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CANTO XVII
Vanno in Gerusalemme alla purificazione della Madonna.
Costume della Legge.
SI tosto che i tre maghi e le primizie
dell’alme nostre incirconcise per le
celesti offrir le umane lor divizie,
forse Madonna sen vaghi vederle?
5forse ne divisò le dita, il petto,
le trecce ornarsi d’oro e fine perle?
forse le venne in mente il duro letto
del fien cangiar in piume al tener Figlio?
forse comprarne un campo, un poderetto?
io Anzi sa l’alta donna esser consiglio
nel ciel, che dove Cristo il capo acchine
non abbia proprio loco e domiciglio.
Di quei tre doni la cagion, la fine
intende, abbraccia, la ripon nel cuore:
15il pregio lor terreno ha come spine;
spine tenaci, ch’occupan l’umore,
onde il buon seme ingravida, germoglia,
e d’un sol n’esce un centinaio fuore.
Della vaghezza esterna lor si svoglia:
20me chiama in parte, ove, imperar dovendo,
pregami ch’io dar l’oro a’pover voglia.
Senza pensarvi piú, tal cura prendo:
faccione particelle, che in secreto
fra le man d’affamati e nudi spendo.
25Torna fra tanto a noi Gioseppe lieto,
a cui Madonna e della stella narra,
dei re, dei doni ed onorato ceto.
Il giusto allor giú mette l’ascia e marra,
e in ginocchioni chiama questa voce:
— Venute son le genti, han dato l’arra!
30
2IÓ IV - la palermitana
Ben fosti, Donna, a prenderla veloce;
or non piú ritrattar si può, ch’a loro
il Figlio è debitor di sangue e croce.
Dieron l’incenso, dièr la mirra e l’oro,
35daranno l’alme a tempo, e noi daremo
il Figlio ad essi in strazio ed in martoro.
Fra tanto a impier la legge tenderemo;
l’abbiamo, com’ei volle, circonciso;
or, per offrirlo al tempio, al tempio iremo.
40Esso poi beffeggiato e alfine ucciso,
dia nuova Legge e nuovo Testamento,
da carne ed ombra e littera diviso. —
Cosi parlava il giusto, al ciel intento.
Poi s’erge, volta a me facendo ch’io
45all’asinelio ponga il guarnimento.
Faccio presto e fedel l’officio mio
con tal fervor, ch’un animai si fatto,
per tal soma portar, esser desio.
Sfrondo una verga e i vecchi arnesi batto
50e della polve scuoto, in cui bisogna
seder Chi l’universo fece a un tratto.
E tu, vii uomo, e tu, lorda carogna,
salire al ciel disegni, e il Re del cielo
seguire in umiltá ti par vergogna!
55lo ricercando vo di pelo in pelo
quel suo destriero, e, s’ulla in lui mi spiace
o via la tolgo, o la ricopro e velo.
Va il giusto intanto ove sott’ombra giace
l’altro animai pasciuto, il drizza e mena
60e ponlo in mandre, ov’egli si conface.
Ritorna poscia, e l’unica serena
del ciel Imperatrice alfin s’asside
nel basto; ed io, vedendo, il creggio appena
Gioseppe le dá il Figlio, e nelle fide
65sue sante mani accetta il dolce incarco,
né mai dal caro sen lo si divide.
Io di piú cose in un fardel mi carco,
ed al somier, ovunque ficca il piede,
ho cura ognor d’agevolar il varco.
70Va concio il buon somier, non sta, non riede;
va, persevera e portasi la salma,
che al portator perseveranza chiede.
Ogni fedele, accesa e devot’alma
venga a seguirla nosco in guerra, ch’anco
75iremo seco alla vittrice palma!
Io non per piano, io non per monte stanco
vengo farle servigio in quel viaggio;
perdón le chieggio, se talora manco.
Poscia, siccome quel che pur sempre aggio
80pronto il desio d’intender le cagioni
degli andamenti suoi, m’accosto al saggio:
al saggio e buono, anzi ottimo fra’ buoni,
Gioseppe accosto, ed umil prego ch’esso,
cosi in andando, ad util mio ragioni;
85e che un pensier fra gli altri ho dentro impresso,
di saper donde avvien che vanno allora
per purgar vizio non da lor commesso.
Risponde: — In ciò s’ammanta e s’incolora
il sacramento, per tenerlo ascoso
90fino al prescritto tempo ch’esca fuora.
La Legge vuol che il mal contagioso,
contratto nel consorzio maritale,
immondo sia non men d’ogni leproso.
Però nasce un infante lordo, e tale
95l’ottavo di vien circonciso e appare
purgato e lascia il fiele originale.
Sua madre in quei di ancor non all’altare
esce, come appestata, fuor di casa;
poi, giunti i trenta di, si va a purgare.
100Or, benché questa Dea sia netta e rasa
d’ogni quantunque piccola sozzura,
quantunque fuor d’un career tal rimasa,
vuol Cristo nondimen ciò, che in figura
di Lui sta scritto e in cerimonie posto,
105scioglier e seco trarlo in sepoltura.
Esso in tre di se ne sciorrá tantosto,
giá ravvivato; ma di scritta Legge
quest’uso sempre rimarrá nascosto.
Altr’uso, altri costumi, altr’opre elegge;
110viensi allo Spirto, al circoncider solo
l’alme e purgarle e offrir del cuor le gregge.
Il pianto e degli eccessi l’astio, il duolo,
il cangiar vita, il reformarsi dentro,
saran di agnei, di buoi, di capre stuolo.
115Ma siamo giunti alla cittade, al centro
dell’ampia balla in piano posta. Ahi cieca,
ch’or non vedrai quel Re, che a te vien entro!
Quel, che chiamasti e cerchi, mò ti reca
la libertá; ma non la vuoi, ché troppo
120godi nel mal, troppo l’error t’accieca!
Tu viver pensi, e piú che di galoppo
sei corsa a morte. Tu veder pur credi,
e il lume hai sguerzo; andar, e il piede hai zoppo!
Esser ti persuadi sana, e i fedi
125tuoi membri van gli stomacosi vermi
d’ognor pascendo dalla fronte ai piedi.
Però t’annunzio che non puoi vedermi
nel fascio ch’or ti porta l’asinelio,
c’hai gli occhi al tutto spenti, non che infermi.
130Porto di contrabando un mio fardello
ch’or non ti paga il fio, né addurlo voglio
nel tuo dotaggio, ch’entro evvi l’Agnello.
L’Agno ho qui meco, il quale piú d’un foglio
del libro, ove tuoi debiti stan scritti,
135per scontar viene e tòrti un tal cordoglio.
Ho meco il sol refugio degli afflitti,
che per te scioglio e muovere non manca
sol ch’a’ suoi piè chiamar pietá ti gitti.
L’Agnello ho meco, la cui lana bianca
140tonder porrai, ch’ei mutolo starassi:
vendendo lei, da creditor sei franca.
E tutto d’òr e tutto fin darassi
a te, che il compri vii, che il vendi caro;
non intier no, ma rompilo e fracassi.
145Ponlo al macello, tránne il sangue chiaro;
sangue c’ha sol virtú, chi ’l bee, chi s’unge,
sciòr ciascun membro pestilente e raro. —
Cosi parlava il giusto; e, mentre punge
e accenna il somarei ch’afTretti, entramo
150le regai porte, ed ove al ciel si giunge
il ricco tempio, a por le salme andiamo.