge Oppia
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Interlocutori Atto II


ATTO PRIMO


La scena rappresenta l'interno di un tablino e parte dell'atrio, nella casa del console Lucio Valerio Flacco, sul Velia. — Pareti ornate di fregi e dipinti; soffitto a cassettoni dorati; solaio a musaico. — Nel fondo, a destra e a manca del tablino, le fauci, che mettono all'interno della casa; sui lati, l'una a riscontro dell'altra, due cortine alzate. — In mezzo alla sala, un monopodio di marmo, con suvvi uno scrigno ed altri arnesi di lusso; tutto intorno, seggioloni e scanni. — Lateralmente, distribuite a giuste distanze lungo le pareti, alcune edicole, che recano, effigiate in maschere di cera, le immagini degli antenati della Gente Valeria. — Verso il proscenio, a sinistra del riguardante, il Larario, colle statuette degli Dei Lari, sorretto da una mensola di marmo, che ha da piedi un'ara da incenso. — In un angolo del tablino, il canestro da lavoro, coi gomitoli e coi rocchetti dentro.

SCENA PRIMA

Birria, con uno spolveraccio di penne di pavone alla mano, sta ripulendo gli arredi del tablino. — Indi Mirrina, con un canestro di fiori.

(Birria è vestito di una tunica bigia, con maniche corte, stretta ai lombi da una cintura nascosta sotto le pieghe ricadenti dal petto. Capegli rossi e ricciuti. Calzari di cuoio. — Mirrina è vestita di una tunica talare e del peplo. Capegli pettinati alla greca. Braccia ignude. Suole allacciate al collo del piede da maglie e correggiuoli intrecciati).

Birria

Ah, giuro pel Dio Saturno che non è lieta cosa servire in casa di consoli. Onor de’ padroni, carico alle spalle dei servi! Ecco qua; due volte al giorno lo si spolvera, questo tablino del malanno. E l’essèdra, poi, s’ha da tenerla sempre in assetto, pei ricevimenti magni. Poi c’è da curare il triclinio, poi da badare all’uscio di casa, che è sempre affollato di visite. Come son farfalline, coteste matrone! Su e giù, qua e là, continuamente in volta come le rondini, «Filò la lana, stette in casa sua»; così canta l’epitaffio. Ma gua’, delle mie padrone non si potrà dire il medesimo?

(mettendo da banda il canestro da lavoro)

Filarono la lana, quando non le ci avevano altro a che fare; stettero in casa, quando aspettavano visite. E avanti a ripulire; avanti a spolverare!

Mirrina

(passando attraverso la scena)

Tu brontoli sempre, peggio del tuono.

Birria

Venere ti guardi, Mirrina liberta! Son essi per me, quei fiori?

Mirrina

Vedete che ceffo da inghirlandare di rose! E’ sono per gli dei Lari; va via!

Birria

Mirrina, che modi son questi? Da ieri vendicata in libertà per grazia profumata del Console, che non sa negar niente alla moglie, già metti contegno col tuo amato Birria?

Mirrina

Amato!... quel coso!... Rosso di pelo e buono a nulla è tutt’uno.

Birria

Non hai sempre detto così, ed io potrei ricordarti....

Mirrina

Lasciami pe’ fatti miei, mal arnese.... schiavo.... delizia dello staffile!

(divincolandosi da lui, per andare al Larario)

Birria

Non ci hai proprio altro di meglio a profferirmi per colazione, stamane?

(accostandosi timidamente, mentre ella
sta disponendo i fiori sulla mensola)

Mirrina, o come s’è fatto leggiadro il tuo collo, dacchè non ha più tema del collare di bronzo!

Mirrina

E tu ammiralo!

Birria

Farei meglio ancora....

Mirrina

(senza voltarsi)

Che cosa?

Birria

Vi coglierei il fiore che non hai voluto darmi pur dianzi.

(chinandosi per baciarla sul collo)

Mirrina

Numi, ei lo vuole davvero! Eccoti il fiore!

(assestandogli una guanciata)

Birria

Ah, gli è di cinque foglie e pizzica come quel dell’ortica. Or dunque, la è rotta?

Mirrina

Tienla per tale.

Birria

Vedete, che albagìa! Se non par Tanaquilla regina....

Mirrina

Regina sicuro! Impara ad obbedire, perchè, quind’innanzi, comanderanno le donne.

(andandosene gravemente col suo canestro tra mani)

Birria

Ah, sì, ci hai ragione; fin da ier sera me ne ero avveduto.

Mirrina

(voltandosi indietro)

E da che?

Birria

Oh bella! da che il padrone è partito. Ah, povero Console! Egli va sicuro e tranquillo a combattere i Galli Boi; ma non sì tosto egli ha messo il piede fuor della porta Nomentana, che in casa sua spadronan le femmine. Ma bada; il padrone non è partito, e per Ercole, egli ha da sapere ogni cosa.

Mirrina

Che inventi tu adesso? Il padrone è a quest’ora colle legioni sulla via di Reate.

Birria

Era, ma gli è tornato in fretta e in furia stamane. Lo ha veduto il figliuolo di Erennio littore, che è passato or dianzi di qua, mentre io stavo in sull’uscio. E’ pare che il padrone avesse a indettarsi di cose gravi col suo collega Marco Porcio Catone, poichè gli è corso da lui ed eglino sono tuttavia in istretto colloquio. E credi tu che, tornato in città, non vorrà dare una scorsa a casa? Ah, tu la smetti adesso? Or bene, e noi lo avvertiremo, noi che nulla sappiamo; gli diremo noi di una certa porticina sul vicolo, a cui s’è tolto il catenaccio; gli daremo noi la lista delle persone che hanno ad entrar di soppiatto in casa.

Mirrina

Birria, tu non dirai nulla.

Birria

E perchè di grazia?

Mirrina

Perchè.... tu sei buono.

Birria

Rosso di pelo? Eh via!

Mirrina

Il rosso è color senatorio.

Birria

Ma io sono un mal arnese, delizia dello staffile.... uno schiavo....

Mirrina

Che può diventar liberto da un momento all’altro, e tra liberti.... Ma che siete voi, uominacci stupidi, da non intender mai per loro verso le nostre parole?... Mirrina, quantunque fatta libera, è sempre Mirrina. Tu pure, se andrai a’ versi alle padrone.... Una parola detta alla nobile Claudia Valeria dalla sua prediletta ornatrice, mentre sta acconciandole il capo, e la tua sorte è cangiata.

Birria

(porgendole la guancia)

Briccona! Dà il pegno!

Mirrina

Eccotelo!

(dandogli della mano sul volto)

Birria

Un altro schiaffo?

Mirrina

No, una carezza. Non hai notato il divario?

Birria

Poh, non guari; ma spiegata così, può anche passare. Basta, sappi; non è niente vero del ritorno del Console.

Mirrina

Ah, furfante di tre cotte! M’hai dunque ingannata?

Birria

Ti restituisco i tuoi doni.

(accennandole una guanciata)

Mirrina

Grazie; non ripiglio mai nulla.

Birria

Suvvia, Mirrina, figlia di Venere, o sorella, o nipote, che certamente qualcosa le sei, facciamoci a parlar chiaro. Che è questa ascosaglia della porticina? s’inganna il Console qui?

Mirrina

Oh, non c’è niente di male, sai? Non far giudizii temerarii! Ma ecco le padrone; odo la lor voce; va via; il tuo lavoro è finito.

Birria

Mi dirai tutto?

Mirrina

Sì, tutto, ma vattene.

Birria

Un altro di quegli schiaffi!...

Mirrina

Va in tua malora!

Birria

Udite, o Dei Lari, i dolci augurii di quelle labbra di rosa?

(esce dalla fauce a sinistra)

SCENA II.

Claudia Valeria, Marzia Atinia,

Volusia e Mirrina

(Con poche differenze ne’ particolari, Claudia Valeria, Marzia Atinia e Volusia, sono vestite ad un modo. Stola di lana bigia, per Claudia, bianca per Marzia e Volusia. Maniche lunghe, serrate al pugno con una fibbia. Due cinture; la prima sotto il seno, l’altra sui fianchi. Capo scoperto. Calzari di cuoio.)

Claudia

Che ora?

Mirrina

(guardando in alto, all'orologio solare, fuori della scena)

Siam presso alla quinta.

Claudia

Così tardi? Le nostre visite non istaranno molto a giungere. Bada, Mirrina, tien d’occhio tu stessa l’uscio là in fondo!

(accennando dietro la scena a Mirrina, che esce dalla fauce a destra)

Ah che la vada bene, figliuole mie! Ci siam messe ad una bella impresa!

Marzia

Eh via, di che temi? Il dado è tratto.

Claudia

Pur troppo! Ma che dirà vostro padre, quando saprà che s’è aspettata la sua partenza, per metter mano in un intruglio cosiffatto?

Marzia

Eh via! Il babbo ci ama e ci perdonerà questa alzata d’ingegno. — Infine, che gran male si fa? E operiamo noi diverso da quante sono, non dirò matrone, ma femmine in Roma? Tutte, sai, tutte ad una! Albina Lutazia, Giulia Flaminia, le tre di casa Cornelia, il meglio di Roma, sempre dopo la casa Claudia donde tu nasci, dànno l’esempio alle altre. Oramai la è una corrente, e noi non facciamo che andar pel suo verso.

Claudia

Sì, sì, sta bene; ma tutte quelle che mi hai noverate fin qui, non son donne di magistrati.

Marzia

Ci vengo. Anna Luscina, moglie a Fabrizio Luscino, pretore civile; io, io Marzia Atinia, moglie di Caio Atinio Labeone, pretor peregrino; eccotene due, donne di magistrati. E non puoi esserci tu, moglie di console, segnatamente dopo che le donne di casa Claudia, tua sorella e tua cognata, hanno mostrato di voler fare lo stesso?

Volusia

Ed io, mamma?

Claudia

Tu? sentiamo un poco che cosa sei tu.

Volusia

Non sarò io moglie, appena torni il babbo, a Caio Claudio Pulcro, mio cugino, eletto e consacrato àugure l’altro dì?

Claudia

Ah, sì, dimenticavo che esistevi tu pure.

Marzia

Insomma, non temere. Il babbo tornerà vincitore dei Galli e non gli dorrà troppo di trovarsi vinto in cosa di minor conto. E poi, non saremo noi che glielo diremo, e neppure Marco Fundanio nostro alleato.

Claudia

Un tribuno! È pur dolorosa! La gente Claudia ha sempre avuto a dirla con questi tribuni; e adesso...

Marzia

E adesso si è fatta la pace. Storia romana in tre libri! Da principio furono i re. Poi comandò il Senato. Ora, la mercè dei tribuni, comanderanno un pochino le donne.

SCENA III.

Annia Luscina, e Dette.

(Vestita come le precedenti, ma colla giunta del ricinio sul capo, i cui lembi le scendono sugli omeri.)

Annia

Che gli Dei ascoltino l’augurio, mia bellissima, e custodiscano te al nostro amore, nobilissima Claudia, e te Volusia, facciano felice col più leggiadro degli Auguri.

Marzia

Come sei rossa in volto, Dei buoni!

Annia

Ah lasciatemi stare! Dal Viminale fin qua! Un tremila passi a piedi, nè più, nè meno. È una indegnità. Vorrei averlo io tra le mani, quel tribuno che ci vietò d’andare in cocchio. A piedi! e con questi cenci, poi....

Claudia

Ah, i tribuni! Stavo per l’appunto ragionando dei fatti loro con Marzia.

Annia

Ma, domando io, che cosa gli avean fatto le donne? E’ doveva esser brutto, ma brutto assai, questo Caio Oppio! Tu certamente lo hai conosciuto, nobilissima Claudia, poichè la legge è.... recente.

Claudia

Eh.... Di venti anni fa. Li ho contati tutti, io, e con essi se n’è andata la mia gioventù. Gli era brutto davvero, più brutto di Annibale, e parve anche peggio, quando la sua legge fu promulgata. I tribuni! Io non li ho mai potuti patire, e quando penso che per voi, pazzerelle, dovrò accoglierne uno in mia casa..... Sarà la prima volta, io credo, che un tribuno varchi la soglia di un Console.

Annia

Perdonami, Claudia. Anche Lucio Valerio è tribuno, insieme con Marco Fundanio e coi due Bruti. Or non va egli in casa del collega di tuo marito, del ruvidissimo e burberissimo Marco Porcio Catone?

Claudia

Ah, sì, quegli ci va, se la voce è vera, per sposarne la sorella.

Marzia

Ma sì! Che te ne pare, bellissima?

(volgendosi ad Annia)

Valerio, l’elegante Valerio, innamorato della nostra Fulvia, di quella campagnuola, che, due mesi or sono, non era anche uscita da Tuscolo!

Annia

Ma!... così è. Catoneggia, sia detto con tua licenza, o Claudia, catoneggia Valerio, console e patrizio; catoneggia Valerio, tribuno e plebeo. Ora, tra i varii modi di catoneggiare, c’è quello di corteggiar la sorella del Tuscolano. Dov’ella è, si può metter pegno che egli sia, o non istia molto a capitarci.... L’altro dì, ai giuochi Megalensi, l’avete veduto?

Marzia

E dove?

Annia

In teatro, alla recitazione dell’Epidico, di quel loro Tito Maccio Plauto. In cambio di rimanere a posto co’ suoi colleghi, il leggiadro tribuno, già così alieno dalle donne, da passare in proverbio, è andato a sedersi più in alto, presso a lei, cogli occhi rivolti al suo òmero, anzichè alla scena. Si sarebbe detto che volesse contar le pieghe del suo velo.... o le lentiggini del suo collo. E si gonfiava, la superba; facea la ruota, come i pavoni di Giunone.

Marzia

Eh, queste cose s’imparano presto ed ella si fa in breve agli usi delle gran dame. Tu la vedrai, Annia Luscina; tra poco ella sarà qui.... A proposito, veniamo all’essenziale. Ci abbiamo di grandi cose... che sono in relazione colla nostra congiura. Abbiamo..., sta attenta!.... abbiamo un grande arrivo dalla Grecia.

Annia

(facendo il viso scontento)

Ah, filosofi?

Marzia

Meglio ancora.

Annia

Manco male; mi avevate già fatto paura. E chi dunque?

Marzia

Una....

Annia

Una?

Marzia

Te la darei alle cento, e non ti apporresti. Una mercantessa di mode.

Annia

Qui? colla legge Oppia?

Marzia

Sì, e per merito della legge Oppia ne avremo noi le primizie. Figùrati; appena giunta, l’avean fatta carcerare. Ma Caio Atinio Labeone, nostro marito, non è pretore dei forastieri per nulla. Egli l’ha fatta chiamare a sè ed ha sequestrato la merce. E la greca e la merce, saranno qui, per opera mia, entrando dall’uscio sul vicolo. Tutto ciò per vedere, s’intende.... e per toccare eziandio.

Annia

Ah, sia lode agli Dei immortali! La legge Oppia avrà fatto una cosa buona.... l’unica da vent’anni in qua. Vediamo dunque; io spasimo dalla voglia.

Marzia

Tosto che giunga. Chetati ora! Ma che è? Forse la greca?

(vedendo Birria comparso dalla fauce a destra)

Birria

No; è Marco Fundanio, tribuno.

Claudia

Per te, figliuola, per te!

(volgendosi a Marzia)

Marzia

Grazie, ed anche un pochino per te. Non sei tu sempre più bella di noi?

Claudia

Adulatrice!

SCENA IV.

Marco Fundanio e Detti, Birria in disparte.

(Marco Fundanio indossa una tunica bianca, listata di porpora, che scende poco oltre il ginocchio. Calzari allacciati sul collo del piede con striscie di porpora. Toga portata con garbo sugli òmeri. Cappello di feltro a tesa stretta, che toglie nello entrare. Mazzetta nera tra mani).

Birria

Tra male gatte è capitato il sorcio!

(tra sè)

Annia

Salve, speranza e presidio delle matrone romane.

Fundanio

Meglio amerei esser desiderio di una tra esse; ma valgo troppo poco, lo so. Comunque sia, son cosa vostra.

Volusia

(sotto voce a Claudia)

Senti, mamma, com’è carino? E’ non par nemmeno uno di quelli che mettono il veto da per tutto.

Fundanio

(che ha udito le ultime parole di Volusia)

Bella fanciulla, io, se potessi, non metterei che un veto solo in mia vita.

Volusia

E a che cosa?

Fundanio

Alle tue nozze con Claudio Pulcro. Ma, per ciò fare, oltre il tuo beneplacito, mi bisognerebbe esser nobile, come uno della gente Claudia, della nobilissima tra tutte.

Claudia

(dopo un grazioso inchino)

Egli è pur vero che, di cotesti veto voi ne pronunziate troppo spesso, o tribuni.

Fundanio

Ma egli è vero altresì che se fossero consoli le matrone, il laticlavio ci avrebbe più ossequenti a gran pezza.

Annia

Oh, egli dee pur venire, il gran giorno! Dimmi, tribuno, non c’è’ egli un’isola, dove le donne regnano sole, dopo aver messo gli uomini al bando?

Fundanio

Dicono, e invero, mi pare un po’ troppo.

Annia

Ah, non dico già di mandarli via inesorabilmente....

Fundanio

Meno male!

Annia

Ma di tenerli in freno e di far le leggi un po’ noi.

Fundanio

Dolcissime leggi! Esse hanno la mia tribunizia approvazione fin d’ora.

Claudia

Or dunque, Marco Fundanio, poichè a queste giovani donne la è girata così, e tutta Roma femminile lo vuole, siedi e narraci come stanno le cose.

Birria

Ah, sentiamo!

(da sè, stropicciandosi le mani)

Marzia

(avvedendosi della sua presenza)

Che fai tu qui? Va al tuo posto.

Birria

Alla porticina?

Marzia

No, all’ingresso dell’atrio, al balcone che guarda sulla strada, e chiunque venga, corri a darcene avviso.

Birria

Che peccato! E’ voleva esser gustoso, questo tribuno delle donne.

(esce)

Fundanio

Da dove comincierò? Che tutta Roma femminile vuole l’abrogazione della legge, tu l’hai detto, nobilissima Claudia. Io dirò che; nel Foro, alla Basilica, alle Botteghe vecchie, al tempio di Càstore, nel borgo de’ Toscani, al Velabro, non si parla più d’altro. Il popolo, così in di grosso, non mi pare che veda di mal occhio la cosa. E lo si capisce; tutti hanno donne, cui andare a’ versi. Ma i vecchi...., i vecchi son duri. Basta; s’andrà ai comizi e là ci vedremo. I senatori, son nostri; già m’immagino che le belle matrone avranno fatto il poter loro, che è molto....

Marzia

Di ciò non darti pensiero; sanno il debito loro.

Annia

Io, tra ier l’altro, ieri e stamane, ho già veduto sessanta mogli di senatori. E ho girato senza cocchio! Ecco qui le mie tavolette; vedi? la Pubblia, le Cornelie, la Bebia; e qui la Giunia, le Flaminie, le Claudie.... insomma, ho detto sessanta. E tutte, ognuna dal canto suo, hanno fatto altrettanto. I mariti tentennano, ed è già molto che non ardiscano dire di no, come facevano prima.

Fundanio

In casa, sta bene; ma, nei comizi, come si diporteranno costoro? Ecco il guaio. Ma incominciamo dal meno. I comizi possono essere levati innanzi di conchiudere. Il rito dell’assemblea offre appigli e gretole agli avversarii, più che non vi pensiate.

Marzia

O come?

Fundanio

Vedete, se già tutte le centurie fossero adunate e la discussione avviata, e ad un tratto sparisse lo stendardo inalberato sul Gianicolo, sarebbe sciolta l’assemblea senza fallo. Ciò si è veduto altre volte, chè non si fece buona custodia lassù.

Marzia

Oh! ma si provvede. Una guardia di donne al Gianicolo!

Annia

E chi leverà lo stendardo sarà bravo, fosser pure gli apparitori di Marco Porcio Catone.

Fundanio

Oh, di questo non temo. Il console è uomo di virtù antica e non tenterà cose illegali. Egli, e ciò temo davvero, ci fulminerà colla sua maschia eloquenza. Un altro pericolo, e grave....

Annia

E quale?

Marzia

E quale?

Fundanio

Mangieranno, i polli sacri?

Volusia

Come? Bisognerà che i polli mangino?

Fundanio

I polli, sicuro. Tu sei giovinetta ancora e nol sai; ma nessuna cosa di rilievo può farsi nella repubblica, senza aver favorevoli gli auspicii. Anche una assemblea è valida, se sono propizii i segni del cielo; se no, no. Ora, dico io, mangieranno, come a bestie ben costumate si addice? Può importare ai padri il contrario, e Giove ed Esculapio, patrono dei galli, possono vedere la cosa con occhio.... senatorio.

Marzia

Non ci avevo pensato. Sì, questa è grave.

Volusia

Ma.... se io potessi dire....

Claudia

Sentiamo la tua.

Volusia

Non è Claudio Pulcro l’àugure?

Claudia

Sì, e che perciò?

Volusia

Stassera egli verrà da noi....

Fundanio

A prender gli auspicî ne’ tuoi occhi, a leggervi che il suo fato è felice....

Volusia

E i miei occhi non gli lascieranno leggere un bel nulla, fino a tanto i suoi polli non promettano di mangiare a modo.

Fundanio

Possiamo dunque andarne sicuri. Egli dee conoscere i suoi polli, il tuo Claudio, ed ama certamente i tuoi occhi. Fin qui, dunque, tutto andrebbe a gonfie vele. Ma, egli c’è....

Annia

Ancora un ma?

Fundanio

Sì, e il più grosso. Io non ho collega ad aiutarmi. I due Bruti sono contrarii. Già, gente Giunia, sempre avversi alle novità e duri come macigni!

Marzia

Ma non hai dunque parlato a Valerio?

Fundanio

Se gli ho parlato!.... Averlo lui dalla nostra, lui, il più eloquente dei romani dopo Catone, sarebbe un trionfo sicuro, come se io lo tenessi nelle pieghe della toga.... Ma che volete? l’eloquenza del mio amico è incatenata al carro del futuro cognato. Lo pregai, lo scongiurai; ma invano. E mi troverò solo, e non son punto eloquente....

Volusia

Tu?

Fundanio

(inchinandosi)

Io, certo. Colle donne ho le parole più facili; il mio estro s’accende; ma cogli uomini.... ah, cogli uomini, mi cascan le braccia. Farò quanto posso; ma prevedo male.

Volusia

Oh brutto, questo Valerio! Mi duole perfino ch’ei porti il nostro nome. E Fulvia gli ha da voler bene?

Annia

Fulvia è sorella a Catone; catoneggia anche lei.

Marzia

Lo credi?

Annia

Ma!.... E tu?

Marzia

Io credo che la donna è ciò che vuole; e l’uomo la segue.

Fundanio

Questo ha da esser vero.... per gli uomini che hanno la fortuna....

(con aria languida inchinandosi verso Marzia)

Marzia

Di meritare....

(ridendo)

Fundanio

Di esser tirati. L’ho detta.

Marzia

Cattivo! e che altro si è fatto, se non tirar dalla nostra il tribuno Marco Fundanio? Vuoi di più? Sappiamo il debito nostro. Ti si intreccieranno corone; ti si porterà in trionfo come Bacco.

Fundanio

(a Marzia)

Oh tigri! Parole, parole, e poi non sarà niente.

Birria

(in fretta dalle quinte)

Due matrone si son fermate all’ingresso, precedute da due schiavi piccini e bistorti.

Marzia

Fa entrare.

(Birria esce)

Annia

Ah! dovrebbero essere di Marco Porcio Catone, che ci ha i più brutti schiavi di Roma.

Fundanio

Stravaganze del grand’uomo. Ma, come qui le sue donne?

Marzia

Avevo preveduto la tua mala sorte con Valerio. Ora vedremo d’esser noi più fortunate.

Fundanio

Che non posson le donne?

Marzia

Or dunque, un gran colpo! Si va incontro al nemico. Tu, mamma, bada a Licinia; chè la va da consolessa a consolessa. Noi ci incaricheremo di Fulvia.

SCENA V.

Licinia, Fulvia e Detti, con Birria in disparte.

(Licinia e Fulvia indossano la stola, stretta all’imbusto da due cinture. Quella di Licinia, di color bruno; quella di Fulvia di color cenerognolo, o bianco. Ambedue portano in capo il ricinio).

Claudia

(muovendo incontro a Licinia)

Ben vieni, o Licinia. La casa di Lucio Valerio è tua.

Licinia

Tu sei sempre cortese, o nobile Claudia. Marco Porcio rammenta sempre ciò che deve a Lucio Valerio.

Claudia

E noi, mogli a tai valentuomini, ci siamo sempre amate.

Licinia

Bontà tua! Noi povere campagnuole....

Claudia

Zitta! La virtù non conosce differenze di villa e di città, di patriziato e di plebe. Tuo marito dalla sua virtù fu tratto in alto, non dal favore di Lucio Valerio.

(sotto voce a Marzia)

Me ne fate dire, voi altre!

Volusia

(a Fulvia)

Come ti sei fatta bella!

Fulvia

Ah, credi? Ne godo.

Annia

(a Marzia)

Come lo dice: “ne godo!” Vedete che contadina rifatta!

Marzia

La bellezza, te lo dirò con mia madre, non conosce differenze di villa e di città....

Annia

Salvo le lentiggini!

Marzia

Ah sì, ne ha qualcheduna; ma certi uomini vogliono che sia questa una bellezza di più.

Annia

Che gusti!

Volusia

(a Fulvia)

Ti rammenti di Tuscolo e dei nostri bei campi? E di quella fontana, dove c'era un'eco meravigliosa, che ci rimandava tante belle cose? Io ero molto piccina....

Fulvia

Ed io molto grande.

Volusia

Oh, vediamo! Quanti anni hai!

Fulvia

Indovina.

Volusia

Diciotto. Io ne ho quasi sedici.

Fulvia

Sono più vecchia.

Volusia

Venti?

Fulvia

Va innanzi.

Volusia

Ventuno?

Claudia

Zitta là! non si chiedon gli anni a nessuno.

Fulvia

Perchè, nobilissima madre? Lasciala dire. Amo parerle giovine tanto; ma in verità, carina mia,

(volgendosi a Volusia)

ne ho venticinque.

Marzia

Eh via!

Fulvia

Certamente. Son nata colla seconda guerra punica, sotto il consolato di Livio Salinatore.... quando incominciò tanta carestia d’uomini. Il che non era di buon augurio per me.

Claudia

Cara ed ingenua sempre!

Licinia

Ma, una così leggiadra adunanza?....

Marzia

Comizii femminili!

Fulvia

Come sarebbe a dire?

Marzia

Che qui si congiura.

Fulvia

(mostrando di vedere Fundanio)

Ah, per altro, fino a tanto egli c’è un tribuno della plebe, la repubblica non ne avrà detrimento.

Annia

(sotto voce a Marzia)

Ben detto, per una contadina!

Marzia

Or dunque, sediamo, con gravità romana. Vi dirò ora il perchè vi abbiamo qui convocate. Tu, Licinia, e tu, madre, siete i consoli. Fulvia, Annia, Luscina e Volusia, son le centurie.... un po’ smilze....

Fundanio

(sotto voce a Marzia)

Di numero?

Marzia

Ci s’intende. Io, poi, sarò il tribuno, con tua licenza, o Fundanio.

Fundanio

Oh, di gran cuore; ma io?

Marzia

E tu sarai il littore.

Fundanio

Sta bene; dunque incomincio. Non vengo attorno, o centurie, a distribuirvi le tavolette pel voto, perchè questo già s’indovina.

Fulvia

Che ne sai tu, littore?

Fundanio

Possibile? Daresti tu il voto contrario alla dimanda.... d’un tribuno? Basta, lasciamola lì. Dirò invece che non distribuisco tavolette, perchè non ne ho. Sono côlto alla sprovveduta. Il voto lo darete ad alta voce, nè ci sarà confusione.

(imitando il far dei littori)

Ora, se vi pare, fate silenzio, o Quiriti. Tribuno, esponi la causa.

Marzia

(alzandosi)

Incomincio. Egli fu dopo la rotta di Canne, consoli Quinto Fabio Massimo e Tito Sempronio Gracco, che i padri nostri votarono la sciocca legge, proposta da Caio Oppio tribuno. Che dico sciocca? scellerata ed iniqua. «Niuna donna abbia ne’ suoi ornamenti più che una mezz’oncia d’oro; nè usi vesti ricamate di varii colori; nè possa andare in cocchio per Roma, o per altre città, ovvero a mille passi in giro di quelle, se non per cagione di pubblici sacrifizii». E v’ebbero cittadini, che la diedero vinta a quel pazzo!....

Fundanio

Per non dirne altro!

Marzia

Le madri nostre si comportarono degnamente. La patria era in pericolo. Rinunziarono agli ornamenti loro, non pure al superfluo, ma al necessario eziandio; certe che gli uomini non sarieno stati da meno di loro e che, rifiorite le sorti della patria, la legge sarebbe stata cassata. Vent’anni sono trascorsi, e questa bellezza di legge è viva pur sempre. E perchè, perchè si conserva, ora che le sorti di Roma sono di tanto cangiate? Vônno ricondurci ai vieti costumi dei pastori del Lazio; pretendono che i nostri ornamenti, il lusso nostroFonte/commento: Pagina:Barrili - La legge Oppia, Genova, Andrea Moretti, 1873.djvu/124 (se lusso può dirsi un limbello di porpora, due libre d’oro lavorato sulla persona e un cavalluccio da tiro, due alle più grave, per fare le nostre visite) guasterebbero, farieno tralignare questi forti Romani! Ma, per Quirino e per Venere genitrice, chi è che li fa, questi forti Romani?

Volusia

Noi!

Fundanio

(sotto voce, da sè)

Finora no.

Annia

I nostri mariti trionfano in cocchio; noi andiamo umilmente a piedi.... e non c’è mica occasione di trionfi, per noi.

Fundanio

(sotto voce, ad Annia Luscina)

Eh via, s’ha da credere?

Annia

Eglino in tuniche palmate, in toghe ricamate, listate di porpora; noi in lana greggia, e d’un solo colore. Se capita un forastiero a Roma, torrà noi per uomini, e per matrone romane i nostri mariti.

Fundanio

Se capita un forastiero con questa sorta d’occhi, io, nella mia qualità di littore, lo accoppo!

Marzia

Conchiudo. Le cause che fecero proporre la legge, dato che ragionevoli cause ci fossero, non esistono più. E per dignità nostra, e per decoro del nostro sesso, e per ragione d’uguaglianza cogli uomini, si chiede la cassazione della legge. E la si concederà, se non si vuole la nostra vergogna. Ho detto.

(segni di approvazione di tutti, salvo da parte di Fulvia, che è rimasta sovra pensieri)

Fundanio

Ottimamente,... tribuno. Ma consenti ad un amico del vero di mettere in sodo, che, bene o male in arnese, siete poi belle del pari.

Marzia

Grazie,... littore, sebbene, a te non spettasse parlare; ma vedi? come la bruttezza può esser scemata, così la bellezza può essere accresciuta, da un po’ d’ornamenti. Olà, Birria!

(a Birria)

Birria

Padrona!

Marzia

Vanne a Mirrina, tu, e dille che si faccia innanzi. Or ora vedrai.

(a Fundanio)

Birria

(da sè)

Ah, questa poi di fargliela vedere!.... Che volesse invescarlo di Mirrina?

Marzia

Non vai?

Birria

Vo, corro, volo.

(esce)

Fulvia

(a Marzia)

Che è ciò che prepari?

Marzia

Tu pure vedrai. La donna bella che può diventare bellissima; la natura rinfiancata dall’arte!

SCENA VI.

Mirrina elegantemente vestita e Detti; Birria segue, con alcuni capi di vestiario sulle braccia.

 

Annia

Ah, buoni Dei, la leggiadra matrona!

Licinia

In verità, l’ottava meraviglia! Ed è la tua ornatrice?

(a Claudia)

Claudia

Sì, ed ornata alla sua volta da quella bricconcella di Marzia, colle spoglie venute di Grecia.

(Tutti, tranne Fulvia che rimane in disparte,
vanno a considerare minutamente Mirrina)

Eccovi; fo come Iperide, l’oratore ateniese, allorquando, per guadagnare la causa della sua bella cliente, la messe in mostra nell’Areopago. Questa è l’acconciatura greca, coll’anadèma ed i capegli ricadenti a ricciolini sul fronte. A noi, con queste tunicacce, non andrebbe; ma, con una veste sontuosa, fa spicco. Non è egli vero? Eccovi; questa è la nostra stola, ma più aggraziata, colle maniche serrate al pugno da armille d’oro, stretta da due cinture all’imbusto e colla giunta dello strascico. Dite, non aggiunge maestà al portamento?

Marzia

Eccovi; fo come Iperide, l’oratore ateniese, allorquando, per guadagnare la causa della sua bella cliente, la messe in mostra nell’Areopago. Questa è l’acconciatura greca, coll’anadèma ed i capegli ricadenti a ricciolini sul fronte. A noi, con queste tunicacce, non andrebbe; ma, con una veste sontuosa, fa spicco. Non è egli vero? Eccovi; questa è la nostra stola, ma più aggraziata, colle maniche serrate al pugno da armille d’oro, stretta da due cinture all’imbusto e colla giunta dello strascico. Dite, non aggiunge maestà al portamento?

(Mirrina fa alcuni passi lungo la scena)

Vedete adesso!

(pigliando un pallio diploide dalle mani di
Birria e aggiustandolo alla persona di Mirrina)

Questo è il pallio che addoppiato si rafferma alla spalla con un bel fermaglio d’oro. Togliete questo!

(come sopra, togliendo dalle mani di Birria e spiegando un ampio velo
di fine tessuto di colore scarlatto, che aggiusterà sul capo di Mirrina)

Abbiamo il velo porporino, i cui lembi si raccolgono sulle braccia, e ravvolgono bellamente la persona. Guardate il grazioso meandro che corre a’ piè della stola! E questi sandali traforati!

(Mirrina solleva il lembo delle stola sul collo del piede)

Annia

Le armille alla noce del piede! Oh bella! Le metto subito anch’io.

Volusia

Ed io!

Fundanio

(a Marzia)

Così che, mi pare inutile di andare attorno pei voti. Hai il «come tu chiedi» all’unanimità.

Marzia

Ma.... egli pare.... cioè, non affatto.

(muovendo verso Fulvia)

Che ne sembra a te, mia divina, di questi ornamenti?

Fulvia

Bellissimi.

Marzia

Con che aria lo dici! Pare che a te non farebbe caso di vestir più sfoggiato? Invero, saresti la prima.... e l’unica, poichè il seme di tai donne finirebbe con te.... Ma già si capisce; sorella di Catone!...

Fulvia

Oh, egli non è per cotesto. Non farmi così austera per vezzo d’imitazione. Mio fratello pensa a suo modo, ed io.... se pensassi diverso, non mi terrei men buona sorella per ciò.

Marzia

Ma allora....

Fulvia

Cara mia, a dirti schiettamente ogni cosa, non sento.... come chiamarla?

Marzia

La vanità; di’ pure la brutta parola.

Fulvia

Non volevo andare tant’oltre. Non sento.... Via, mettiamo il desiderio.... Non sento il desiderio di comparire. Questo è il mio modo di pensare. O si piace, o non si piace; e gli ornamenti che fanno?

Marzia

Orgogliosetta! Lo sai, che piaci così disadorna, lo sai?

Fulvia

Io?

Marzia

Non lo negare! Fosti veduta alla recita dell’Epidico.... e fu veduto e notato anche un altro.

Fulvia

(arrossendo)

Ah!

Marzia

Ma l’amico è dunque molto possente su te? Egli t’ha ammaliata a segno di farti dimenticare la tua.... Come chiamarla?

Fulvia

Dignità; di’ pure la gran parola.

Marzia

Arguta! mi rendi la pariglia? Orbene, sì, io la dirò, senza cercarne un’altra; la tua dignità femminile.

Fulvia

Io non t’intendo.

Marzia

Sì; non è forse noto che Lucio Valerio (parlo del tribuno, e non del babbo console) difende a spada tratta la legge? E non fu udito a dire che le donne sono ornate anche troppo?

Fulvia

Eh, può aver torto; ma la è un’opinione come un’altra.

Marzia

Sì, ma egli ha aggiunto che le donne sono fatte per la casa....

Fulvia

Anche qui....

Marzia

Che egli, qualunque sia la donna che condurrà in moglie, l’avrà per ottima, purchè governi la casa, sappia filare e distribuire il lavoro alle fantesche.

Fulvia

Ah, è ben poca cosa che egli richiede, per trovare una moglie!

Marzia

E non basta. Che l’uomo dee mantener fermo il suo diritto e la maestà maritale contro l’orgoglio delle donne....

Fulvia

(con piglio d'incredulità)

Ha detto questo? Valerio tribuno? E a chi?

Marzia

A Fundanio, qui presente, che voleva indurlo a caldeggiare la parte nostra.

Fulvia

(scossa dalle parole di Marzia)

A te, Fundanio?

(Fundanio, che s'era avvicinato, rimane alquanto dubbioso;
Marzia gli accenna ripetutamente degli occhi)

Marzia

Rispondi! Ciò che hai narrato a me, non puoi ripetere a Fulvia?

Fundanio

Egli è che.... Infine, sì, ha detto questo ed altro ancora. O fosse il suo pensiero, o non mirasse che ad entrare nella grazia del Console tuo fratello, egli ha per giunta chiamato la donna: questo sesso arrogante! questo indomito animale! Animale!

Fulvia

(con accento di corruccio)

Anche questo?

Marzia

Cara mia, egli può aver torto; ma la è un’opinione come un’altra.

Fulvia

Non mi far celia! Cotesta non è più materia da scherzo. Che così parli mio fratello, padrone; egli ha moglie; se la intenda con lei. Ma Valerio, che non l’ha ancora!... Vuol trovarla, e a modino, se pensa e ragiona così.

Marzia

Pure, sarai tu quella.

Fulvia

Oh, nè egli mi ha chiesta, nè io....

Fundanio

Ti chiederà.

Volusia

(facendosi innanzi con un velo di color giallo
e brillante, che ella ha già indossato)

E tu porterai un flammèo di sposa come questo. Provalo! Io l’ho già messo. Ah, come ti va bene! vuoi vederti allo specchio?

Fulvia

(respingendo il velo)

Lascia, te ne prego. A te, non a me, queste allegrezze nuziali!

(l'abbraccia)

Fundanio

(a Fulvia)

Ma dimmi; e che farai, quando Lucio Valerio chiederà la tua mano.

Fulvia

Tribuno, vuoi saper troppo.

Volusia

Oh! quello che tu farai, lo so io.

Fulvia

Tu?

Volusia

Sì, fatti in qua! Sai che l’abrogazione della legge sarà proposta nei comizi. I comizi non sarebbero validi se i sacri polli non mangiassero. La capisci tu, questa relazione tra i polli e i comizi? Io no, ma così è. Ora, io te lo giuro, non accetterò la mano di Caio Claudio Pulcro, se, il dì dei comizi, i suoi polli non mi useranno la cortesia di mangiare.

Fulvia

Brava! Comincia così, tu che lo puoi; comanda agli uomini! A far diverso, ci si perde della sua dignità e non ci si guadagna nulla in compenso.

Marzia

Tu sei nostra; ho capito. Il tribuno Valerio ha da tenersi saldo, se può.

Fulvia

Ah, quanto a lui!... Ma mio fratello, piuttosto....

(con aria peritosa)

Marzia

Vinci; è l’essenziale. Tuo fratello farà come mio padre, come mio marito, come il marito di Annia Luscina, come tutti i senatori; se la recherà in pace. Infine, che cosa domandiamo noi? Un po’ di lusso non guasta. Ci volete? Fateci belle!

Annia

Brava, ben detto; fateci belle! Ah, se le donne volessero sempre mettersi d’accordo!

Fundanio

(da sè, mentre le donne si accomiatano nel fondo della scena)

Primo guadagno; non si graffierebbero più!

FINE DELL'ATTO PRIMO


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