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Li Vicarj Li du' ggener'umani
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

LE SCRAMAZZIONE1 DE LI GGIACUBBINI

     Nun ze sent’antro2 da li ggiacubbini
(che o rromani de Roma, o fforestieri,
Tielli3 tutti una macchia d’assassini,
Carne da bboja e ggaleotti veri);

     Nun ze sente dì antro a sti paini
C’oggi li Papa sò ttiranni neri
Che sse n’escheno for da li confini
Cor gastigà inzinenta4 li penzieri.

     Si jje piasce l’ajjetto:5 tanto bbene:
S’ha da punì inzinenta l’intenzione,
E accusì6 nnun faranno tante sscene.

     Un Papa è un visce-ddio;e dde raggione
Ha da tené nne l’accordà le pene
Tutte quante l’usanze der padrone.

6 aprile 1834

  1. Le esclamazioni.
  2. Non si sente altro.
  3. Tienli.
  4. Insino.
  5. Se gli piace l’aglietto (Gli sta per “loro„). Questa è una frase, a cui difficilmente potrebbe trovarsene una equivalente. Le si è perciò posta appresso l’altra tanto bene, che ne rende il senso meglio di ogni altra.
  6. Così.

Note

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