< Le odi di Orazio < Libro primo
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Quinto Orazio Flacco - Odi (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1883)
Libro primo Libro primo - II

I.


Mecena, o d’atavi regj progenie,
    Mio buon presidio, mio fregio amabile,
    V’è chi sul plaustro la polve olimpica
    4Ama raccogliere: schivando il termine

Con ruote fervide, la palma merita
    Ch’ai Numi innalzalo del mondo principi.
    Gode un, se mobile turba quirinia
    8All’onor triplice lui cerca estollere;

Un, se nel proprio granajo accogliere
    Può quanto trebbiasi nell’aje libiche.
    Chi i campi patrj col sarchio fendere
    12Si piace, d’attali tesori smuovere


Così non lasciasi che in trave cipria
    Seghi il mar mírtoo, nocchiero pavido.
    S’africo infuria su’ flutti icarj,
    16Mercator trepido gli ozj e le patrie

Campagne lauda; ma pure, indocile
    D’inopia, i logori legni ristaura.
    V’è chi con pàtere di vecchio massico
    20L’ore indugevoli d’un poco abbrevia,

Or sotto un’arbore verde sdrajandosi,
    Or presso al correre d’un sacro rivolo.
    Non pochi i bellici campi ed il sonito
    24Di tube e litui e le pugne, orride

Alle madri, amano; caccia altri a rigido
    Ciel, della tenera consorte immemore:
    O i cani il daino fidi avvisarono,
    28O il cinghiai marsico le tese insidie

Ruppe. Me l’edere, di dotte premio
    Fronti, ai celícoli mescon; me gelidi
    Boschi e danze agili di ninfe e satiri
    32Scevran dal popolo, se mai la tibia


Non fia che neghimi Euterpe e degnisi
    La cetra lesbia tender Polinnia.
    Se tu fra’ lirici vati mi annoveri,
    36Toccherò l’ètera con arduo vertice.


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