Non senza invito io venni, anzi chiamato.
So che son giunti forestieri, e recano
una novella punto grata. Oreste
910è morto. E deve questo nuovo cruccio
patir la casa, oltre l’antica strage
che ci piaga e ci morde. Or, come apprendere
se credibile e vera è la novella,
o se sgomente ciance all’aria corrono,
915di femmine, che presto irrite cadono?

L’abbiamo udito. Ma tu entra e interroga
i forestieri. Allor che si può chiedere
direttamente, a che servono araldi?

Voglio vedere il nunzio e interrogarlo,
920se presente alla morte era, o se parla
per non chiara notizia. Acuto è l’occhio
della mia mente: non potrà deludermi.

.

Giove, Giove, che dire? Da dove
925cominciar le preghiere ed i voti?
Qual parola trovare che all’empito
mio sia pari, che affretti gli eventi?
Ora i fili di scuri omicide
sanguinanti, daranno alla rocca
930d’Agamènnone l’ultimo crollo;
o la luce ed il fuoco e le leggi,
ravvivando pei liberi, Oreste
dei suoi padri la grande opulenza
riavrà. Contro due quel divino
935si cimenta. Oh!, gli arrida Vittoria!

Ahi, Ahi! Ahimè, ahimè!

Ahi, Ahi! Senti?
Che c’è? Che cosa avviene in casa? — Mentre
si compiono gli eventi, ritiriamoci,
940onde sembri che noi d’ogni sciagura
siamo innocenti. Arde oramai la zuffa!

Ahimè, misero me, spento è il signore!
Ahimè! La terza volta ancor lo grido!
Egisto non è piú! Non indugiate,
945aprite, su, dei ginecei le porte
dalle spranghe sciogliete! E c’è bisogno
d’un giovane gagliardo. E non per porgere
soccorso: ai morti chi può dar soccorso?
Ahimè, ahimè!
950Io grido ai sordi, io mi rivolgo indarno
ai dormïenti, e nulla ottengo. Ov’è
Clitennestra? Che fa? Già la cervice
ella ha sul ceppo, piomba il colpo già!

Perché gridi cosí? Che cosa avviene?

955Dicono che i morti uccidono chi vive!

Ahimè! Ben chiaro questo enimma suona!
Spenti di frode siam, come uccidemmo.
Alcun mi porga un’omicida scure,
presto! Vediam se vinceremo, o se
960saremo vinti. A tal frangente or siamo.

Anche te cerco. Questo ebbe il suo debito.

Ahimè! Sei morto, Egisto dilettissimo!

Ami costui? Nella sua tomba stessa
giacerai: serberai fede all’estinto!

965Fermati, o figlio! Questo seno venera,
figlio, su cui spesso dormisti, a cui
almo latte suggean le tue gencive!

Che fare? Risparmiar mia madre, o Pilade?

E dove andâr gli oracoli d’Apollo,
970da Pito imposti, e i giuramenti sacri?
Inimícati tutti, e non gl’Iddei.

Tu mi convinci e mi consigli bene.
Seguimi: presso a lui voglio sgozzarti.
Vivo, lo preferisti al padre: giaci,
975morendo, accanto a lui: poi che tu ami
quest’uomo, e aborri chi dovresti amare.

Io ti nutrii: voglio invecchiare teco!

Viver con me, tu che uccidesti il padre?

Di tutto, o figlio, causa fu la Parca!

980E la Parca tal sorte ora t’appresta!

Figlio, odi le mie preci! Io son tua madre!

Ma, generato, mi gittasti ai triboli.

Gittarti? Amiche mura t’ospitarono!

Due volte fui venduto, io nato libero!

985E dov’è dunque il prezzo ch’io riscossi?

M’è scorno, apertamente rampognartelo.

Anche del padre tuo le colpe enumera.

Tu inerte in casa, non biasmar chi opera.

Lungi lo sposo aver, cruccio è alle femmine.

990Nutre, l’opra dell’uom, chi poltre in casa.

Figlio, vuoi dunque uccidere tua madre?

Non io t’uccido. Tu te stessa uccidi.

Temi le furie rabide materne.

Se ti risparmio, quelle del padre èvito?

995Viva, presso alla tomba, invano io gemo!

Del padre il fato a tal morte ti spinge.

Ho generato, ahimè, nutrito un àspide.
Ben fu profeta il terror dei miei sogni!

Lo sposo hai spento: abbi morte dal figlio!

1000Questo duplice scempio anche io lamento.
Or, poi che tanta strage Oreste misero
compie’, non crolli, ah no!, su la pupilla
di questa casa l’ultima rovina!