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III.
Sul lago.
Acque grigie, cielo grigio, veli di nebbie erranti sulle coste dei monti, solitudine e silenzio sulle rive fuggenti dinanzi al battello vibrante e pulsante. Ai rintocchi della campana del timoniere, Perez, ritto a poppa con gli sguardi verso le lontananze vaporose del bacino di Morganella, si rivolse, vide il pontile sporgente dalla sponda sinistra, lesse col cannocchiale il nome scritto sull’arco dell’approdo: «Promonte-Fraida», e andò a cercare la sua valigia, deposta sotto coperta per timore che venisse a piovere. Il «Ticino» era mezzo vuoto, in quella uggiosa mattinata d’autunno; nessun forestiero tra gli scarsi viaggiatori della prima classe; popolata solo la seconda, di paesani: fattori di campagna con sacchi e fagotti, operai con gli strumenti del mestiere, qualche contadina col capo avvolto nel fazzoletto vistoso, due preti che si preparavano a scendere mentre il moto delle ruote si arrestava, per riprendere subito dopo in senso inverso. Sul pontile non c’erano nè viaggiatori nè curiosi: solo due marinai della «Lacustre» pronti ad afferrare le gomene lanciate dai loro compagni di bordo.
Sbarcato con la sua valigia in mano, Perez si guardò intorno, un poco imbarazzato: Lodovico gli aveva scritto che lo avrebbe rilevato all’approdo, e non si vedeva nessuno.
— Non c’è una carrozza? Un omnibus d’albergo? — domandò a uno dei marinai.
— Nossignore. A questa stagione c’è aperto il solo «Grand-Hôtel», alla Fraida; ma l’omnibus scende soltanto alla stazione della ferrovia, a Gozzana.
— Si troverà almeno qualcuno che mi porti la valigia e mi insegni la via?
— Dove va?
— Dal signor Bertini, il cognato del dottor Salfi....
— Ah, bene! — rispose quell’uomo, con espressione di rispetto, udendo pronunziare i due nomi. — Aspetti un momento che il battello sia ripartito: proveremo all’osteria del Morello; e se mai, sono qua io.
Ma quando il «Ticino», liberato dalle gomene, fischiò sul punto di riprendere la corsa, Perez udì il fischio prolungarsi in un tintinnìo di sonagliere. Rivoltatosi, vide un calessino avanzarsi a tutta carriera, arrestarsi di botto dinanzi al pontile: Lodovico lo guidava.
— Manca di funicolari, questa tua Promonte! — gli disse allegramente, caricando la valigia sullo svelto veicolo. — Quando si sta fra le nubi, si fa trovare almeno un ippogrifo!
— Scusami, — rispose l’altro. — Ho calcolato male il tempo. Ti prego di scusarmi.
— Non ti scuso niente affatto: ti ringrazio. Almeno una volta in vita mia avrò potuto pronunziare una parola regale: «Poco mancò non mi toccasse aspettare!...»
Rise della propria facezia; poi, osservando il cavallino fremente per la corsa vertiginosa e carezzandolo sulla groppa in sudore, esclamò:
— Ma guarda questa povera bestiola, come me l’hanno conciata!... Ma che maniera di guidare!... Denunzieremo il signor padrone alla Società zoofila del capoluogo!
Quando ebbe preso posto accanto all’ospite, quando il legnetto s’avviò per la salita, gli mancò il cuore di scherzare. Se non avesse visto l’amico suo da tre anni invece che da tre soli mesi, l’opera del tempo avrebbe spiegato la trasformazione operatasi in lui; il solo dolore dell’anima non poteva averla prodotta. I capelli delle tempie erano quasi tutti incanutiti; sul viso scarnito e soffuso d’un lividore malsano le occhiaie si erano gonfiate d’umore, come negl’infermi di nefrite; i solchi delle rughe erano più profondi, le vene temporali più turgide e serpiginose. Bisognava domandargli: «Soffri? Perchè non ti curi?...» ma le parole gli morivano sulle labbra, per paura di toccare la piaga secreta di quell’anima in pena.
Egli stesso ruppe il silenzio per domandargli:
— Sei partito iersera?
— Iersera.
— Hai fatto colazione?
— Sì, male, a bordo.
— Prenderai qualche cosa arrivando.
— No, grazie; aspetterò il pranzo, oramai.
Il cavallino scodinzolava, dondolava la testa, annitriva, quasi scacciandosi di dosso la stanchezza per vincere l’erta della via tagliata sul vivo e nudo fianco della montagna.
— Che vista!... — esclamò Perez, volgendo lo sguardo al lago, che dall’altezza gradatamente crescente si slargava, svelando tutte le sinuosità delle sue coste, tutte le macchie dei paeselli adagiati sulle rive o inerpicati su per le frastagliate pendici. — Una lastra d’acciaio, — riprese lo spettatore ammirato ed estatico, — in fondo a una conca di lavagna: guarda che stupenda intonazione!... È questo il punto da cui prendesti il bozzetto che mi mandasti dopo la prima rappresentazione del «Fascino»?... Ma nel tuo quadretto c’è il sole, c’è l’azzurro, c’è il verde....
Tacque, per la rinnovata paura di toccare un tasto falso. Dopo un’altra lunga pausa domandò:
— A casa tua stanno tutti bene?
— Bene, grazie.
Come affrontare l’argomento scottante? Come riprendere la conversazione interrotta da tre mesi, all’arrivo del «Senegal», dopo quanto aveva saputo?... Accompagnato l’amico alla stazione, quella sera, con vane parole di esortazione alla calma, con la viva raccomandazione di non lasciarlo almeno senza notizie, non aveva più ricevuto da lui se non qualche cartolina illustrata da diverse città e stazioni climatiche svizzere. Gli aveva scritto egli stesso; ma la sua lettera, diretta alla posta di Lucerna, non doveva essergli pervenuta, perchè era rimasta senza risposta. Aveva chiesto di lui a sua sorella, a Promonte, ed ella gli aveva fatto sapere che era tornato lassù, con lei, ma in condizioni di salute e di spirito che la impensierivano. Si era proposto di chiedere qualche giorno di licenza per andarlo a trovare, quando una strana lettera gli aveva preannunziato l’imminente scioglimento del dramma. Sulla busta, con l’intestazione del «Grand-Hôtel» di Fraida — una frazione di Promonte, dall’altra parte del lago — la scrittura dell’indirizzo gli era riuscita ignota. Cercata, prima di leggere, la sottoscrizione, il nome di Rosanna Lariani lo aveva stupito. Che mai poteva volere da lui?... Ella gli si rammentava, evocando rapidamente i ricordi di Valsorrisa; poi gli chiedeva senz’altro un favore. Al suo matrimonio, contratto civilmente nella Stanlesia, era mancata — narrava — la benedizione religiosa; un po’ tardi, ma in tempo, aveva deciso, d’accordo col marito, di accostarsi all’altare; per evitare l’indiscreta curiosità dei conoscenti, sarebbero andati a sposarsi in un paesetto fuori mano, a Promonte sul Lago, la terra natale del comune amico Bertini; e poichè questi aveva accettato di essere suo testimonio, ella chiedeva a lui stesso se voleva servire da testimonio al marito; in caso affermativo, lo pregava di trovarsi lassù per la mattina del 27 ottobre, alle 7; la cerimonia si sarebbe celebrata, beninteso, con estrema semplicità, senza la minima concessione alle consuetudini mondane, senza nessun altro spettatore fuorchè i due amici testimonî, ai quali era data viva preghiera di astenersi da ogni formalità, di non darsi altro disturbo fuorchè quello di assistere al compimento del rito.... Naturalmente egli aveva risposto accettando, annunziando anche a Lodovico che sarebbe arrivato con la seconda corsa del 26. Nulla gli aveva chiesto di spiegargli, come se avesse compreso ogni cosa; e in verità, quantunque ignorasse quanto era sopravvenuto, aveva intuito la gravità della crisi. Per ribadire l’anello che la legava al marito, bisognava che quella donna volesse sottrarsi all’amante; ma perchè mai, allora, proprio l’amante doveva assistere a quelle nozze? Un secreto accordo era intervenuto fra loro? Ma allora che cosa crucciava, quale pena rodeva l’amico suo?
— Volendo ripartire domani, — gli domandò, per dire qualche cosa, per interrompere il silenzio penoso, — quale corsa mi conviene prendere?
— Quella del pomeriggio. La mattina il battello in discesa passa alle 5; bisognerebbe levarsi alle 3 per giungere in tempo.
— No, non ho furia; preferisco aspettare.
Tacque ancora; poi ridomandò:
— E tu, ti tratterrai un pezzo quassù?... Tornerai a Firenze?... Che cosa ti proponi di fare?
L’interrogato si voltò a guardarlo con espressione di meraviglia.
— Mi tratterrò?... Dove andrò?... Che cosa farò?...
Pareva in preda a un grande stupore, come se le domande fossero troppo bizzarre e stravaganti.
— E tu, lo sai che cosa farai?... Lo sa nessuno, quel che farà?... Conosci qualcuno che faccia ciò che vuole?... Ah, sì!...
Un carro in discesa era apparso da una svoltata e s’avanzava incrociandosi col calessino. L’uomo che lo guidava, un contadino di dubbia età, con le labbra sottili interamente sbarbate, gli occhietti lucenti, il collo avvolto in un fazzoletto, salutò profondamente, cavandosi il berretto.
— Riverisco, signoria!
— Ciao, Pin!... — gli gridò lo scultore, improvvisamente animato, con un sorriso ed un gesto vivace. — Tien duro, Pin!... Non mollare!... Vendiamolo caro, quel seme....
— Stia pur sicuro!... — gridò a sua volta il passante, con un riso sonoro. — A Pinella Scórcola non la fanno mica!...
— Bravo Pinella!...
Ma gettata quella voce d’approvazione all’uomo già lontano, lo sguardo del dolente si spense.
— Quel bruto, sì, fa ciò che vuole; sa quanto deve vendere il suo raccolto, come può frodare il compratore. — Dando un colpo di frusta al cavallo che trasalì e quasi s’impennò all’inusato maltrattamento, soggiunse: — Tu lo sai ciò che vuoi: arrivare presto alla stalla, mangiare il tuo sacco di biada.... Ma io, ma noi....
— È vero! — mormorò Perez, chinando il capo, pensando alla stranezza del caso che lo faceva salire su quell’alpe per assistere alle rinnovate nozze d’un uomo che non conosceva e della donna per cui l’amico suo spasimava.
Ma Lodovico, con voce rauca, strozzata da un colpo di tosse, ribattè:
— È vero, che cosa?... C’è qualche cosa di vero?... C’è qualche cosa di reale?... Io ti domando se questa scena che ci sta dinanzi esiste, se noi che parliamo esistiamo, se l’universo e la vita hanno nulla di consistente.... Divago? Hai paura che mi giri?
— Vedo che soffri.
— Ora? In questo momento? No. Ora non soffro.
Perez tentò di prendergli la mano guantata che stringeva le redini, esclamando:
— Lodovico, lasciami dire....
Ma egli continuò, come se non avesse udito l’interruzione:
— Ora mi par di sognare.... Ti giuro che il solo sentimento ancora vivo in me è lo stupore.... Non mi riconosco, non riconosco niente intorno a me.... Tutto ha un senso ha un senso nuovo, insolito, impenetrabile.... La memoria m’inganna.... Ho tardato a ordinare che attaccassero perchè non pensavo più che tu dovessi arrivare a quest’ora.... quantunque il motivo del tuo viaggio.... quello, no, non mi fosse uscito di mente!...
Rise d’un riso così doloroso, che Perez ripetè con nuova effusione il gesto, gli strinse con più forza la mano ed espresse finalmente tutta la sua inquieta curiosità domandando, a frasi rotte, per accenni:
— Ma perchè?... Che cosa significa?... Siete d’accordo?... Con quale intenzione?
Abbandonate le redini per rispondere alla stretta della mano amica, Lodovico mormorò, battendo le ciglia sugli occhi stanchi:
— Perchè!... Perchè questa è la logica, dice, della nostra situazione.... Perchè il nodo che la stringe a suo marito è troppo saldo, perchè quell’uomo soffrirebbe troppo nel perderla, perchè i figli non possono essere abbandonati....
— Va bene; ma quale necessità di compiere la nuova cerimonia?...
— Non potendo disfare questo nodo, bisogna, dice, rinsaldarlo. Si sono sentiti, dice, poco maritati dalla legge africana, che consente il divorzio con estrema facilità; vogliono, vuole, una conferma irrevocabile.
— E tu, proprio tu, devi servirle da testimonio?
— Io. E la cerimonia deve celebrarsi proprio qui, nella chiesa del mio paese; e tu, il mio migliore amico, il mio confidente, anche tu devi esser presente.
— Lo so, ma non capisco. Perchè?
— Perchè! Forse perchè io non possa dubitare che il suo proponimento è stato attuato; perchè neanche in sogno io creda più alla possibilità che torni libera.
— Ma dunque.... volevi che divorziasse?
Il dolente strinse anche più forte la mano fraterna.
— Non posso vivere senza di lei.
— Volevi sposarla?... — insistè Perez, stupito.
— Ti pare incredibile? Non te ne sai dare ragione?... Ma capisci ora la parte che questa donna ha presa nella mia vita?... Sì, ho voluto unirla a me, per sempre.... E la perdo, invece, per volontà sua, unicamente. E non posso maledirla.... Tu che studii il cuore umano, studia questo caso: ella mi sfugge perchè mi ama. Questa è, dice, la più gran prova d’amore che m’abbia data. Ascolta, tu che passi come me la vita a cercare immagini di bellezza: io le dissi un giorno, ai primi tempi dell’amor nostro, che bisognava fare una cosa bella di questo nostro amore, che bisognava salvarlo dalla corruzione, dalle volgarità.... Quando mi è parso che la dissoluzione del suo matrimonio e la nostra unione fossero ciò che di meglio potessimo fare per la bellezza dell’esempio che avremmo dato al mondo, ella ha sdegnosamente sorriso, mi ha dimostrato che ci saremmo odiati il domani delle nostre nozze; mentre, dal momento che ci saremo uniformati alla necessità, che avremo sacrificato il nostro piacere al dovere, che avrò assistito alla benedizione del suo anello nuziale, la nostra fiamma purificata arderà più alta, la stessa memoria dell’amor nostro sarà benedetta....
La sua voce si spense in un brivido. Lasciata la mano del compagno, riafferrò le redini, le trasse forte a sè, fece arrestare la bestia e balzò a terra.
— Lodovico! Che fai?
— Nulla: mi muovo.
Perez scese anche lui, gli si pose a fianco, incapace di proferir parola. Sentiva l’inutilità di qualunque commento, l’intimo accordo dei loro giudizî nel riconoscere che quella soluzione era veramente la più degna, la sola degna. Soltanto, mentre egli la considerava teoricamente, da spettatore disinteressato, il cuore dell’amico suo sanguinava. Come confortarlo? Che dirgli?
Il cavallo, nonostante la minor gravezza della soma e la minore pendenza della strada già presso al termine, non aveva modificato l’andatura. Ora il lago era scomparso dietro le spalle dei viandanti; in una insenatura della montagna si scorgeva il paesetto con le sue casette bianche sparse come un gregge intorno ad una massa alta e scura: la chiesa. Fra poche ore, lassù, si sarebbe compiuto il rito. Come avrebbe Lodovico sostenuto la commozione ineffabile, se il solo pensiero di ciò che si preparava lo turbava così? E che cosa sarebbe poi avvenuto dei due amanti? L’intenzione di attingere nella benedizione nuziale nuova forza per resistere alla tentazione e tornare al suo ufficio di moglie e di madre, chiudendo nel cuore la fiamma del sentimento vietato, deponeva senza dubbio in favore di quella donna; ma i migliori proponimenti sarebbero poi valsi contro l’abito contratto, contro la forza dei ricordi? Che ostacolo avrebbe ella potuto trovare nel compimento della cerimonia religiosa al proseguimento dei loro secreti rapporti? Vedendo l’angoscia dell’amico, Perez pensava di confortarlo con questo argomento: «Non ti disperare: costei che ti dà una prova d’amore rifiutando di unirsi a te, ma per restar tua con la memoria, col cuore, tornerà a te, nell’altro modo, quando vorrai....» ma uno scrupolo lo tratteneva, un senso come di pudore all’idea di negare una cosa bella, la saldezza dei buoni propositi di lei, la possibilità che entrambi perseverassero nel sacrifizio.
— Partiranno subito? — domandò tuttavia, per dedurne quando e dove avrebbero potuto rivedersi.
— Subito.... Scenderanno a Gozzana per prendere il treno delle undici e cinque.
— Tornano a Firenze?
— Per prendere i figli. Ripartono per l’Inghilterra.
— Suo marito non torna in Africa?
Lodovico rispose di no con una mossa del capo.
— No? Non vi torna più?
Con uno sforzo su sè stesso, l’interrogato proferì:
— No.... Si è dimesso.... Si stabiliscono a Londra....
A quell’annunzio, improvvisamente, Perez ebbe la piena coscienza del proprio torto. Il sacrifizio era totale, per volontà di lei, evidentemente; ella aveva sentito che non bastava unirsi spiritualmente al marito, ma che doveva restare al suo fianco, materialmente, vigilata dal suo affetto, lontana dalla tentazione. Nulla restava da dire per consolare l’afflitto; nulla, fuorchè lodare la bellezza di quell’anima; ma ogni parola di lode non avrebbe aperto una nuova ferita nell’anima dell’amante?
Procedettero ancora un pezzo in silenzio; poi, alla Croce del Calvario, scoprendosi il panorama della Valsilvana, simile ad uno squarcio enorme nel fianco della terra, con le vene denudate del Borchio e della Marsaglia, Perez sostò un momento, volgendo lo sguardo per il paesaggio.
— E questo «Grand-Hôtel» di Fraida? — domandò all’amico. — Io non me ne rammento.
— Dall’altra parte della montagna, oltre il bosco dei larici.
— La conosco, Fraida; dico che questo albergo due anni addietro non c’era.
— È nuovo, dell’altro anno.
Superato l’ultimo tratto dell’erta, il cavallo s’arrestò al principio d’un viale piano e diritto. Pareva che l’intelligente animale volesse significare: «È ora di risalire». Lodovico, infatti, riprese il proprio posto, seguito dall’amico. Appena sentì le redini in mano al padrone, la bestia ripartì al piccolo trotto, con la testa alta, scodinzolando. In pochi minuti percorse il viale, sino in fondo alla piazza.
La chiesa la dominava, da una specie di alta terrazza alla quale si saliva per una larga gradinata: una chiesa severa come un castello, munita di due campanili che parevano torri, coi muri disadorni anneriti dall’età, umidi e rivestiti di musco alla base. Un poco più in alto della chiesa, di fianco, tra una folta macchia di alberi, un vasto e basso casamento, con una specie di rustico portico, formato da colonne di mattoni: la vecchia casa dei Bertini. Il cavallo s’avviò lentamente per la ripidissima viottola che portava lassù. Sotto il portico i parenti dell’ospite aspettavano: la sorella, il cognato, i nipoti.
— Benvenuto!... Bentornato fra noi!... — esclamò il dottore, con un sorriso cordiale sulla faccia barbuta, stendendo le braccia nerborute a prendere la valigia, a stringere le due mani dell’ospite. — Da quanto tempo ci aveva promesso questa desideratissima visita!...
— Si vede — soggiunse la sorella, scrollando il capo precocemente bianco di chiome, ma roseo e fresco di carnagione — che il nostro paese non gli piace, e forse neanche la nostra casa!
Perez protestò vivacemente:
— Signora Laura, non mi mortifichi, adesso!... Sarei di difficile contentatura se non giudicassi il paese semplicemente meraviglioso; e quanto alla loro casa, è proprio sicura che sia tutta loro, dopo che io vi sono venuto?
— Questo è anche vero! Ma se non esercitate la vostra parte di proprietà, c’è il caso d’incappare nella prescrizione!
— Eccomi qui ad interromperla!... Come cresce questa gioventù!... — esclamò poi, rivolgendosi ai due adolescenti, posando la mano sulle loro spalle, e fermandosi estatico dinanzi alla piccola Rita. — Ma guardate un poco come ci siamo fatte grandi e belle, zitte zitte, senza dirne nulla allo zio del cuore!... Non te ne rammenti più, dello zio del cuore?... Abbiamo perduto un poco di memoria, intanto che ci siamo fatte signorine?...
La bimba avvampò. Bruna con gli occhi azzurri, il viso magro e allungato dei Bertini, la personcina slanciata, l’espressione dolce e patetica, pareva una figura spiccata da un quadro.
— Se lo zio del cuore vuol vedere la stanza che gli abbiamo preparata....
— Sicuro che voglio vederla! E bada bene che se non è bella come quella dell’altra volta, mi prenderò la tua!
Era ancora la stessa, all’angolo di mezzogiorno e di levante, con le due finestre aperte sulle vedute della valle e del lago: un grosso mazzo di violette, in un vaso di cristallo sulla scrivania, la profumava. Egli vi si trattenne il tempo di disfare la valigia, di mettere in ordine le sue cose e cambiarsi; subito dopo uscì nel salotto in cerca di Lodovico.
— Mio fratello è andato un momento fuori, — gli disse la signora Laura. — Se avete bisogno di qualche cosa....
— Grazie! Di nulla!... Non sarà nello studio?...
— Oh, nello studio!... — esclamò l’interrogata, con espressione di profondo rammarico. — Non vi ha posto piede da che è qui; non ne ha neppure cercato la chiave!
— Non se ne dolga. Lo lasci riposare.
— È quel che ho detto per iscusarlo, a chi si lagna della sua inerzia. Vi ha parlato almeno del monumento sull’Antalba?
— No.
— Vedete?... Il suo nome fu concordemente suggerito da tutti, quando sorse l’idea d’innalzare una grande immagine sacra su quella vetta. Si sono raccolte più di trentamila lire: somma ragguardevole, se pensate che il nostro paese non è ricco, e che, naturalmente, questo denaro dovrà servire alle sole spese vive. Per la scelta del tema si sono interamente affidati alla sua fantasia d’artista; monsignor Garbarini, il nostro vescovo, gli ha fatto sapere che se i fondi disponibili non basteranno allo svolgimento di un’idea grandiosa, supplirà del suo. Ma dopo molte promesse, dopo le calde sollecitazioni rivoltegli da Don Pietro Castelli, il nostro vecchio e buon curato orgoglioso di lui più che un padre del figlio, egli non parla neppure di mettersi al lavoro. Aveva detto che doveva risalire su quel monte, per ispirarsi: dacchè è qui, è uscito oggi la prima volta, per venirvi incontro.
— Ha lavorato tanto, a Firenze....
— Non è il lavoro quello che lo abbatte così; io so di quali sforzi è capace quando ha sereno lo spirito.... Sentite, Perez, giacchè siamo su questo doloroso argomento.... Noi abbiamo aspettato con tanta impazienza questa vostra visita perchè speriamo molto in voi.... Non vedete com’è ridotto il mio povero Lodovico?
— Mi pare un poco sofferente, infatti. Che ha?
— Lo sappiamo, forse?... Mio marito non è riuscito ad osservarlo, non gli ha potuto strappare una sola parola. Dichiara che sta benissimo! E non digerisce, passa le notti insonni....
— Neurastenia, dispepsia nervosa, probabilmente.
— Poterlo credere!... Noi facciamo assegnamento su voi, Perez, che gli siete tanto amico, che avete la sua confidenza.... Con noi è chiuso, irritabile a un grado che non posso dirvi.... Interrogatelo, diteci che ha, che cosa possiamo fare per lui; fate voi stesso qualche cosa per guarirlo, per divagarlo....
— Proverò, signora Laura; ma bisognerebbe aver tempo, e disgraziatamente i giorni della mia licenza sono contati.
— Già, dimenticavo che siete venuto per la cerimonia di domani, non per noi.... Siete molto più amico di quei signori che nostro!
L’espressione di fiduciosa preghiera, di cordiale abbandono che aveva animato il suo viso e la sua voce diede luogo, mentre ella proferiva queste ultime parole, a un senso di riserva, quasi di diffidenza.
— Amico no, davvero!... — protestò Perez.
— No?
— Conobbi la signora a Valsorrisa, due anni addietro, quando passammo la stagione lassù con Lodovico.
— Giovane? Bella? — domandò l’altra, a denti stretti.
— Ma come? Non la conosce?
— Io no.
— Non sono qui col marito, alla Fraida?
— Sì, ho sentito che vi sono tornati da qualche giorno, dopo esservi stati un mese fa, per la richiesta delle pubblicazioni; ma io non li ho visti, nè allora nè ora....
Perez tacque un poco; poi, come spiegando la cosa a sè stesso, riprese:
— Senza dubbio, nella loro condizione particolarissima, hanno bisogno di solitudine, di raccoglimento....
— Senza dubbio! — ripetè la signora Laura. — Nessun indiscreto — soggiunse, sottolineando la parola con l’intonazione della voce e un gesto della mano — li disturberà.
— Però, con loro.... coi parenti di Lodovico....
— Ma già: è quel che si potrebbe pensare, se gli sono tanto amici da scegliere proprio il suo paese per compiervi questa.... — Non pronunziò la parola; dopo una breve reticenza riprese: — Non mancavano certamente siti fuori mano, in Toscana.... se stanno a Firenze....
— Vi sta la signora. Il marito è rimasto finora in Africa, nella Stanlesia.... Suo fratello non le ha narrato?
— Lodovico non è stato mai molto loquace; ora, poi....
Parve che ella volesse aggiungere qualche cosa, ma si rivoltò a un tratto udendo rumore di passi: lo scultore apparve sull’uscio.
— Laura, — disse alla sorella, — non mi riesce di trovar la chiave dello studio. Dove l’avranno cacciata?
— L’ho serbata io. Ti serve?
— Bisognerebbe aprirlo per mettervi un po’ d’ordine.
— Subito. Faccio da me, o vieni anche tu?
— No, io resto con Perez.
I due amici uscirono sulla terrazza. Il velo della nebbia si era sollevato un poco; un sole pallido, senza raggi, pendeva sulla cima Antalba.
— Ho sentito del monumento sacro che vogliono innalzare lassù, — disse Perez. — Ti disponi a lavorare?
— Io?... Se mi dài un’idea, se mi spieghi che cosa debbo fare!...
Si appoggiò a una delle colonne, strappò alcune foglie gialle dalla vite che vi si attorcigliava, e soggiunse, pianissimo, come parlando tra sè:
— Domattina verrà qui.
— Ho sentito che tua sorella non la conosce ancora.
— No. Non ha voluto conoscere nessuno dei miei, non ha voluto entrare in questa casa, prima della funzione sacra....
Perez chinò il capo in atto d’approvazione, senza pronunziare le parole di lode che gli venivano alle labbra.
— A proposito!... — esclamò poi, — vorrei dirti una cosa.... La signora Lariani mi scrisse di astenermi dalle solite formalità; ma fiori vorrei pure mandarne.... anche come annunzio che sono arrivato.
Lodovico rispose, con lo stesso tono raccolto:
— Fiori, sì. Li mando anch’io....
— Ne avete sempre tanti, in giardino? Tuo cognato li coltiva con la stessa passione?
— Sempre....
La piccola Rita attraversava in quel momento la terrazza correndo. Visti i due amici, si fermò di botto.
— Rita, — le domandò lo zio, — dov’è tuo padre?
— L’hanno mandato a chiamare da Cecco della Gervasa.... Dice che sta molto male.
— E tu dove vai?
— In giardino, a coglier fiori per la cappella del Redentore.
— Lasciane, dei belli.... Ne ho bisogno.
— Eh!... — rispose la bimba, facendo col braccino un gesto largo. — Prima che li colga tutti!... Ma se vuoi scegliere, perchè non vieni con me?
— Mi pare che la mia nipotina del cuore abbia proprio ragione, — approvò Perez. — Andiamo anche noi.
Si avviarono. Dietro l’edificio principale, oltre la corte interna, dirimpetto ai corpi rustici, il vecchio granaio che lo scultore aveva trasformato e adattato a studio già mostrava il grande uscio e le finestre spalancate. La signora Laura, vedendo passare la piccola brigata, venne innanzi sulla soglia.
— Dove andate?
— In giardino, — rispose Rita.
— Laura, — soggiunse lo scultore, — io e Perez abbiamo bisogno di fiori, per stasera.
— Ma.... — fece ella, esitante, e quasi con un moto di contrarietà. — Domani, veramente, bisognerebbe ornare la cappella, alla Guardiola.
Un lampo passò nello sguardo di Lodovico. Egli rispose, con voce dura:
— Se bisogna ornare la cappella, cercheremo altrove....
— Ma no, ma no.... fa’ pure.... ce ne sarà per tutti.... — soggiunse tosto la signora Laura, riguardosa a un tratto, e come pentita delle prime parole; mentre suo fratello, voltatosi verso la bambina, le ingiungeva brevemente:
— Rita, andiamo!
La bimba, quasi comprendendo il secreto dissenso dei parenti, si voltò a guardare la madre coi grandi occhi inquieti, poi si mosse dietro allo zio.
Allora, con voce concitata e dolente, la signora Laura trattenne un istante l’amico.
— Vedete, Perez?... Ha preso fuoco.... Che gli ho detto?
— Sst!... Stia zitta!... Venga, venga con noi.... — E procedendo a brevi passi, in modo da far crescere la distanza dai due che li precedevano, l’ospite riprese: — Scusi, mia buona amica, ma neanche a me sembra che la nostra richiesta le abbia fatto molto piacere....
Vivacemente, schiettamente, ella confessò:
— È vero, sì.... e ve ne chiedo scusa!... Ma che volete!... Se dovessi dirvi che vediamo con molta simpatia questa donna, non sarei punto sincera.
— Mi permette di dirle che ha torto?
— Perchè è venuta qui? Perchè si nasconde da noi? Che cosa significa questo tardivo matrimonio religioso? Che cosa vuole da mio fratello?... No, Perez: bisogna che vi dica tutto, una buona volta.... Io sento che il male di Lodovico viene da lei.
Egli rispose, con voce grave:
— Il male, ma forse anche il bene.
— Come sarebbe a dire?
Erano sulla soglia del giardino, dove lo scultore e la sua nipotina cominciavano ad aggirarsi, chinati sulle aiuole, sui vasi, sulle piccole tettoie che riparavano le piante più delicate dalle intemperie.
— Signora Laura, a una donna d’alti sentimenti come lei si può, si deve anzi dir tutto, affinchè giudichi serenamente.... La signora Lariani è stata una grande passione di Lodovico; non è mancato per lui se, invece di rendere indissolubile il nodo coniugale, ella non lo ha sciolto, chiedendo ed ottenendo il divorzio in Africa per sposare suo fratello. Lei stessa si è opposta a questo disegno; lei stessa, stringendosi al padre dei proprî figli, rende impossibile la pazzia che Lodovico avrebbe commessa a cuor leggero. Non ha voluto lei stessa conoscere nessuno di loro, finchè la benedizione nuziale non avrà cancellato il ricordo del legame colpevole e riscattato l’errore.
— Ah!... — fece la signora Laura, fermandosi e guardando l’ospite con un senso d’immenso stupore.
— Domani, dopo la cerimonia, prima di partire per l’Inghilterra, dove vanno a stabilirsi, verrà qui. Veda lei, nella sua bontà, nella sua giustizia, se merita di essere accolta ostilmente....