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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Degli artefici del Monastero.
CAP 57.°
Se vi sono nel monastero artefici,
essi esercitino la loro arte con ogni
umiltà, se l’Abbate vi acconsente.
Che se alcuno di loro s’insuperbisse
per la conoscenza della sua arte,
perchè gli sembra di dare qualche cosa
al monastero, costui sia levato da
quell’arte, e mai più non vi sia
rimesso; salvo che umiliatosi, l’Abbate
non gliel comandi.
Dovendosi poi vendere qualche lavoro degli artefici, si guardino coloro per le cui mani passerà la cosa, dall’adoperare la menoma frode. Si ricordino sempre di Anania e di Saffira, onde costoro e tutti quelli che frodarono in qualche cosa il monastero non si procaccino la morte all’animar come quei ne furono colpiti nel corpo,
Così nell’assegnare ì prezzi non si lascino trasportare dalla tentazione dell’avarizia; ma sempre si venda alquanto meno che dai secolari, affinchè in ogni cosa sia glorificato Iddio.