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ORE TRISTI.
Sotto la pioggia, incontro al vento, passa
una bara; la portano
in fretta al camposanto,
e la buffa ogni tanto
il nero drappo irreverente squassa
con derisorio sibilo.
Ritti sul fango nero
lungo le vie fuggenti
croci i fanali sembrano,
le case monumenti
d’un lungo cimitero.
Chi si ricorda più l’aprile, i prati
verdi, e l’azzurro, e i mandorli
rosei per la campagna?
giù la pioggia si lagna,
in alto è un mar di nuvoli serrati
e qui dentro una lugubre
calma, e qui tutto tace
come in vòta dimora;
non risa, o canto, o fremito
di scossa onda sonora;
è dei chiostri la pace.
Pace d’anime stanche e di languenti
fibre, domate al fervido
martellar dell’affanno,
che più lottar non sanno
ma sdegnano i lamenti;
pace d’antico tumulo
abbandonato e infranto
su cui l’ortica crebbe;
desolato silenzio
cui men triste sarebbe
uno scoppio di pianto.