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Questi sono i versi della morte, compilati e fatti da messere Jacopo, e secondo altri da messere Piero, figliuoli di Dante poeta fiorentino.
Io son la Morte, principessa grande,
Che la superbia umana in basso pono:
3Per tutto ’l mondo ’l mio nome si spande.
Trema la terra tutta nel mio suono:
Gli re e gran maestri in piccol’ora
6Per lo mio sguardo caggion del suo trono.
La forza giovenil non vi dimora,
Che subito non vada in sepoltura
9Fra tanti vermi, che così ’l divora.
Soldato, che ti vale tua armadura,
Che la mia falce non ti sbatta in terra,
12Perchè non facci la partenza dura?
Che n’arai poi di questa tua guerra,
Se non tormenti guai e gran tristezza?
15E forse mancherai a mezza serra.
E tu che credi aver la gentilezza
Per esser nato di gran parentato
18E per aver del corpo la bellezza,
Peggio che porco nato nel contato,
Il gran macello con disìo t’aspetta,
21Se non sarai di virtù ornato.
O giovinetto della zazzeretta,
Che non conosci li tuoi gran perigli
24E ’n quanti modi puoi morire in fretta,
Se tu sapessi quanti e quali artigli
Apparecchiati son per la tua vita,
27Seguiteresti gli divin consigli.
E ben che paia la tua età fiorita,
Presto si secca questo verde fiore,
30Se l’alma tua non sta con Dio unita.
Guardami in faccia, o ladro giucatore,
Che ti sconfonda ’l nostro gran spavento;
33E piú a te che se’ bestemmiatore.
Oh quanti son che si pascon di vento
Per seguitar gli onori e le ricchezze,
36Che mai si trovan poi alcun contento!
Vana speranza con molte sciocchezze
Parte da Dio la mente di costoro,
39E fagli perder l’eternal bellezze;
Per desiderio del marcibil oro
Perde lo tempo ch’è si cara cosa
42E guarda in terra dov’é ’l tesor loro.
La mente dell’avar non ha mai sposa
Né mai si sazia, e poi tutto abbandona
45Con gran tormento e pena angosciosa;
Dannasi l’alma e perde la persona,
Perde la gloria e perde bene eterno,
48Perde celeste e trïonfal corona.
Oh sodomita erede dell’inferno,
Putrido nella clòaca puzzolente,
51Da Dio dannato al fuoco sempiterno!
E tu lussurïoso, sei fetente,
Che di porcina schiatta pari uscito
54Che di broda e di fungo sempre sente!
La donna che consente a suo marito
Con offesa di Dio e sua vergogna,
57Varïando per tempi modo e sito!
L’eterno Dio di sopra già non sogna,
Ma vede sempre tutto vostro male
60E quanto sete mersi in la carogna;
E nel giudizio suo universale
Vostre vergogne fien tutte palese
63A tutto ’l mondo: nullo aiuto vale.
Vostre preghiere non saranno intese
Ma riprovate in gran confusïone,
66Nè mai per voi si faran difese.
Da poi mandati all’infernal prigione,
Ove fia ’l vostro pianto senza fine,
69Lamento grande e lugubre il sermone;
Ivi nell’aspre ed orride sentine
Da orribili ministri e furiosi
72Che brancheran le vostre miserine;
Poi per l’inferno tutti smaniosi
Senza pietade vi strascineranno
75Come ribaldi tristi e viziosi,
Nè mai di tormentar si stancheranno:
Anelerete di voler morire,
78E lor più freschi nel punir saranno.
Me chiamerete, e non porrò venire:
Così morendo sempre viverete,
81E vostra vita non porrà finire.
Delle gran pene mai non mancherete,
Perchè offendeste lo ’nfinito Dio;
84Però infinitamente là starete.
Or dite quel che vuol vostro disio
E tutto ’l spiacer ch’avete nel mondo
87Per contentare il vostro corpo rio!
Sopra di voi portate sì gran pondo
Che vi traboccherà in precipizio;
90Niente troverete esser giocondo:
Ed io non mancherò dal mio uffizio,
Darovi presto lo mortal flagello:
93Punir conviensi ciascun vostro vizio.
E non vedete sotto il mio mantello
Quanti falcioni i’ ho per ammazzarvi?
96E ancora porrò far senza coltello.
E mille modi i’ ho per aggrapparvi:
Scampar per alcun modo non potrete:
99Per tutti ho dato il modo a sotterrarvi.
È pur vana speranza che v’avete
Di dir mia colpa ed esser perdonati,
102Quando che più peccar voi non possete!
O ver che della fede abbandonati,
Dell’altra vita non credete niente
105E sempre siete in vizi relassati.
Sappiate questa volta certamente
Che quel che vuol trovar da Dio mercede
108Convien che senza vizio sia sua mente:
E quel che vive senza tanta fede
Ritroverassi alla pelliccerìa,
111Di Pluto e di Proserpina erede.
Or tu che credi stare in goderìa,
Apparecchia la biada al mio ronzino;
114Chè presto vengo alla tua osterìa;
E mangierai con meco nel catino
L’ultima tua vivanda amaricata
117Giacendo nella tomba a resupino:
E l’alma tua sempre fia dannata:
Per un po’ di dolcezza temporale
120Perde la gloria e la vita beata.
Ma quello che in virtude sempre sale,
Disprezza ’l mondo e fugge suo veleno,
123Cercando Dio lascia l’opere male,
Starà nel ciel perpetuo sereno.
(Da Rime e prose del buon secolo della lingua, tratte da mss. Lucca, Giusti, 1852.)