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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Dei fratelli infermi.
CAP. 36.°
Si dee aver cura degl infermi prima
e sopra di ogni altra cosa, servendo
ad essi, come se davvero si servisse a
Cristo. Perciocchè Egli disse: Fui
infermo, e mi visitaste. — Ciò che
faceste ad uno di questi piccoli, a me lo
avete fatto. —
Ma gli stessi infermi considerino ancora, che si serve a loro per riguardo di Dio; e non rattristino con le loro indiscretezze i fratelli che li servono. I quali nondimeno si debbono comportare con pazienza, perché in tali casi si acquista più larga mercede. Adunque l’Abbate abbia grandissima cura, onde gl’infermi non patiscono per qualche negligenza.
Ai fratelli infermi sia deputata una camera da ciò, e un servo timorato di Dio, diligente e pronto. L’uso dei bagni sia conceduto agl’infermi, ogni volta che convenga: ma ai sani, massimamente ai giovani, assai di rado si conceda. Il mangiar carne però in ogni modo si permetta agl’infermi e ai molto indeboliti, affinchè ripiglino le forze. Appena poi si saranno ristabiliti, tutti, secondo il consueto, si astengano dalle carni.
Eserciti infine l’Abbate somma vigilanza, affinché gl’infermi non siano negletti dai Cellerarii e dai servi: giacché a lui si ascrive ogni mancamento dei discepoli.