Questo testo è incompleto.
Traduzione dal greco di Bartolomio Rositini, Pietro Rositini (1545)
422 a.C.
Questo testo fa parte della raccolta Commedie (Aristofane)


LE VESPE D’ARISTOFANE. COMEDIA. VI.

Persone de la favola.


Doi servi, Sofia, e Precone,
Santhia, Cidateneo,
Bdelicleone, Tesinotete,
Filocleone, Donna che vende’l pane,
Coro de vecchi ch’erano vespe, Un certo Euripide,
Figlij, Accusatore,
Cane.

SOSIA.


A che modo sei conturbato ò infelice Santhia?

Sa.
Son insegnato fare notturna veghia.
So.
Che hai tu sopra le spalle, qualche gran male?
Sa.
Non sai tu che fiera custodiamo?
So.
Sò, ma vien voglia di dormire.
Sa.
Tu dunque ti porrai a’l pericolo, però che non so che di dolce mi è sparso ne le palpebre mie.
So.
Vai tu giù, ò sei matto?
Sa.
Nò, ma un certo sonno di Dionisio mi ritiene.
So.
Anche tu pasci meco insieme il medesimo Dionisio, e pur adesso un sonno dormitorio Medo ne le palpebre mi ha perseguito. et veramente ho io visto un meraviglioso insogno, et certamente di tal forte mai più ne vidi.
So.
Dì tu prima.
Sa.
Io mi stimava, che quell’aquila grandiβima, che volava ne’l foro pigliando il scuto con le ongie, che ella il volesse portare in cielo, & che Cleonimo poi volesse gettarlo giu.
So.
Nessun dubbio ne dà Cleonimo, in che modo alcuno contarà à li compotatori, che quella bestia medesima in terra, in cielo, in mare, habia gettato via il scudo?
Sa.
Oime, certamente mi avenirà qualche male, havendo veduto tal’insogno.
So.
Non ti curare. imperò che nessuna cosa ti farà grave, ne pericolosa. non per li dei.
Sa.
E cosa grave, che un’huomo getti via l’arme. hor dirai il tuo.
So.
Egli è grande, egli è circa tutta la nave della cità.
Sa.
Dillomi hormai, in che è ’l fondo de la cosa?
So.
Mi è parso circa ’l primo sogno in Pnice predicare à pecore assentate, che havevano bastoni, & veste. poi mi pareva predicare à queste pecore con una balena Pantoceutria, che haveva la voce d’enfiammata, e grassa porca.
Sa.
Oime.
So.
che egli è?
Sa.
Cessa, cessa, non dir più. questo insogno sente dì di cordouan marzo.
So.
Poi la sordida balena hauendo la bilancia, mi statuì la bouina grassa.
Sa.
O infelice, ei uuole separare, e far partire il nostro popolo.
So.
Poi mi pareva Teoro in terra sederli apresso, hauendo il capo di coruo: poi Alcibiade balbutiendo mi disse, vedi che Teoro ha la testa di coruo.
Sa.
Giusamente Alcibiade hà balbutito.
So.
Non è estraneo, che Teoro sia fatto coruo?
Sa.
Non, ma non è cosa ottima.
So.
In che guisa?
Sa.
In che guisa? egli era huomo poi di subito è diuenuto coruo, dunque egli è cosa manifesta da intendere, che eleuatosi da noi n’andarà i corui.
So.
Poi non lo condurrò io dandoli doi oboli, narrante sì manifesti insogni.
Sa.
Hor adesso dirò una parola à gli spettatori, che niente da noi aspettino: ne il rito è robato da Megara, ne hauemo nuoci da la sporta, ne il feruo ne ha da gettar à gli spettatori, ne per Hercole Euripide è ingannato ne la cena, ne anche bertegiato. ne se Cleone è stà splendido di roba, anchora lo irritaremo. ma dirò un senso, non troppo buono à uoi, ma la comedia oneratiua è più sauia, e dotta. è il padrone di sopra che dorme, egli il grande huomo, mo in casa. Ei ne ha commandato a noi, che custodiamo suo padre, che dormiamo dentro, a ciò che'l non riuscisca: il quale ha un gran male, O estraneo: il quale nessuno mai il consolerà, ne intenderà, se non udirete noi: Aminia quello di Pronapo, dice che egli è il medesimo Filocibo.
So.
Non dice niente,
Sa.
Per Giove. Ma da se medesimo pensa il male.
So.
Nò. Ma Filo è principio de'l suo male.
Sa.
Tu dici Sosia à Dercilo, che egli è Filopota.
So.
A nessun modo, imperò che questo male è da huomo da bene.
Sa.
Poi Nicostrato scambonide dice essere Filothita, ò Filosseno.
So.
A'l sangue d'un cane ò Nicostrato, non è Filosseno, imperò che questo Filosseno è cinedo.
Sa.
Vanamente parlate voi, ciò che non trovarete, ma se vuoleta saperlo tacete voi, ch'io dirò che male ha il patrone: è Fililiaste, come nessun'altro huomo. Molto desiderava di giudicare, sospira s'egli non siede ne'l primo luogo, ogni notte vede non poco sogno: me se'l dorme, nondimeno la mente gli vola di notte circa l'horoloio. Ma per esser solito hiuer il calculo, tenendo tre diti, se ne leva come se ponesse l'incenso à la Numenia, O per Giove fe'l vede scritto in alcun luogo, in se una porta Pirolampus buono popolo, andatoli apresso gli scrive il buon calculo. Ha detto che'l gallo, che che heri sera cantava, l'ha eccitato, O isuegiata, che ricercava danari da li rei. Subito dopo cena gridava a le subre. Poi andato ivi, dormiva à la mattina bene, come ostrea attaccata ad una colonna. E per malagevolezza, e dispetto de tutti, si pone à fare una pregione, O ivi dentro si nasconde, si come ape, ò culice, le ungie si ripiena di cera. Poi v'ha dentro un'arena d'un fiume, à ciò che temendo de'l calculo, non gli manchi mai da giudicare. Per il che se ne stà di mala voglia, ma come più è avisato, tanto piu vuol giudicare. Il custodiamo dunque con chiavature, à ciò che non fugesse: imperò che il figliul ha molto in odio questo suo male. O primamente consolatolo con parole humane lo riconfortava poi, ch'ei tolerasse questo bene, che di gratia non volesse uscire, O egli non si persuadeva à modo alcuno poi lavavalo, O annettavalo, O poi divotamente sacrificava, O essolvi cò il suo timpano bizzarrascamente giudicava, e cadeva ne'l luto. quando poi non faceva sacrifici, navigava in Egina. Pigliandolo di notte lo faceva venire nel tempio d'Esculapio, O esso lui s'ascolse, ne nò pareva, in non so che banche. O noi il cavaßimo fuori, O egli fugeva per li canali, O caverne. O noi i luoghi, ciascuni che erano perforati, empießimo de strazzi. Et gli otturaßimo. O elli come un coruo sbatteva d'i pali ne'l muro, poi saltava, O noi istendendo le reti per Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/289 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/290 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/291 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/292 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/293 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/294 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/295 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/296 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/297 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/298 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/299 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/300 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/301 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/302 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/303
Co.
Bisogna che costui dica qualche cosa nuova de’l nostro gimnasio, à ciò che appari d’esservi.
Bd.
Che mi portà quà una cista presto?
Co.
Tu parerai quello che serai, se non vorrai dire contra questo giovane, imperò che tu vedi che hai gran battaglia: et d'ogni cosa (e ciò non accadi) costui vuol vincere.
Bd.
Di quello che dirai semplicemente, ne scriverò io et farò un memoriale.
Filo.
Che cosa dicete voi, se costui mi vincerà ne’l disputare?
Bd.
Non piu è utile la moltitudine d’i vecchi, ne pur un poco, però che se siamo ingiuriati portando li rami per tutte le vie, onde siamo chiamati, cortici de congiurationi. hor ciascuno, che vuoi contradire à la domination nostra, confidandoti, dimandane ad ogn’uno.
Filo.
E subito da li prigioni ti mostrerò che la domination nostra non è minore di nessun’altra. Che cosa è più fortunata, ò beata de’l giudice? ò animale piu delicato, ò piu vehemente, massime sendo vecchio? il quale subito da’l letto ne i tavolati l’osservano gli huomini grandi, et di quatro brazzi. Et quando io vengo , mi isporge la ternera mano, robatrice de le cose publice. Et mi pregano con intsantia, gementi con voce miserabile: habi misericordia di me ò padre, prego ti se mai anchora tu robasti pur qualche cosa, ò signore de la Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/305 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/306 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/307 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/308 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/309 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/310 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/311 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/312 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/313 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/314 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/315 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/316 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/317 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/318 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/319 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/320 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/321 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/322 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/323 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/324 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/325 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/326 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/327 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/328 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/329 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/330 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/331 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/332 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/333 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/334 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/335 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/336 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/337 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/338 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/339 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/340 Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/341


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