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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Di coloro che giungono tardi all’officio divino o alla mensa.
CAP. 43.°
All’ora del divino Officio, appena
udito il segno, si corra con grande
sollecitudine, lasciando tutte le cose
che si avessero tra le mani; ma con
gravità, onde non si dia eccitamento
alla ilarità. Nulla dunque mai si
anteponga all’opera di Dio. Che se alcuno arriverà all’officio della notte dopo
che si è detto il Gloria del salmo
nonagesimo quarto (che a questo oggetto
vogliamo si reciti con pausa e
lentamente), non pigli il suo posto in Coro,
ma resti l’ultimo di tutti, o in quel
luogo che l’Abbate avrà destinato a
simili negligenti separatamente;
affinchè sia da lui e da tutti veduto;
e ciò, sino a che, compito l’officio
divino, con questa pubblica
soddisfazione mostri di pentirsi. Perciò infatti
abbiamo deliberato che tali negligenti
debbano stare nell’ultimo luogo o
separati, onde così visti da tutti, come
per loro stessa vergogna si emendino.
Perocché se rimanessero fuori
dell’Oratorio, forse che taluno si
ricoricherebbe per dormire, ovvero più
facilmente, seduto di fuori,
attenderebbe a ciance, dando così occasione
al tentatore. Stia dunque dentro,
perchè non perda tutto, e si emendi per
l’avvenire.
Nelle ore diurne poi, chi giunge all’officio divino dopo il verso e il Gloria del primo salmo, il quale salmo s’intona dopo il verso, stia nell’ultimo luogo, per quella legge che s’è detta; nò ardisca di accompagnarsi a quelli che salmeggiano in Coro, sino a che non abbia dato soddisfazione; se forse l’Abbate non dia licenza col suo perdono; intendendo però che pel reo questa sia la soddisfazione.
All’ora della refezione anche, chi non arriva prima del verso, in modo che tutti insieme lo dicano e preghino, e così tutti insieme si accostino alla mensa; quegli, dico, che per sua negligenza o vizio non sarà arrivato, ne sia ripreso sino alla seconda volta. Se poi non si emenderà, gli venga interdetto di partecipare alla mensa comune; ma, separato dal consorzio degli altri, si refocilli solo, toltagli la sua porzione di vino, sino a che non avrà soddisfatto e non si sarà emendato. Simile pena abbia colui che non sarà presente al verso, che si dice dopo il cibo. E niuno ardisca prendere nulla di cibo o di bevanda prima o dopo dell’ora stabilita. Ma se ad uno fosse offerto alcunché dal Superiore, e lo ricusasse, venendogliene desiderio in altra ora, non possa prendere né quello che prima aveva rifiutato né null’altro, sino a che non siasi emendato convenientemente.