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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831
LE STIZZE CÓR REGAZZO.1
Nun me vò ppiù ppijjà? cche se ne stia.
E ppe’ cquesto mo ccasca Ponte-rotto?2
Nun me vò ppiù? Vadi a fà ddasse3 un botto;4
4Nun m’è ssonata a mmé la vemmaria.
So’ ssempre fijja de l’azzione mia:5
So’ zzitella onorata, e mmé ne fótto.
Mo cche sto in lista a la dota der lotto,6
8Chi nno la madre, me darà la fia.7
De scèrto me sciammàlo8! e sso’ ccapasce
De stiracce le scianche9 da la pena,
Dio l’abbi in grolia, e requieschiatt’in pasce.
12Dijje intanto pe’ mmé: Lléna, mia Léna,
Sto core sta in catena;10 e ssi jje piasce,
Che ll’ho in ner culo, e cche ll’aspetto a ccena.
Terni, 1 ottobre 1831.
destinato a sorte per via della conta, ossia del fare al tocco, s’inginocchia davanti a lui, e mette la testa tra le sue gambe, in modo da non poter veder nulla; tutti gli altri vanno a nascondersi. La mamma intona la canzoncina: Léna, mia Léna, Sto core sta in catena, In catena incatenato. Ve séte accecato (o accecati) ? E quando i fanciulli nascosti hanno risposto sì, la mamma lascia libero quello che teneva tra le ginocchia, e grida con quanto n’ha in gola: Currete da mamma, ché ’r cane è sciòrto! Se il fanciullo sguinzagliato riesce ad acchiappare uno de’ compagni prima che sia giunto dalla mamma, questo è obbligato a mettersi al suo posto; se no, si deve rimettere in ginocchio egli stesso, e ricominciare il gioco. Il quale in origine doveva, io credo, esser fatto, come del resto si fa qualche volta anche adesso, da mamme vero co’ propri figlioli; e nella canzoncina, invece della parola core, ci doveva esser cane.]
- ↑ Amante.
- ↑ [L’antico Ponte Palatino o Senatorio, che anche oggi si chiama Ponte Rotto, quantunque la parte rovinata sia stata rifatta in ferro.]
- ↑ Vada a farsi dare.
- ↑ [Una schioppettata.]
- ↑ [Delle azioni mie.]
- ↑ [L’Amministrazione del lotto, per restituire ai poveri una piccola parte di ciò che col gioco toglieva loro, assegnava su i propri lucri un certo numero di doti per le ragazze oneste e di non agiata condizione.]
- ↑ [Chi non vuol darmi la madre, mi darà la figlia. È un modo proverbiale; e l'usano anche le donne, per dire che troveranno facilmente a maritarsi.]
- ↑ [Di certo mi ci ammalo!]
- ↑ [Cianche. Cianca, per “gamba„, si usa familiarmente anche in Toscana.]
- ↑ [Versi della canzoncina di un gioco fanciullesco, che perciò si chiama del Léna, mia Léna. Uno de’ fanciulli o fanciulle, che fa da mamma, si mette a sedere; un altro, destinato a sorte per via della conta, ossia del fare al tocco, s’inginocchia davanti a lui, e mette la testa tra le sue gambe, in modo da non poter veder nulla; tutti gli altri vanno a nascondersi. La mamma intona la canzoncina: Léna, mia Léna, Sto core sta in catena, In catena incatenato. Ve séte accecato (o accecati) ? E quando i fanciulli nascosti hanno risposto sì, la mamma lascia libero quello che teneva tra le ginocchia, e grida con quanto n’ha in gola: Currete da mamma, ché ’r cane è sciòrto! Se il fanciullo sguinzagliato riesce ad acchiappare uno de’ compagni prima che sia giunto dalla mamma, questo è obbligato a mettersi al suo posto; se no, si deve rimettere in ginocchio egli stesso, e ricominciare il gioco. Il quale in origine doveva, io credo, esser fatto, come del resto si fa qualche volta anche adesso, da mamme vero co’ propri figlioli; e nella canzoncina, invece della parola core, ci doveva esser cane.]
Note
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