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L'immasciatori de Roma Uno mejjo dell'antro
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

LA VEDOVANZA.

     Jeri Lei1 me mannò da la sartora,
La scucchiona,2 la vedova de Muccio3
Che un par de mesi fa jje morze4 fòra5
D’un carcio che jje diede un cavalluccio.

     Va6 cche ttu nun ciazzecchi?7 E ssissignora
Sta matta e nun z’è mmesso lo scoruccio?8
Nun ze tiè accanto llì ddove lavora
Er grugno9 de lo sposo in d’uno stuccio?

     Lei piagne sempre sto marito santo.
O mmagna, o ddorme, o ffa la bbirba,10 o ccusce,
O entra, o esce, tiè in zaccoccia er pianto.

     Ma ttutt’oro nun è cquer c’arilusce,
Perch’io travedde in d’una stanzia accanto
Un letto granne co’ ddu’ bbelle bbusce.

27 gennaio 1832.

  1. La padrona.
  2. Di lungo mento, detto scucchia.
  3. Giacomuccio.
  4. Morì.
  5. [Fuori di casa e della città.]
  6. [Accorciamento della formola di scommessa: “Va uno scudo, che tu non ci azzecchi?„]
  7. C’indovini.
  8. Il bruno.
  9. Viso; il ritratto.
  10. Sta in ozio.

Note

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