< Le Coefore
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Eschilo - Le Coefore (458 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1921)
Prologo
Personaggi Ingresso del coro


PROLOGO


Le prime scene si svolgono dinanzi alla tomba di Agamènnone, in una località del suburbio.


ORESTE

O tu che vegli, Ermète sotterraneo1,
del padre mio la sorte, a me che imploro
dà tu salvezza, al fianco mio combatti:
che a questo suolo io giungo: io sono qui.
5E lancio un bando al padre mio, sul clivo
di questa tomba, ch’ei m’oda, e m’ascolti.
L’Inaco il primo mio ricciolo s’ebbe2,
che nutrito m’avea: questo secondo,
segno di lutto, io qui recido, o padre,
10che lungi, alla tua morte, ero, e non piansi,
né le man sovra la tua spoglia io tesi. —
Che cosa scorgo? Quale accolta avanza
vêr noi di donne, in negri manti avvolte?
E quale evento io debbo indurre? Forse

15su la casa piombò nuova sciagura?
O penserò che libamenti, quali
molciscono i defunti, al padre rechino?
È questo il vero? — È questo: Elettra io vedo
che muove qui, la mia sorella, chiusa
20in luttuosa doglia. — O Giove, oh!, ch’io
vendichi il padre! E, tu benigno assistimi. —
Stiamo in disparte, o Pilade, ch’io veda
chiaro quale corteo di donne è questo.


Oreste e Pilade si rimpiattano.



  1. [p. 274 modifica]Ermete, fra i tanti uffici, aveva anche quello di accompagnare all’Averno le anime dei defunti. Era perciò, in qualche modo, loro protettore.
  2. [p. 275 modifica]I giovinetti, giunti alla soglia dell’età virile, si recidevano un ricciolo, e l’offrivano alle divinità locali: per lo piú alle fluviatili.

Note

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