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XXII. De la uita de l’homo reducta a uechieza
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De la uita de l’homo reducta a la uechieza.          .xxij.


     AVdite una entenzone       ch’era fra doi persone
     uecchi & descaduti       cha, dopo eran perduti,
     l’uno era censalito       l’altro era ben uestito.
Lo censalito piangea       d’uno figlio ch’auea4
     impio et crudele       più amaro che fele:
     uedi, o compar mio,       del mio figlio iudìo!
     uedi co m’à dobato       de lo mio guadagnato!
     la sua lengua tagliente       più che spada pognente8
     tutto me fa tremare       quando l uegio arentrare;
     non fina gir gridando       & de girme strauando:
     o uecchio desensato,       demonio encarnato,
     non te poi mai morire,       ch’io te possa carire;12
     aio una nuora sancta       de paradiso pianta;
     certo io sarìa morto,       non fosse el suo conforto;
     tutto me ua lauando       & scegliendo & nettando;
     sì la benedica Dio       com’ell’è reposo mio.16
Compar, co m’ài ferito       d’esto ch’ài referito
     d’esta tua sancta nura,       ché n’aio una sì dura!
     se tu oderai contare       quel che me fa portare,
     terraite ben contento       de lo tuo encrescemento.20
     aio una nuora astuta       con la lengua forcuta,
     con una uoce enquina       che non ci arman uicina
     che non oda l gridato       del suo morganato;
     l’acqua, lo uento posa;       la lengua niquitosa24
     non può mai posare       de starme a niuriare
     con parole cocente       che me fendon la mente;
     meglio sirìa la morte       che la pena sì forte!
     agio un figlio ordenato       che Dio l’à fabrecato;28
     con meco paziente,       la sua lengua è piacente;
     a la moglie ha ferito       per quel che n’à sentito;
     ma nulla cosa gioua,       tanto è de dura proua.

Compar, lo contamento       ch’ài facto en parlamento,32
     mitigame el dolore       ch’aio portato en core;
     teneame lo più afflicto,       nel mondo derelicto,
     & cento più hai peio,       ch’ài mal senza remeio,
     ché passa onne malitia       ria femena en nequitia;36
     non t’encresca contare,       ché me puoi resanare,
     le parole dogliose       più che uenenose
     che questa tua nuora dice,       che Dio la maledice!
Compar, puoi recordare,       sì como a me pare,40
     donzello en bel seruire       & ornato caualìere,
     bello & costumato;       or so cusì auilato
     da una mercenaia       figlia de tauernaia;
     con la lengua demostra       che m’à uinto de giostra;44
     facto à cantutio       de lo mio reputio:
O casa tribulata,       che Dio l’à bandonata!
     lo uecchio desensato       en te si è anidato;
     strouele, obprobrioso,       brutto, puteglioso,48
     con gli occhi reguardosi,       rosci & caccolosi,
     palpetra reuersate,       paiono ensanguenate;
     lo naso sempre cola       como acqua de mola;
     como porci sannati       gli denti son scalzati;52
     con quelle roscie gengìe,       che paiono pur sanguìe,
     chi rider lo uedesse,       a pena che non moresse
     con quello guardo orribile       & la faccia terribile.
     ma pur lo gran fetore       che de la bocca esce fore,56
     la puza stermenata       la terra n’è nfermata;
     la sarocchiosa tossa,       chi lo uede contossa;
     con lo sputo fetente       che conturba la gente;
     róina secca serrata       che pare encotecata;60
     como lo can ch’à l raspo,       le man mena co naspo;
     lo uecchio delombato,       como arco piegato,
     & molte altre parole       che l mio cor dir non uole.
Compar, molto mi doglio       pensando el tuo cordoglio;64
     como l poi soffrire       tanta uergogna udire?
     marauiglia è che l core       non t’è crepato fore.
Compar, non te dolire       ché l mal se dé punire.
     commise lo peccato,       ben è ch’io sia pagato;68
     ch’abbi tanta alegreza       de la stolta belleza.
     ma non è maraueglia       s’io turbo mia fameglia;
     marauiglia m’ò facto,       pensando d’esto tracto,
     co cane scortecato       non me gett’al fossato,72
     uedendome sì orribele,       puzulente & spiaceuele.
O gente che amate       en belleza delectate,
     uenite a contemplare,       ché ue porrà giouare!
     mirate en questo specchio       de me desfacto uechio;76

     fui sì formoso & bello,       né citade né castello
     chiuel non ci armanea       ch’a me ueder trahea;
     or so così desfacto       en tutto scontrafacto,
     on omo à gran paura       uedendo mia figura;80
     uedete la belleza       che non ha stabeleza;
     la mane el fior è nato,       la sera el uei seccato.
O mondo enmondo,       che d’ogne ben m’ài mondo;
     o mondo fallace       ad hom ch’en te à pace;84
     o mondo barattiere,       bè glie costa el taoliere;
     lo tempo m’ài sotracto,       nullo seruasti pacto;
     col tuo mostrar de riso       perdut’ò l paradiso.
Signor, misericordia!       fa meco tua concordia!88
     famme la perdonanza       de mia graue offensanza!
     rendome pentuto,       ché non fui aueduto;
     per lo mondo auersire,       lassai lo tuo seruire;
     or lo uorrìa fare,       non me posso aiutare;92
     de la uergogna m’ardo       che m’auidi sì tardo.

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