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Il bandito alla prova
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Capitolo XI.
Se Nube Rossa, il gran sakem dei Corvi alleati dei Sioux, aveva sempre avuto una fortuna invidiabile nei suoi numerosissimi combattimenti contro gli americani, Sandy-Hook, il famoso svaligiatore delle corriere di California e dei treni del Pacifico, non ne aveva meno, a quanto pareva.
Il gigante saldo come una parete, provato a tutti i climi, a tutte le intemperie, a tutti i pericoli, aveva affrontato, con animo tranquillo le onde gelide e furiose della rapida coll’unico scopo di salvare l’indian-agent, il signor Devandel ed i due scorridori pei quali da anni sentiva una schietta e profonda simpatia.
Aveva combattuto ai loro fianchi, aveva avuto campo di apprezzare il loro straordinario valore, era sfuggito miracolosamente tante volte al laccio che doveva impiccarlo, e poteva quindi permettersi il lusso di porre in giuoco la sua vita, tanto più che la sua vecchia madre era andata ormai a mangiare le radici sotto la terra della verdeggiante Marylandia.
Sfuggito ai due colpi di arma da fuoco sparatigli contro dagl’indiani che vegliavano sulla riva destra del fiume del Lupo, sfuggito miracolosamente all’impeto delle acque mercè la sua pelle di bisonte, che lo difendeva anche dall’urto dei ghiacci, insensibile al freddo come un baleniere o meglio come un esquimese, aveva tagliato la rapida per di sotto, e nuotando vigorosamente aveva raggiunto la riva opposta.
Mezzo assiderato, era andato a cadere fra le nevi che coprivano la sponda, ma possedeva tale vitalità da venderne un po’ anche agli altri.
Si riposò cinque o sei minuti, svolse la pelle di bisonte grondante d’acqua e ghiacciuoli, ma che pure poteva almeno ripararlo dal vento del nord che spazzava le pianure coperte di neve, se la mise sulle spalle, strinse fra i denti una tavoletta di tabacco che non era più asciutta della sua camicia, e montò coraggiosamente la riva.
Come gli scorridori, si era improvvisata una capanna per sorvegliare le mosse dei Sioux. Gli premeva di guadagnare i diecimila dollari promessi dal Governo americano per la capigliatura di Minehaha. Forte come un bisonte, raggiunse l’altipiano e si avanzò sulla sconfinata pianura di neve che il vento tormentava. La neve volteggiava in tutte le direzioni, turbinando in piccole trombe, ed in lontananza ululavano i lupi affamati.
Il bandito si strinse sempre più addosso la pelle di bisonte ed affondò i piedi nudi nella neve.
Aveva percorso circa seicento metri e cercava di orizzontarsi per raggiungere la sua capanna, quando le nubi gravide di neve si squarciarono sotto un poderoso e freddissimo vento del settentrione, e la luna apparve, facendo scintillare la pianura come un’immensa distesa d’argento.
Mentre Sandy-Hook passava a quaranta o cinquanta metri da un folto gruppo di cornioli, una voce gutturale ruppe il silenzio appena turbato dal vento:
— Chi passa? —
A quella voce, sandy-Hook fece un gran salto indietro e aprì con un colpo secco la sua navaja lunga quanto una daga, mormorando:
— Un buon rifle sarebbe assai più preferibile di questo pezzo di acciaio, quantunque possa scucire il ventre anche ad un orso grigio.
Chi sarà questa seccatura che vuole tagliarmi la via? Un yankee, no di certo. Sono troppo lontani dalla riviera del Lupo, quei poltroni. —
Si tolse la gigantesca pelle di bisonte piegandola a forza in quattro, in modo da coprirsi quasi tutto, e si mise in guardia urlando colla sua voce di toro:
— Chi vive? —
Una risata stridula rispose.
— Ah! Un uomo bianco che passa! Ha deposta la sua capigliatura ai piedi di Minehaha o di Nube Rossa?
— Fulmini di Dio! — urlò il bandito. — Per chi mi prendi tu, pelle mal cucinata?
— Per una pelle bianca più mal cucinata della mia razza. —
Poi un indiano, di forme erculee, che portava infisse sulla capigliatura due penne di falco nero, distintivo dei sottocapi, uscì dalla macchia tenendo imbracciata una carabina.
— Dove va il mio fratello bianco con questa notte così fredda? — chiese.
— Alia caccia dei lupi — rispose Sandy-Hook, il quale non perdeva di vista il rifle che lo mirava.
— Hai avuto il permesso da Piede Grosso?
— Io? Non ho l’abitudine, quando vado a caccia, di domandare il permesso a chicchessia, nemmeno al vostro dannato Manitou. Vado e vengo come mi pare e piace, e me ne infischio di tutte le pelli mal biscottate che vivono fra i due oceani.
— Mio fratello bianco venga a fumare con me il calumet della pace — disse l’indiano.
― Il tuo Manitou ha spezzata la pipa dell’amicizia, che una volta si usava fra pelli bianche e rosse, e ora non tira più. Mi credi un minchione tu? Vi conosco, miei cari.
— Il mio moriche è stato bagnato nel whiskey, e fumerai una pipata deliziosa.
— Manitou ha spezzata la pipa, ti ho detto, — rispose Sandy-Hook. ― Che il diavolo ti porti all’inferno! Mi lasci passare, sì o no? —
L’indiano alzò per la terza volta la carabina e lasciò partire il colpo.
Il bandito, che lo sorvegliava attentamente, si lasciò cadere in mezzo alle neve gridando:
— Cane! Mi hai ammazzato!
L’indiano, sicuro di averlo finito, gettò il rifle, impugnò il coltello da scotennare e si avvicinò al bandito, il quale fingeva di esser morto.
Ma quando fu a sette od otto passi, con sua grande sorpresa vide il bandito alzarsi con uno scatto da belva, ripiegare la pelle di bisonte e puntare la navaja come un valiente della Catalogna o dei Pirenei.
— Ancora vivo è mio fratello bianco! ― esclamò l’indiano.
— Ti sorprende? ― rispose il bandito, con uno scroscio di risa. — Non sai che noi uomini bianchi, che non siamo affatto vostri fratelli, possiamo portare in corpo, senza scoppiare come i rospi, anche i dodici colpi dei vostri wynchesters?
Vuoi la mia capigliatura o la mia pelle? Io sono pronto a difendere l’una e l’altra.
Tu sei stato un vero imbecille, perchè avresti potuto assalirmi col calcio del tuo rifle.
Ma ormai è troppo tardi. Guàrdati! Ti uccido!
— Io, io avrò la capigliatura dell’uomo pallido! ― rispose l’indiano.
Aveva impugnato il coltello da scotennare, un’arme terribile anche quella, ma che non valeva per lunghezza e robustezza la navaja del bandito.
— La mia capigliatura, mio caro uomo mal biscottato, è piantata così salda sul mio cranio che nè Minehaha, nè Nube Rossa e nemmeno il tuo Manitou sapranno strapparla.
— Hug! — fece l’indiano.
― Vieni a scotennarmi! — rispose Sandy-Hook prendendo una magnifica guardia. — Io ti aspetto. —
Il sottocapo si strappò di dosso con un gesto furioso uno stracciato serapé messicano, se lo avvolse intorno al braccio sinistro, poi, puntando il coltello, disse con un sorriso sardonico:
— Ah, il viso pallido vuole la mia capigliatura? Il buon Manitou protegge le pelli colorate.
— E male arrostite — aggiunse il bandito sogghignando.
— Mio fratello bianco.
— Un corno, tuo fratello! Io non ho mai ambito una simile parentela.
— Tu insulti un grande guerriero che un giorno prenderà il posto di Nube Rossa.
— Ah, tu sei un Corvo?
— Sì, uno degli ultimi che ha condotti con sè il gran sakem, — rispose l’indiano.
— Io credo, amico, che l’ornamento di penne di tacchino selvatico non penderà mai lungo il tuo dorso — disse il bandito.
— Perchè mio fratello dice ciò?
— Perchè fra un quarto d’ora, al più tardi, tu andrai a fare quattro chiacchiere col buon Manitou ed a cacciare i bisonti nelle praterie celesti.
— Hug! Mio fratello non mi conosce. —
Tutte quelle parole, scambiate in mezzo a un vento rigidissimo che mordeva specialmente la pelle di Sandy-Hook, non avevano che uno scopo solo: quello di stornare reciprocamente l’attenzione dell’altro avversario per vibrare il colpo mortale.
Ma il bandito non si lasciava affatto sorprendere e quantunque si sentisse gelare vivo ed i ghiacciuoli rendessero enormemente pesante la sua pelle di bisonte che gli serviva magnificamente di scudo, assai meglio del serapé del Corvo, pareva che provasse piacere a scambiare quattro parole prima che il sangue scorresse.
Fu l’indiano che per primo perdette la pazienza.
— Mio fratello ha la lingua doppia o biforcuta e si diverte a farla agire. Io peraltro, Testa Bianca, ne ho abbastanza delle tue chiacchiere e ti uccido. —
Fece un salto innanzi, un vero salto da giaguaro, e vibrò al bandito due colpi terribili, ma furono parati dalla pelle di bisonte a quattro doppi.
Sandy-Hook aveva imparata la scherma del coltello nel Messico e la boxe in Inghilterra, era quindi un uomo da non spaventarsi per così poco.
Al salto innanzi del Corvo rispose con un salto indietro per mantenere la distanza, poi fece quattro o cinque rapide finte facendo scintillare la lama della navaja quasi dinanzi agli occhi dell’avversario.
— Mio fratello è lesto come un coguaro! — esclamò il Corvo, il quale si era tirato prudentemente indietro. — Conosco bensì il suo gioco, ed avrò la sua capigliatura più presto di quello che egli non crede. —
Sandy-Hook proruppe in una gran risata.
— Pagnottina mal biscottata, — disse — che cosa vuoi aver capito tu? Non ci sono che gli spagnoli ed i loro discendenti che sanno maneggiare la navaja, ma essi si son sempre ben guardati d’insegnare a voi queste terribili cinque battute. Signor Corvo, voi avrete delle penne forse sulla vostra pelle che vi terranno caldo, mentre io ho appena la peluria di una giovane zambos (scimmia messicana).
È tempo di finirla. —
Si era slanciato furiosamente, deciso a squarciare il petto o a gettare a terra l’avversario, poichè sentiva che il freddo a poco a poco lo irrigidiva.
Il Corvo, che probabilmente aveva presa qualche lezione da un prigioniero ispano-americano, gli tenne valorosamente testa senza dare indietro.
Adoperava, nelle parate, più il suo vecchio serapé, che il coltello da scotennare, e con un’abilità che avrebbe fatto invidia ad un valiente dei Pirenei.
— Per centomila code del diavolo! — urlò il bandito, la cui lama si perdeva inutilmente fra le pieghe dello straccio. — Tu, brutto Corvo, devi aver avuto qualche maestro, nondimeno non dispero di mettere sulla punta della mia navaja o le tue budella od un pezzetto della tua colonna vertebrale.
— Leperos!
— Chiamami anche ladro, a me poco importa! — rispose Sandy-Hook, il quale continuava ad armeggiare come se studiasse un gran colpo.
Per tre o quattro minuti ancora i due avversari si scambiarono dello tremende coltellate che andavano sempre a finire fra le pieghe o del serapé o della pesante pelle di bufalo, poi il Corvo, deciso a finirla, si precipitò a testa bassa contro il bandito, tenendo la lama alzata.
Cercava di piantargliela nella gola, ma aveva da fare con un’aquila.
Sandy-Hook, che forse si aspettava quel colpo a lui non sconosciuto, si ripiegò rapidamente su sè stesso riparandosi tutto dietro la pelle di bisonte, poi si rizzò violentemente e sprofondò la sua lama nel cranio dell’avversario, spaccandoglielo come un popone e arrivando con la punta fino in gola.
Testa Bianca, così fulminato, allargò le braccia e le mani lasciando cadere il coltello da scotennare ed il vecchio serapé; grugnì qualche parola, una bestemmia forse, poi si lasciò andare in mezzo alla neve.
Il guerriero era morto.
― Corpo d’un rifle! ― esclamò il bandito, chiudendo la navaja e rigettandosi addosso la pelle di bisonte. ― Non avevo mai veduto una morte così repentina.
E ci sono di quelli che dicono che questi panini male biscottati mancano di coraggio!
Vengano loro a provarli. ―
Si curvò sull’indiano, il quale ormai non dava più segno di vita, gli tolse il serapé che si strinse intorno al collo e se ne andò tranquillamente affondando i piedi nudi nella neve e borbottando:
— All’inferno Minehaha, Nube Rossa, tutti i Sioux e le rapide.
Mia madre oggi ha pregato per questo birbaccione di suo figlio che l’ha fatta morire di dolore.
Bah! cose che succedono ai vivi e non già ai morti. ―
Si era messo a correre come un mustano infuriato, serrandosi bene addosso la pelle di bisonte.
Ululava sinistramente il vento sulla nevosa pianura, ed in lontananza ululavano i lupi, i quali forse avevano già fiutato il cadavere del povero guerriero.
Il bandito aguzzava gli occhi e cercava di orientarsi.
Ad un tratto, dopo dieci buoni minuti, un grido allegro gli sfuggì attraverso le labbra screpolate.
— La capanna! Mia madre prega sempre per me! ―
Sostò un momento per riprendere il respiro, poi partì colla velocità d’un caribou canadese, sagrando e sbuffando.
Era una piccola costruzione informe, cinta da uno stecconato fatto di tronchi d’albero, da un lato della quale si vedeva una tettoia. Sandy-Hook con un colpo di spalla spalancò la chiusa del corral che più nessuno aveva assicurato dopo l’ultima caccia di cigni, poi piombò come un bolide dentro la capanna la cui porta era aperta.
— Corpo di centomila tuoni! — urlò il bandito. — Mi ci vorranno dieci tazze di thè ed una bottiglia d’aguardiente per rimettermi in gambe.
La bassa prateria vale molto meglio delle altre regioni così vicine al dominio inglese.
Bel paese deve essere quello! Ed i Sioux ci vanno come se dovessero trovare lassù la terra promessa degli Ebrei.
Code di Satana! Il Messico vale di più. ―
Si mise a frugare a tentoni in certi ripostigli a lui noti, e dopo poco mandò un grido di trionfo:
— L’acciarino! Avrò fuoco e luce. —
Gettò via la pelle di bisonte tutta incrostata di ghiaccioli, battè l’acciarino, dette fuoco all’esca e accese una vecchia lanterna da marina che pendeva al soffitto.
La luce parve raddoppiargli le forze.
Si gettò in mezzo ad una quantità di casse e di sacchetti, contenenti probabilmente delle munizioni e del pemmican, prese una bottiglia, la decapitò con un colpo di navaja e se la strinse fra le labbra, bevendo a garganella.
― Corpo d’un corno di caribou! ― esclamò dopo d’aver ingoiato parecchi sorsi. ― Deve essere molto forte per resistere a tante vicende.
Ed ora? Che aspettino un po’ anche loro, diavolo! Non sono di ferro nemmeno io, e mi ricordo che mio padre non era stato fuso in nessuna acciaieria del Gallese. —
Vi erano quattro pietre in mezzo alla capanna, attorniate da un po’ di cenere. Sandy-Hook vi gettò sopra alcuni pezzi di pino ricchi di resina, baciò un’altra volta la bottiglia, e quando la fiamma scoppiettò, disse:
— Ragioniamo freddamente. Gli yankees non devono essere lontani, ne sono ben sicuro perchè conosco l’energia del generale Farsythe.
Bisogna cercarli; se no, gli scorridori fra poco cadranno nelle mani di Minehaha: e la Scotennatrice passerà anche sulle loro teste il suo coltello.
A John non prenderà che la parrucca; ma poi gli strapperà il cuore.
Conosco quella piccola tigre.
Un paio d’ore di riposo dopo tante fatiche, posso prendermele, mi pare. Intanto si difenderanno: io so quanto sono valorosi quei trappeurs. —
Aprì una cassa, tolse una pentola, la riempì d’acqua, che prese da un vaso, e la mise a bollire sul fuoco.
Mentre il liquido borbottava, spezzò un pacco di thè e ne prese una manciata.
— Questo mi farà bene, — disse — Ma.... tuoni di Dio! non c’è più zucchero. Quel goloso milord l’ha mangiato tutto.
Prima spleen bisontite, poi spleen indiano, poi zuccherino. Dove diavolo andrà a finire quel pazzo? —
Ritirò la pentola, vi gettò dentro le foglie profumate, attese qualche minuto, vi versò dentro un paio di bicchieri di aguardiente e senza passar l’infusione, si mise a bere avidamente, accarezzandosi il villoso petto dinanzi alla fiamma.
Quand’ebbe finita tutta l’infusione, aprì un’altra cassa e tolse delle vesti di cuoio appena conciato e delle maglie, e si vestì lestamente.
— Satana sagrato! — esclamò. — Era tempo che mettessi un’altra pelle sulla mia.
Il sangue mi cominciava a gelare dentro le vene.
Come si sta bene dinanzi ad un buon fuoco mentre il vento urla al di fuori ed i lupi domandano la cena.
Asini! Vi ho regalato un uomo, un vero Corvo grosso e alto quanto me.
Andate a mangiarlo! —
Ad un tratto si alzò esclamando:
— E le nostre bestie? —
Staccò la lanterna, si gettò sulle spalle una mantellina della cavalleria americana assai pesante e comoda, fornita d’un ampio cappuccio e uscì seguendo la cinta.
Girò attorno alla capanna e giunse ad una piccola tettoia, i cui lati erano difesi da spesse tele, le quali pareva avessero già appartenuto a qualche grosso veliero, a giudicarlo dalla tinta ormai grigiastra e dalla unione dei pezzi.
In mezzo ad un alto strato di erba, dormivano due bellissimi mustani tutti neri, di forme vigorose, e due mule del Texas, animali impareggiabili, alti quasi quanto i cammelli e dotati d’una resistenza incredibile.
Dovevano essere state loro a portare lassù, fino all’altipiano della riviera del Lupo, tutti i sacchi e le casse, che ingombravano mezza capanna.
— Ah, dormite? — esclamò contento il bandito. — Allora tutto va bene.
Avevo temuto che gl’indiani durante la nostra assenza vi avessero portati via.
Vi concedo due ore ancora di riposo e poi, agnellini miei, vi farò trottare in mezzo alla neve.
Tanto peggio per voi se avrete freddo! Io ne ho avuto già abbastanza per mio conto. —
Fece schioccare la lingua come un uomo pienamente soddisfatto, diede uno sguardo alle bardature sospese ai pali e tornò nella capanna fischiettando un vecchio fandango messicano, che egli aveva già danzato centinaia di volte colle belle ed opulenti tortillas della tierra calda.
Riattaccò la lanterna, andò a cercarsi una pipa ed un pacco di tabacco, bevette prima un’altra lunga sorsata d’aguardiente e risedette dinanzi al fuoco, lanciando in aria nuvole di fumo.
— Un po’ di risposo me lo sono meritato — disse. — Poi andrò a cercare gli americani.
Un paio d’ore per ischiacciare un sonnellino con un solo occhio chiuso, niente di più.
Diavolo! non sono uomo io da abbandonare gli amici. —
Stava per finire la sua pipata e per chiudere non uno, come si era proposto, ma tutti e due gli occhi, quando un colpo violento dato alla porta del corral, lo fece balzare prontamente in piedi.
Furioso di essere stato disturbato, si slanciò su un fucile, lo caricò e si spinse sulla soglia della porta gridando con voce tonante:
— Chi vive? Rispondete o vi uccido! —
Una voce rauca ed un po’ tremante si fece subito udire dietro la porta del corral, già stata sgangherata da qualche poderoso colpo di spalla.
— Apri, brigante! Io avere molto freddo ed i lupi volermi mangiare le gambe. —
Sandy-Hook mandò un sagrato.
— La mignatta! Che non me la possa mai togliere di dosso? Come ha fatto a raggiungermi? È necessario saperlo. —
Scaricò la carabina, spalancò la porta, prese l’inglese per le spalle e lo spinse verso il fuoco dicendogli:
— Sedete, milord, e che il diavolo vi porti! —