Questo testo è stato riletto e controllato.
Questo testo fa parte della raccolta Versi di Giacomo Zanella


LE NUOVE GENERAZIONI.

___

ALLA SIGNORA ANGELA LAMPERTICO.





     Grigia d’un dì nevoso
Per le vetrate tralucea l’aurora;
E de’ servi il drappel silenzïoso
4Salìa le scale della tua dimora.

     In altra stanza i panni
Gai e le perle nascondean le ancelle:
Tu solitaria di compressi affanni
8Volgevi in cor terribili procelle.

     Al suol, sovra tappeto
Vario di belve e d’intrecciate fronde
A’ piedi tuoi ruzzolavano in lieto
12Clamor tre bimbi dalle teste bionde;

     Né sapean che portata
A freddo avean ricovero lontano
La dolce madre; e che di là chiamata
16L’avrian col grido e coi singulti invano.


     Donna, per te la ruota
Degli anni addietro si rivolge: accanto
Di tre cune ti porta e sulla gota
20Piover ti fa di tre bambini il pianto.

     Non lungi omai la meta
Vedevi biancheggiar di tua carriera;
A sommo l’arco riposavi; e queta
24D’ombre e di lume ti avvolgea la sera.

     Di un operoso giorno
Le memorie eran teco; e sul tuo figlio
Già di civico lauro i crini adorno
28Muto volgevi e glorïante il ciglio.

     Donna, discendi al fondo
Altra fïata: gli orfanelli prendi
Sovra il tuo seno, e col gravoso pondo
32L’erto dirupo un’altra volta ascendi.

     Crescan per te gentili,
Crescan pensosi e forti: alle future
Schiatte di noi più sane e più virili
36Chiede Italia la fin di sue sventure.

     Noi d’oblïose paci
Logoro avanzo e di stranier flagello;
Ebbri di fiel; di Giuda avvezzi i baci
40A temer nell’amico e nel fratello:


     Noi d’improvviso al regno
Surti di tombe, a ringoiarne aperte,
Folla larval, tumultüosa il segno
44Seguiam di libertà con orme incerte.

     Altri, in sé chiuso, il grido
Della patria non ode ed in tempesta
Veder l'onde desia, purchè sul lido
48A’ naufraghi arraffar possa la vesta;

     Altri de’ pochi irride
A’ magnanimi intenti e la ferita,
Fatta quasi mortal che fuma e stride,
52Sul sen materno sogghignando addita:

     Scorati tutti e servi
Della vana di un giorno aura che i forti
Nella mota travolve e de’ protervi
56Fida alla man d’un popolo le sorti.

     O giovinetti, o speme
Di più sincere età, se di leggiadri
Studi e di fatti nobiltà vi preme,
60Unico esempio non chiedete a’ padri.

     Fra ’l bando e la catena
Messi, di notte, con erculeo stento
Noi l'opra alzammo; ma con rotta lena
64Or n’accasciamo appiè del monumento.


     Voi di alma e forze interi;
Voi non dal dubbio e da' litigi affranti,
A cui l'orrenda servitù di ieri
68Spettro già pare che sognaste infanti,

     Le pristine ghirlande
Della patria sul crin ricomponete:
A voi la consegniamo armata e grande:
72Abbia leggi da voi, gloria e quïete.

     Gli avi remoti, oscuro
Popolo di fuggiaschi e di pastori,
Fêro assai più, quando cangiando il duro
76Vomer nel brando e ne’ cruenti allori,

     Tolsero all’umil cuna
Italia pargoletta e sovra soglio
Olimpico, maggior della fortuna
80La locaro col Fato in Campidoglio.

     Nè tutti i figli accolti
Sotto un vessillo, come voi, vedea
Questa gran madre, ma squarciata i molti
84Tiranni e le fraterne ire piangea,

     Quando Vinegia a’ regni
Veleggiava del sole; e le ruine
Di Argo e di Atene sui pisani legni
88Veniano a ravvivar l'arti latine.


     Italo garzoncello
Sul suo destriere valicava i monti;
E cingean l’elsa del valore al bello
92Italo cavalier donzelle e conti.

     Inerme, oppressa, il raggio
Di civil costumanza e di dottrina
Italia al mondo accese, e nel servaggio
96All'irto vincitor parve regina:

     Se libera e robusta
Ella è minor del racquistato impero,
Non gettiamo oltre l’alpi accusa ingiusta,
100Ma sia nostro col danno il vitupero.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.