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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
LA SERRATURA ARRUZZONITA1
Cuella festa, Maria, che tte fottei,
Aggnéde2 a sservì mmessa a Ssan Trifone,3
E ccelebbrò cquer Don Libborio Mei4
Che sse maggnò la piastra ar cucuzzone.5
Senti mó: tterminato l’Aggnusdei,
Tramezzo a un centinaro de perzone
S’accostorno all’artare scinqu’o ssei
Che vvoleveno fà la commuggnone.
Ma er prete, doppo conzumato er vino,
Pe’ cquanto se fregassi6 co’ le mano
Nun poté rruprì mmai lo sportellino.
Però, ar fin de la messa, Don Libborio
Se fesce bbe’ ssentì ddar zagrestano:
«E cche ddiavolo sc’è ddrent’ar cibborio?».
Roma, 23 dicembre 1832
- ↑ «Arrugginita» daipocchè la ruggine dicesi in Roma la ruzza.
- ↑ Andai.
- ↑ Chiesetta di Roma.
- ↑ Vedi i sonetti...
- ↑ Baccellone.
- ↑ Si adoperasse.
Note
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