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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Della misura del cibo.
CAP. 39.°
Crediamo che due vivande cotte
bastino alla refezione quotidiana in
ogni dì, sì di Sesta come di Nona, e
ciò per la diversità dei temperamenti:
onde se per avventura alcuno non
potesse mangiare dell’una, si ristori
coll’altra. Adunque due vivande cotte
bastino a tutti i fratelli. E se si
potessero avere pomi o legumi, se ne
aggiunga una terza. Una libbra pesata
di pane basti ogni giorno a ciascuno,
o che vi sia una sola refezione, o che
due, cioè del pranzo e della cena.
Quando si abbia a cenare, il Cellerario
ritenga una terza parte di essa libbra
di pane, per darla all’ora di cena.
Che se per caso si fosse fatta più grande fatica del consueto, sarà in arbitrio e potestá dell’Abbate aggiungere qualche cosa, se sia espediente, purchè sempre si scansi lo stravizio, e non mai il monaco sia preso da indigestione. Perciocchè non vi è cosa più contraria a ogni buon cristiano, che lo stravizio, siccome dice il nostro Signore: Guardate che non si aggravino i vostri sentimenti per lo stravizio.
Ai fanciulli poi di minore età non diasi la stessa quantità, ma più piccola che agli adulti, conservando sempre la parsimonia. Dalle carni dei quadrupedi però tutti assolutamente si astengano, salvo solamente i deboli e gl’infermi.