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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831
LE COSE NOVE
Ma ttutte ar tempo nostro st’invenzione?!
Tutta mó la corona je se sfila!1
P’er viaggià ssolo sce ne sò2 ttremila!
Pell’aria abbasta de gonfià un pallone;
Pe’ tterra curri scento mijja in fila,
Senza un cazzo3 cavalli né ttimone;
Pe’ mmare sc’è una bbarca de carbone
Che sse4 spiggne cór fume de la pila.
Ma in quant’ar mare io mo dimannerìa5
S’oggi un cristiano co’ st’ingegni novi
Pôzzi scampalla6 de finì in Turchia.
Perchè cquer palo che llaggiù tte covi7
Poderebbe sturbatte8 l’alegria.
Ggià, ppaese che vai9 usanza che ttrovi.
Roma, 17 novembre 1831 - D’er medemo
- ↑ Sfilar la corona: metter fuori tutto di seguito.
- ↑ Ce ne sono.
- ↑ Affatto.
- ↑ Si.
- ↑ Dimanderei.
- ↑ Possa scamparla.
- ↑ Ti covi: Covare per “avere sotto„.
- ↑ Potrebbe sturbarti.
- ↑ Aiu: trittongo alla maniera dei classici che fecero altrettanto; per esempio: Monosillabo: “un paio di calze di messer Andrea„ (Berni); Dissillabo: “Farinata e il Tegghiaio che fur sì degni„ (Dante); Trisillabo: “Non sia più pecoraio, ma cittadino„ (Berni); “Perch’io veggio il fornaio che si prolunga„ (Della Casa); Quadrisillabo: “Con un rinfrescatoio pien di bicchieri„ (Berni), ecc.
Note
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