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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833
LA PRIMA CUMMUGGNONE1.
Terminata che ffu ll’urtima scéna,2
Cristo diede de pìccio3 a una paggnotta,
La conzagrò, la róppe,4 e, appena rotta,
Cummunicò un e ll’antro5 a ppanza piena.6
E ss’ha da dì cche ppropio stassi7 in vena,
Pe’ ddà8 la su’ fettina a cquer marmotta
De Ggiuda (vojjo dì Ggiuda Scariotta),
Che annò a ffa cquer tantin de cannofiena.9
Poi lui puro,10 viscino a la passione,
Pe’ mmorì cco’ li santi sagramenti,
Se maggnò da sestesso in cummuggnone.
S’intenne11 ggià cco’ ttutti l’ingredienti;
Ciovè12 ddoppo una bbona confessione,
Pe’ rregola dell’antri13 pinitenti.
27 maggio 1833
- ↑ Comunione.
- ↑ Cena.
- ↑ Diede di piglio.
- ↑ Colla o chiusa: “ruppe.„
- ↑ Uno e l’altro, tutti.
- ↑ Come sono cambiati i costumi! Andate ora dopo mangiato a prendere l’Eucaristia! Vi beete la condanna del qui manducat et bibit indignè. Ma in quel cenacolo, l’ultimo boccòne sarà disceso nello stomaco all’ultimo minuto avanti la mezza-notte, e la comunione sacramentale al primo minuto seguente, ciò che forma una intiera giornata, e val meglio che non una digestione già perfetta in sei o sette ore seguite in una giornata medesima. Ecco il vero spirito del digiuno naturale, prescritto ad uno stomaco destinato per albergo al Signore.
- ↑ Stasse.
- ↑ [per dare: poichè diede.]
- ↑ Altalena.
- ↑ Egli pure, anch’egli.
- ↑ S’intende.
- ↑ Cioè.
- ↑ Degli altri.
Note
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