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  Già la notte s’avvicina:
  vieni, o Nice, amato bene,
  della placida marina
  le fresch’aure a respirar.
  Non sa dir che sia diletto5
  chi non posa in queste arene
  or che un lento zefiretto
  dolcemente increspa il mar.
Lascia una volta, o Nice,
lascia le tue capanne. Unico albergo10
non è già del piacere
la selvaggia dimora;
hanno quest’onde i lor diletti ancora.
Qui, se spiega la notte il fosco velo,
nel mare emulo al cielo15
più lucide, più belle
moltiplicar le stelle,
e per l’onda vedrai gelida e bruna
rompere i raggi e scintillar la luna.
Il giorno al suon d’una ritorta conca, 20
che nulla cede alle incerate avene,
se non vuoi le mie pene,
di Teti e Galatea, di Glauce e Dori
ti canterò gli amori.
Tu dal mar scorgerai sul vicin prato25
pascer le molli erbette
e le tue care agnellette,
non offese dal sol fra ramo e ramo:
e con la canna e l’amo
i pesci intanto insidiar potrai; 30
e sarà la mia Nice
pastorella in un punto e pescatrice.
  Non più fra’ sassi algosi
  staranno i pesci ascosi;
  tutti per l’onda amara, 35
  tutti verranno a gara
  fra’ lacci del mio ben.
  E l’umidette figlie
  de’ tremuli cristalli
  di pallide conchiglie, 40
  di lucidi coralli
  le colmeranno il sen.

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