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LA RÓCCA.
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Idillio dal greco di Teocrito.
O dono di Minerva, o rócca amica
Delle candide lane, all’operosa
3Femminea man dolcissima fatica,
Lesta vien meco alla città famosa
Di Nilèo, dove a Venere sul mare
6Verdeggia un’ara fra le canne ascosa.
Fausti i venti preghiam sì che le care
Luci io vegga dell’ospite lontano,
9Del mio buon Nicia, a cui le grazie avare
Non fur di vezzi. Or tu, bel dono, in mano
Della sua donna andrai, se di gentili
12Eburnei fregi non ti cinsi invano.
Con lei sedendo filerai virili
Paludamenti, e veli alle donzelle
15Più che la spuma niveï e sottili.
Due volte l’anno le canute agnelle
Sovra l’erbetta deporran le spoglie,
18Cura di Teagène e dell’ancelle.
Veder ben puoi ch’all’ozïose soglie
Io non ti guido di codarda gente,
21Ma presso ad una di pudiche voglie
Donna d’alti pensier piena la mente;
A te venuta di sì chiara sponda
24Con ignavi abitar non si consente.
Patria t’è quella, che fondò sull’onda
Archia Corintio; di Sicilia il cuore,
27Siracusa d’eroi madre feconda.
Or raccolta nell’inclite dimore
D’uom che all’egro mortal molce le pene,
30Co’ farmachi fugando ogni malore,
Tu di Mileto abiterai l’amene
Piagge bagnate dall’Ionio, e spero
33Recherai nova grazia a Teagène.
A lei ricorda il buon cantor straniero;
E sia talun che nel vederti dica:
36Picciolo par, ma grande e lusinghiero
È sempre il don che vien da mano amica.